Unti e bisunti 2: promossi tutti
Finita la seconda stagione di Unti e bisunti, cosa c’è piaciuto del programma e di chef Rubio? Ve lo raccontiamo qui.
Vicoli, porti, valli e autostrade: potremmo quasi dire che ci ha fatto vedere più scorci d’Italia Rubio con due stagioni di Unti e Bisunti che Lineaverde in dieci anni. E questa seconda, divertente stagione, terminerà il prossimo lunedì, con l’ultima puntata dedicata ai momenti migliori. Com’è andata? Be’, inutile dire che l’appeal del protagonista e il cibo pantagruelico hanno giocato un ruolo determinante ma – diciamolo una volta per tutte – non si tratta solo di un bel paio di muscoli, tatuati per giunta.
Quello che davvero ha fatto la differenza è stato l’aver visto i visi delle persone, di quelli che servono da mangiare giorno dopo giorno nei baracchini sulla strada, nelle trattorie al lato del porto, nei baretti della pausa pranzo. Mani, visi, passioni, battute, sudore e divertimento, ingredienti, pentole, carte e involucri, e un sacco di colori, oltre a famiglie, amicizie, sodalizi e patti. Al netto delle inquadrature pulp, delle finte sorprese, delle grandi sfide e dell’eterno – alla lunga un po’ noioso – dilemma sul piatto sfida della puntata, esiste un fascino innegabile nell’approccio rispettoso, divertito e al tempo stesso sbruffone di Rubio al mondo del cibo di strada.
A conferma che parlare di cibo nel senso di cultura può essere fatto in vario modo e con grande interesse, il programma ha mostrato non solo l’anima profondamente intrisa di sapori e abitudini di buona parte del Belpaese, ma anche la voglia di ascoltare voci diverse da quelle più scolasticamente corrette e noiose dei soliti programmi di cucina. la seconda stagione di unti e bisunti è stata un'occasione per conoscere angoli d'Italia spesso dimenticati Appurato che per lo più non si dispone di abbattitori di temperatura, di scorte surgelate sufficienti per mesi e di tempo a iosa per la marinatura del filetto, la scelta di affrontare i luoghi del cibo mettendosi allo stesso livello di chi quel mondo vive e popola ha conquistato gran parte di noi. Senza contare che la spavalderia nel divorare qualsiasi cosa gli fosse posta davanti ha sicuramente contribuito a rendere la figura di chef Rubio l’alter ego immaginifico di qualsiasi fantasia culinaria, colui al quale ogni assaggio è concesso senza (apparenti) conseguenze. Insomma, Rubio come Rocco per il sesso o Messi per il calcio.
Depurato di alcune lunghe parentesi inutili – vedi la scelta tra i possibili piatti da sfidare sempre simile a se stessa, o le scenette con la giuria da trovare di volta in volta – il risultato è un misto di passione trascinante, fascino folkloristico e simpatica baldanza. escludendo qualche ripetizione di troppo nel format, unti e bisunti è decisamente un programma divulgativo delle tradizioni dello stivaleSenza contare che, forse volutamente, la parte sempre interessante della preparazione della ricetta sfidata contiene diversi spunti e consigli di preparazione interessanti e pertinenti, che sono volutamente lasciati in secondo piano rispetto al resto del programma. Il messaggio, a questo punto, è quanto mai chiaro, coerente e condivisibile: basta con la replica pedissequa dei piatti in casa e con l’interpretazione farlocca di qualche chef, stop alle santificazioni mediatiche e ai rigurgiti di showcooking. Meglio uscire di casa e aprire la bocca solo per assaggiare, domandare, condividere, per farsi raccontare un piatto insieme a una storia e per sperimentare anche sapori e profumi diversi che ormai fanno parte integrante della nostra realtà quotidiana.
Niente grandi nomi, niente ingredienti ricercati o rari, niente manierismi o degustazioni in punta di forchetta, ma grandi tavolate, vassoi da trattoria, spianatoie di legno e gruppetti di amici. Anche e soprattutto da questo passa la conoscenza delle nostre tradizioni, del nostro contemporaneo, la condivisione di un’esperienza e l’amore sincero per il proprio pezzo di mondo.
Grazie Gabriele per averci riportato su un pezzo di strada nostrana, popolata di ristoranti e baracchini che non per forza devono essere stellati per essere grandi.