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Tradizioni carnivore: il meglio del quinto quarto napoletano

di Dora Sorrentino 18 Gennaio 2017 11:01

Il quinto quarto napoletano, venduto in banchetti da street food o servito nelle trattorie, è una parte forte della gastronomia campana: vediamo perché.

A Napoli c’è una lunga tradizione che riguarda il quinto quarto e che comincia moltissimo tempo fa, se ne ricavano notizie già da alcuni scritti del 1600. Sappiamo bene che il quinto quarto è costituito dalle parti commestibili cosiddette meno nobili degli animali, ossia le interiora, dal cuore, ai polmoni, a tutto ciò che dai nobili dell’epoca era considerato poco pregiato. le frattaglie erano gettate via dalle finestre delle case nobili e raccolte dal popolo Queste frattaglie erano quindi gettate via dalle finestre e dai balconi delle case nobili e raccolte dal popolo, che le raccoglieva per nutrirsene. Proprio da episodi del genere a Napoli è nato il termine offensivo zendraglia o zandraglia, dal francese les entrailles, le interiora appunto, con cui si apostrofavano le popolane che pur di accaparrarsi qualche resto di animale litigavano in maniera accesa. Per questo motivo, in dialetto, quando si vuole offendere una persona paragonandola a una donna di bassa lega, senza educazione, sciatta e rissosa si dice proprio che è una zendraglia.  Dalla vendita di queste frattaglie sono nati dei veri e propri mestieri chiamati in dialetto ‘o trippajuolo e ‘o carnacuttaro. Ancora oggi esistono delle botteghe dedite a questo tipo di commercio, soprattutto nel centro storico.

‘O pere e ‘o musso

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‘O pere e ‘o musso, il piede e il muso, sono parti ricavate rispettivamente dal maiale e dal vitello. Spesso si crede che entrambi provengano solo dal maiale ma non è così. In genere ‘o pere e ‘o musso sono venduti insieme alla trippa, si mescola tutto nello stesso piatto, condito con sale e abbondante limone. Tutto questo era ed è ancora acquistato non solo nelle botteghe o nelle macellerie, ma anche nelle postazioni ambulanti sparse un po’ in tutta la città.

o-pere-o-musso

Una volta erano carretti, oggi sono dei camioncini da street food e si riconoscono perché la merce è esposta in bella vista, grondante di acqua e circondata da tanti limoni. È un cibo consumato più in strada che a casa, se uno si vuole togliere proprio lo sfizio non deve far altro che recarsi dal proprio ambulante di fiducia.

Soffritto o zuppa forte

zuppa forte

Il soffritto, noto anche con il termine di zuppa forte, è un sugo fatto di interiora che serve a condire gli spaghetti o può essere consumato appunto come una zuppa. Nelle trattorie tipiche napoletane, infatti, ai clienti si è ancora soliti chiedere se preferiscono il soffritto con o senza pasta. Gli ingredienti principali sono le interiora del maiale: cuore, polmoni, fegato, trachea e milza, il tutto condito con sugna, passato e concentrato di pomodoro, vino rosso e aromatizzato con tanto peperoncino e altre spezie. Quando è preparato dai macellai, dalle loro botteghe si sprigiona un profumo invitante a cui è difficile resistere. Perché si consuma in inverno? Ovviamente perché è un piatto ricco, calorico, perché i maiali sono macellati in questo periodo e perché, se si vuole realizzare un soffritto ad hoc, bisogna abbondare con il peperoncino: non è un cibo da dilettanti, ma solo per veri coraggiosi. Il soffritto ha subito una sua evoluzione, tant’è vero che oggi è utilizzato anche come ripieno della pizza, in particolare di quella fritta.

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