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Roma: tutti i tipi di pizza da mangiare nella Capitale

di Alessia Dalla Massara • Pubblicato 27 Luglio 2018 Aggiornato 8 Febbraio 2021 11:01

A Roma non si mangia un solo tipo di pizza: dalla romana scrocchiarella alla pinsa, dalla tonda napoletana a quella al taglio, ecco le pizze della Capitale.

Un weekend fuori porta nella capitale partenopea per pranzare con l’autentica e inimitabile pizza napoletana, un salto dal proprio panettiere di fiducia per gustare la bianca di una volta, o semplicemente, una voglia improvvisa da soddisfare con un bel trancio di pizza al taglio nella storica pizzeria di quartiere: i modi di intendere la pizza a roma vanno oltre la classica divisione al taglio o tonda i modi di intendere la pizza sono tanti quanti sono i piaceri che si possono provare facendo ogni volta esperienze diverse di un unico cibo. Se pur sempre di pizza si tratta c’è una bella differenza tra il gustare un impasto alto e soffice alla napoletana da uno croccante e sottile, come anche assaporare la variante alla pala rispetto a quella comunemente conosciuta con il nome di pinsa. La scena romana in questo è ricca di opportunità: nel corso degli anni, al profumo inconfondibile di pizza bianca dei forni, si sono affiancate tendenze gourmet, esperienze originali di impasti e abbinamenti fino ad arrivare a sperimentazioni vegan e soluzioni adatte per palati intolleranti e non solo. In questo mare magnum di possibilità, Roma è diventata più che mai una città pizza friendly dove il rapporto tra il numero di ristoranti di cucina tipica romana e quello delle pizzerie – sia al taglio che non – si sta evidentemente sbilanciando verso quest’ultimo fronte. Vediamo allora quali sono e come si riconoscono i tipi di pizza che di diritto sono rientrati nel patrimonio gastronomico del panorama capitolino.

  1. margheritaTonda romana. Fiore all’occhiello della scena romana, la consistenza sottile e scrocchiarella di questo tipo di pizza riguarda sia i bordi che il centro. Molto leggera e digeribile, la pizza romana richiede il giusto condimento per evitare che l’impasto si inumidisca troppo. Per questa ragione la percentuale di idratazione, rispetto a quella della pizza napoletana, è leggermente inferiore, attestandosi intorno al 55 %. La lavorazione inoltre, sempre a temperatura ambiente, si conclude con un periodo di riposo che deve rigorosamente avvenire a freddo in una cella frigorifera a 4 °C. Ma il vero spettacolo sarà stenderla e farla volteggiare tra le mani dei pizzaioli più esperti.
  2. pizza napoletana-minTonda napoletana. Menu equamente divisi in cui è possibile scegliere tra classica romana e l’impasto alla napoletana: ormai le pizzerie capitoline propongono entrambe le varianti anche se non sempre assicurando risultati degni di nota. Il luogo comune che la pizza napoletana debba essere alta, gommosa e poco cotta, è quanto di più lontano ci sia dalla versione originale. La tradizione vuole un bordo alto e soffice e una superficie interna estremamente sottile e ricca di condimento. Il centro della vera pizza napoletana è scioglievole e assolutamente digeribile. Il segreto sta nella lunga lievitazione – dalle 12 alle 24 ore – a temperatura ambiente e nell’utilizzo del cosiddetto criscito o pasta di riporto, ossia una parte di impasto che è aggiunta a quello base per migliorarne il grado di acidità. Altro requisito è l’elevata idratazione ottenuta aggiungendo dal 57% al 65 % di acqua alla quantità totale di farina. La cottura, poi, a temperatura elevatissima, non deve superare il minuto.
  3. pinsa3Pinsa. Si tratta di una tipologia tornata in auge negli ultimi anni. Dal latino pinsere che significa schiacciare, macinare, pestare, questo tipo di impasto era preparato attraverso la macinazione di un mix di cereali, tra cui miglio, orzo, avena e farro, a cui si aggiungeva acqua, sale e olio. Inutile dire che nel corso del tempo la ricetta classica ha subito non poche rivisitazioni, essendo oggi realizzata con farine di grano tenero e presentando un’idratazione decisamente maggiore rispetto al passato. La lievitazione molto lunga – dalle 48 alle 72 ore – la rende particolarmente digeribile nonostante l’aspetto consistente e sostanzioso possa ingannare. Nelle numerose pinserie di Roma la troverete servita su pale di legno dalla forma rettangolare e condita con estrema generosità.
  4. pizza-al-taglio-bonciPizza al taglio. Sfilate di vari gusti e dai condimenti più diversi, le teglie di pizza al taglio sono quanto di più allettante ci possa essere. È negli anni ’90 che nasce la vera e propria teglia romana, quale sinonimo di un tipo di impasto cotto rigorosamente in teglia nel forno elettrico e altamente idratato. Caratteristica imprescindibile di questo tipo di pizza è infatti l’elevata percentuale di acqua (dal 75% al 90%) che è aggiunta all’impasto a basse temperature in modo da favorire la lavorazione con le impastatrici elettriche e una migliore conservazione anche dopo parecchie ore. La cottura nel forno elettrico inoltre conferisce un’ottima alveolatura e quella tipica crosticina a cui è impossibile resistere.
  5. Roscioli_dettagli_forno_0001Pizza alla pala. È la pizza del fornaio, di quelle servite ancora calde e profumate nella carta pane, condite con un goccio di olio a crudo o con del pomodoro e della mozzarella filante. La pizza alla pala è cotta direttamente sulla pietra refrattaria e infornata su lunghe pale di legno assumendo la forma di una lunga e sottile lingua. In alcuni casi l’aggiunta di un pizzico di zucchero conferisce un lieve sentore di dolcezza che si bilancia perfettamente con la sapidità dell’impasto e l’aggiunta dei grassi, come l’olio o lo strutto. Anche in questo caso, l’elevata idratazione – che può arrivare all’80% – regala una morbidezza senza uguali.

La tonda scrocchiarella sarà protagonista il 13 settembre durante il Pizza Romana Day: stay tuned.