Davide Oldani: ecco la pasta migliore dell’anno per l’Espresso
Secondo la Guida dei Ristoranti 2015 de L’Espresso il Miglior piatto di pasta dell’Anno è di Davide Oldani. L’abbiamo intervistato per la ricetta.
Davide Oldani sale oggi sul podio e lo fa vincendo il premio Miglior piatto di pasta dell’anno per la Guida dei Ristoranti de L’Espresso 2015. Vince con il Cacio e pepe al profumo di limone, diventato uno dei piatti cult del suo D’O, a Cornaredo, grande classico della tradizione reinterpretato giocando sulla tecnica di cottura – alla maniera di un risotto – per ottenere un risultato finale più leggero (ma altrettanto gustoso). Abbiamo colto l’occasione per fare qualche domanda allo chef sul piatto vincitore, chiedendogli anche come replicarlo a casa.
Una stella Michelin e l’Ambrogino d’Oro nel 2008 bastano e avanzano per rendere unico – e invidiabile – il tuo palmarès. Oggi la Guida I ristoranti d’Italia de L’Espresso 2015 premia la tua pasta. Davide, i riconoscimenti ancora ti gratificano?
“Adoro questo mestiere e cerco di farlo con il massimo della passione e dell’impegno. Se il mio lavoro viene riconosciuto anche dai critici, non può che farmi piacere. Non è una mera gratificazione per l’animo, piuttosto uno stimolo per andare avanti e fare ancora meglio: dopo 11 anni di D’O, significa che ho ancora qualcosa da dare“.
Com’è nato il Cacio e pepe al limone?
“Da un’idea che mi sta molto a cuore, cioè quella di una cucina più leggera, che non significa affatto meno appetitosa: è un piatto che dimostra come si possa alleggerire una ricetta mantenendo inalterata la qualità e i sapori degli ingredienti. Mi piace sperimentare togliendo le parti superflue della tradizione e valorizzando il più possibile le materie prime, con cotture e procedimenti che permettano di esaltare sapore e profumo“.
Nel menu del D’O c’era un’insalata di spaghetti cacio e pepe. Il Premio de L’Espresso va invece a un’altra visione del caposaldo della cucina romana, partendo da una cottura insolita.
“In quella ricetta gli spaghetti venivano cotti in acqua bollente salata, scolati e fatti raffreddare stendendoli su una placca in un luogo fresco, poi conditi. Ora invece cambia completamente il concetto di cottura della pasta di grano duro“.

Spiegaci meglio.
“Anziché far bollire la pasta, aggiungiamo l’acqua calda un po’ salata: così viene reidratata e cotta in una maniera completamente diversa“.
È una sorta di pasta risottata?
“Proprio così. Aggiungendo un poco di acqua alla volta, sfrutto direttamente l’amido della pasta e come risultato finale avrò una salsa vellutata e succulenta“.
Se volessi replicarla a casa, ci riuscirei o è necessaria l’abilità “oldaniana”?
“Tutto è replicabile purché si parta da un principio semplice: alla cucina bisogna dedicare cuore e volontà. Non tutto è fast, mettiamocelo in testa“.
Sveliamo le dosi.
“Per 4 persone servono 320 grammi di pasta, 3 litri di acqua bollente e sale fino“.
Perché prima insistevi sul concetto di leggerezza?
“Perché l’amido mi permette di ottenere una salsa legata e setosa utilizzando meno cacio, che è un formaggio grasso. Ne utilizzo meno in termini di quantità ma il risultato finale è straordinario: aggiungo il formaggio fuori dal fuoco, mantenendo così intatto tutto il suo profumo. Prima di servire grattugio la scorza di limone non trattato e macino il pepe nero“.
Una curiosità: perché hai deciso di sperimentare proprio con un grande classico come cacio e pepe?
“Perché trovo che sia un piatto trasversale, che piace davvero a tutti. Quanto alla territorialità, io utilizzo un pecorino di Pienza, ma si può fare anche con un Grana padano. E poi sono milanese, dunque la pasta cotta a mo’ di risotto, mi si addice“.
È un periodo molto intenso per te: ieri sera è partita la seconda serie di The Chef, su La5, sarai ambasciatore di Expo 2015 e il tuo D’O sta per compiere 11 anni. Per il compleanno del “tempio” della cucina pop cos’hai in mente?
“Per usare una metafora gastronomica, qualcosa bolle in pentola. Ma per ora non aggiungo altro. Il 2015 sarà di certo un anno intenso, visto che sono stato scelto per essere uno degli ambasciatori di Expo, per il quale ho creato il piatto Zafferano e riso: ripeterò spesso uno dei concetti chiave della mia storia professionale, cioè che solo con dei grandi prodotti di qualità si può fare grande cucina e una cucina del benessere“.
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