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Salumi insoliti: cos’è la pitina friulana

di Nadine Solano • Pubblicato 10 Marzo 2018 Aggiornato 12 Marzo 2018 15:07

La pitina è un salume di origine friulana, dato dall’esigenza della cucina povera di conservare e utilizzare al meglio la poca carne disponibile.

È un salame, ma anche un po’ una polpetta: più esattamente, la pitina friulana è un prodotto unico. La sua storia merita di essere raccontata, perché conduce molto indietro nel tempo, a un’epoca di stenti e miseria, a luoghi impervi e difficili da vivere; ma è anche una storia che testimonia come l’ingegno e la passione, spesso, siano la soluzione ai più grandi problemi.

Un prodotto nato dalla povertà

Pitina

Secondo alcuni, la pitina è nata addirittura nel XV secolo; secondo altri le sue origini risalgono alla fine del Settecento. In ogni caso, bisogna tornare a un’epoca in cui gli abitanti delle valli alpine disponevano di pochissima carne. le scarse quantità di carne disponibili si condivano e poi erano ricoperte di farina di mais Carne di camoscio, capriolo, selvaggina cacciata fra le montagne e carne delle pecore e delle capre che si ammalavano oppure si ferivano; le bestie sane erano invece indispensabili per la produzione del latte e dei suoi derivati, quindi non si dovevano toccare. I valligiani (più precisamente gli abitanti delle valli dell’alto Friuli a Nord di Pordenone) macinavano le scarse quantità di carne che riuscivano a mettere insieme, aggiungevano erbe, sale, aglio e aromi e le ricoprivano con farina di mais, non per scelta ma perché non avevano le budella per insaccarle. La pitina era poi affumicata e lasciata stagionare; si conservava per tutto l’anno e la povera gente poteva contare su un alimento in più.

La forma e il sapore

pitina

La pitina friulana ha la forma di una polpetta leggermente appiattita, il colore della superficie varia dal giallo dorato al bruno in base alla stagionatura. Essendo a base di carne ovina e cacciagione, ha un sapore forte e persistente, un gusto selvatico. Proprio per questo motivo ha rischiato di scomparire, fino a quando – per fortuna – la Fondazione Slow Food non ne ha fatto un suo presidio contribuendo a conservare la tradizione e anzi a diffondere questo prodotto oltre i confini locali. Negli ultimi tempi sono stati ottenuti ottimi risultati, anche perché il sapore della pitina è spesso ingentilito con grasso o carne di maiale: i palati moderni gradiscono.

Come si mangia

pitina-e-polenta

La pitina può essere consumata al naturale oppure cotta. Nel primo caso basta tagliarla a fettine, come un salume qualsiasi. Per quanto riguarda la cottura, invece, esistono soluzioni molto interessanti. La più antica prevede la cottura nel brodo di polenta e l’aromatizzazione con ginepro e rosmarino. Assolutamente da provare anche la pitina alla brace oppure scottata nell’aceto e servita con la polenta. Un’altra dritta: rosolatela nel burro e nella cipolla e aggiungetela alla minestra di patate. Ottima è anche la pitina al cao, cioè cotta nel latte di vacca appena munto; certo, non è cosa da tutti, ma durante un’escursione nelle valli del Friuli potrebbe capitare l’occasione.

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