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14 cose che un romano non sopporta a tavola

di Andrea Sponzilli • Pubblicato 6 Novembre 2014 Aggiornato 22 Ottobre 2021 14:00

Ciascun italiano apprezza o mal sopporta determinati atteggiamenti, ma cosa davvero fa rabbrividire un romano a tavola? Ve lo spieghiamo in 14 punti.

L’uomo è ciò che mangia” scriveva nel 1862 Ludwig Feuerbach, “lasciati guardare a tavola e ti dirò chi sei” sentenziamo oggi noi qui da Agrodolce. Il popolo italico, certo non famoso per il suo attaccamento al tricolore, mostra invece grandissimo sciovinismo quando ha a che fare con posate e bicchieri. Dopo il ritratto dei napoletani eccoci giunti agli abitanti della Capitale, tra tutti forse i più geolocalizzati nelle attenzioni e nei tic che hanno luogo attorno al tavolo da pranzo.

  1. I saltimbocca alla romana sono prontiL’importanza del suffisso Roma: si sa, i romani vanno fieri della loro provenienza, guai a servirgli in tavola qualcosa che non abbia a che fare con la Capitale, potrebbe causare crisi di identità o scatenare vere e proprie battaglie all’ultima forchettata: largo a saltimbocca o trippa alla romana, broccoli o carciofi romaneschi e chi più ne ha più ne metta, perché tanto ogni piatto può essere migliore se alla romana.
  2. Melius abundare quam deficere: se lo affermavano già gli antichi romani, ancora di più lo affermano i romani moderni: nulla irrita di più di una porzione che, come minimo, non riempia il piatto. Ristoratori siete avvisati: o aumentate le dosi o acquistate piatti più piccoli.
  3. Perché son senza spine non son come il baccalà. Mai il pesce servito, dico mai, può avere lisca e spine: “Che me volete strozzà?”. Sarà un caso che le alici fritte (ovviamente) alla romana siano deliscate o che nella minestra con i broccoli l’arzilla sia già perfettamente pulita e sfilacciata?
  4. formaggieraCheese! Fateci caso: Roma è forse l’unica città di Italia che prevede come dotazione fissa al tavolo non una ma ben due formaggiere. Se il Parmigiano è orgoglio e patrimonio nazionale, nella Capitale il pecorino è la devozione: guai a servire un piatto di pasta solamente con il primo.
  5. Con le mani. Forchetta e coltello sono solo orpelli di una civiltà non più gaudente, la cucina romana ha un design che intrinsecamente richiede l’utilizzo delle sole mani. Provate a mangiare la coda alla vaccinara con le posate o trovate una spiegazione alternativa al perché le costolette di abbacchio alla griglia a Roma si chiamino scottadito, ad esempio.
  6. vino biancoOste, portace un altro litro. Si è mai visto un baccanale imbandito con le tristissime mezze bottiglie che alcuni produttori vinicoli si ostinano ancora a produrre? Ecco, allora via allo sfuso (meglio se di qualità) tra fojette (mezzo litro) e tubi (litro), da ordinare a ripetizione e senza soluzione di continuità. Certo, i più duri e puri si ostinano ancora nella ricerca della romanella ma questo è un caso particolare e un po’ autolesionistico del punto 1.
  7. Largo all’immaginazione. Signore i signori è bene che lo sappiate: il quinto quarto non esiste, chiedete a vostro figlio delle elementari e vi spiegherà il perché. Come si fa a dividere una torta in 4 fette e poi mangiarne 5? Impossibile, a meno che per voi il mattatoio non sia solo un luogo di crudeltà verso gli animali. A tavola i romani vincono l’ovvio e il razionale avventandosi con meticoloso spirito gourmet su trippe, coratelle, animelle e altre interiora varie.
  8. EmmaNo alla pizza gommosa. La pizza alla romana, che è la più amata in città, deve essere bassa e scrocchiarella, talmente digeribile che “se ne famo un’altra ai mezzi?”.
  9. Polli e abbacchi dei paesi tuoi. Immaginate il pranzo della domenica; ora provate a immaginarlo come se foste seduti a Roma: se avete pensato a un bel coscio di abbacchio al forno con le patate o a una padella fumante di pollo alla cacciatora avete dato la risposta giusta, altrimenti ritentate con un’altra città.
  10. Carbonara&Co. Per chiudere un’amicizia sono necessari torti o bugie, a volte però può bastare una carbonara appiccicaticcia con il temutissimo uovo a frittatina o una cacio e pepe monoblocco. La regola è semplice: la matriciana non gioca brutta scherzi.
  11. sambuca con la moscaL’ammazzacaffè. Dopo un lungo pranzo ricco di grassi, proteine e carboidrati arriva il momento di facilitare la digestione. A voler essere filologici a Roma non presentate limoncelli, nocini o altre amenità, perché la risposta è una sola: sambuca, magari con la mosca.
  12. Della merenda o dello street food. La mortadella è emiliana ma si può tranquillamente affermare che Roma sia la sua mamma adottiva. Evitate (anche solo il pensiero) di utilizzarla per farcire un pezzo di pizza rossa, nulla è più sacrilego: se si ordina pizza e mortadella non è necessario specificare il colore, tanto sarà sempre e comunque bianca.
  13. pasteIl dolce della domenica. Il famoso vassoio di pastarelle legato con il nastro colorato è un classico italico che a Roma può essere tranquillamente barattato con un tiramisù casalingo o con la ricca zuppa inglese. Se poi c’è tutto l’assortimento ancora meglio, ma a questo punto: perché manca la crostata di ricotta con le visciole?
  14. scarpettaAltre indicazioni: non parlate con la bocca aperta a meno che non si tratti della Maggica; fate la scarpetta perché l’involtino alla romana è nato dopo il suo sugo; non gettate gli avanzi perché sicuramente ci sarà qualche ricetta romana per utilizzarli al meglio e, soprattutto, fate il miracolo della quantità con la qualità. Mica vorrete innervosire l’abitante capitolino?

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