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Flair bartending VS Mixology: sfida all’ultimo drink

di Alessio Cannata • Pubblicato 17 Ottobre 2014 Aggiornato 22 Giugno 2022 12:27

Spieghiamo la differenza tra Flair e Mixology: oltre le mode e le tendenze del momento, queste sono le due tecniche più amate nel mondo della miscelazione.

E mentre là fuori si intensifica l’attenzione verso il mondo dei cocktail anche grazie a Mixologist, nuovo programma in onda su DMAX, noi qui abbiamo cercato di capire meglio come si sia evoluto il bere miscelato e i suoi protagonisti, grazie anche all’approfondimento della conoscenza di Flavio e Leonardo, bartender di professione e adesso anche padroni di casa del programma TV.

Mixologist_da sx a dx L. Leuci e F. Angiolillo_L_05K1890

Chi ama aggirarsi vicino a un bancone, ha sicuramente capito che i modi per miscelare un drink sono davvero molti. Ciascuno si ispira a uno stile, a una scuola differente. Altri magari pongono attenzione su alcuni aspetti piuttosto che su altri. Quello dei cocktail è un sistema complesso al pari della cucina o della sommellerie. Nel corso del tempo, anche qui si è assistito al cambio di gusti e di materie prime usate, permettendo al drink di evolversi e mutare bene o male, secondo i diversi punti di vista. Per fare un esempio pratico, abbiamo messo a confronto due grandi mode del drink-system: il Flair bartending (o anche solo Flair) e la Mixology

Flair

Flair Bartender

Il Flair racchiude quel mondo fatto principalmente di acrobazie nella creazione dei cocktail al punto da rendere l’esperienza alcolica quasi uno spettacolo per il cliente, senza mai dimenticare la qualità del bere. La tendenza nasce a metà ‘800 ma ha preso piede in Italia solo negli anni ’90. La popolarità di questa tecnica ha sicuramente dato una forte spinta nel creare interesse per il bar tanto da affermarsi come la migliore espressione di bartending fino agli anni 2000. La moda però non è mica finita. La passione per questo stile è ancora vivo e ne abbiamo le prove: le scuole romane che insegnano a miscelare girando le bottiglie in aria godono di buona salute. A dimostrazione di questo, per quelli di voi che fossero curiosi, la FBS (Flair Bartending School di Roma) sta organizzando l’annuale gara di acrobazie: la Flair Battle Rome Competition, a novembre.

Mixology

Daniele Gentili, mixologist romano
Daniele Gentili, mixologist romano

Dall’altro lato si contrappone uno stile (di recente acquisizione per il pubblico italiano) più serioso e preciso, quello della Mixology; movimenti decisamente meno acrobatici ma estremamente eleganti, con un ritorno alle origini, basato sulla misurazione attenta degli ingredienti e una spiegazione del drink raffinata e affascinante. Se da un lato si predilige la spettacolarizzazione nella creazione, dall’altro si tende a valorizzare l’esperienza di consumo.

Due metodi quindi molto diversi tra loro, se vogliamo imparagonabili, ma che forse possono essere uniti per raccogliere i lati positivi di entrambi. Come pensare un Flair più delicato (spesso riconosciuto come working Flair), che prevede l’uso di movimenti più morbidi e meno acrobatici in modo da lasciare il tempo di raccontare il prodotto e marcare la conoscenza delle materie prime. Nel bere miscelato c’è però anche un’altra realtà, la terza e meno affascinante.

Bere in discoteca

Bere in discoteca

Abbiamo partecipato alla serata milanese della Martini Academy con i due bartender del programma Mixologist. La curiosità su questo argomento ci ha spinto a chiedere a Leonardo Leuci quale fosse il rapporto tra qualità e locali che servono drink in modo veloce, come le discoteche. Ci dice che fino agli anni ’90 in discoteca si beveva molto bene perché si servivano solo Long Drink, quella categoria di cocktail facili da preparare se si hanno buone materie prime. Poi il consumatore ha iniziato a spostare il suo interesse su altri prodotti e il mercato lo ha seguito. Il decadimento del bere è stato inevitabile: con quei ritmi e con quella velocità non si ha il tempo per costruire un cocktail mantenendo gli standard qualitativi di un bar dedicato.

Conclusioni

Insomma, sembra che un nuovo mondo, fatto di alcol e ombrellini colorati, stia per venirci addosso. Se siete astemi, fatevi da parte perché qui abbiamo tutti intenzione di diventare dei bartender. Basta co ‘ste divise da chef!

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  • Andrea Di Lorenzo per Cibando