Memoria storica: l’Harry’s Bar a Venezia
L’Harry’s Bar è un’istituzione di Venezia, noto per aver inventato il Bellini e il carpaccio: ve ne raccontiamo la storia.
“Oltre le dolcezze dell’Harry’s Bar e le tenerezze di Zanzibar”, comincia così una suggestiva canzone di Paolo Conte su Hemingway. Ernest Hemingway aveva infatti un tavolo fisso all’Harry’s Bar di Venezia e in quel tavolo fuori dal tempo scrisse Di là dal fiume e tra gli alberi, romanzo d’amore e guerra in una Venezia gelata. prima di aprire l'harry's bar, giuseppe cipriani lavorò come cameriere in un albergo sulla laguna E la storia dell’Harry’s Bar sembra tutta disegnata di favola e di cinema. Bisogna attraversare vicoli onirici, per raggiungerlo; Orson Welles lo visitò e l’atmosfera doveva essere quella densa e evocativa dei suoi film; Truman Capote, presente nel libro degli ospiti, ne avrebbe potuto parlare col suo stile irriverente; così Somerset Maugham sarebbe senza dubbio rimasto colpito dalla storia delle origini, quasi un apologo da romanzo di formazione. Giuseppe Cipriani, dopo aver combattuto in guerra, trovò lavoro come cameriere in un albergo sulla laguna. Ospiti dell’hotel erano un giovane alcolista che tentava di curarsi, Harry Pickering, e l’aristocratica zia, che dopo un litigio lo abbandonò in Italia, senza un soldo. Fu Cipriani a prestargli il denaro per tornare in America. Guarito dall’alcolismo, Pickering riapparve a Venezia, restituì le 10.000 lire del debito e ne aggiunse altre 30.000: questa somma permise a Cipriani di comprare un deposito di cordami, adibirlo a bar e dargli il nome dell’amico.

Da allora il locale si sarebbe ammantato di leggenda: frequentato da Onassis, Chaplin, Arturo Toscanini, Barbara Hutton, divenne il crocevia di artisti in cerca di successo, poeti, scrittori, ricche ereditiere. Ci si può immaginare Peggy Guggenheim coi suoi occhiali stravaganti, intenta a difendere l’arte del Novecento; o George Braque, magari con qualche bozzetto cubista sotto mano. Ma la storia dell’Harry’s Bar è anche la storia del suo menu, dei prodotti che avrebbe esportato ovunque. In quel bar di Venezia sono nati piatti che fanno ormai parte del nostro vocabolario e della storia gastronomica italiana. Anzitutto, il Bellini. Tra i più famosi nel mondo, è un cocktail a base di pesca veronese bianca schiacciata a cui è lentamente unito il prosecco. A battezzarlo fu lo stesso Cipriani: il colore rosato gli ricordava le tinte tenui e raffinate del pittore veneziano Giovanni Bellini.
Anche per il carpaccio, il riferimento è pittorico. Il piatto ha origini contingenti e estemporanee: la contessa Amalia Nani Mocenigo doveva, per prescrizione medica, evitare quanto possibile la carne cotta. il carpaccio fu ideato da cipriani per venire incontro alle esigenze alimentari della contessa amalia nani mocenigo Cipriani selezionò sceltissimo filetto di manzo, da servire crudo, con l’accompagnamento di una salsa saporita a base di maionese, Worcester, senape. Era il 1950 e a Palazzo Ducale si teneva una curatissima mostra su Vittore Carpaccio; i suoi colori, inusuali e marcati, apparvero ideali per descrivere la nuova creazione. Da allora col termine carpaccio ci si riferisce a ogni pietanza cruda servita a fettine, dal pesce alla frutta. Anche la guarnizione ha subito moltissime modifiche: si può utilizzare maionese aromatizzata, panna fresca, aggiungere limone e erbe, insaporire la salsa col cognac, finire il piatto con scaglie di parmigiano o di tartufo bianco, foglie di rucola o altre verdure fresche. Non è raro trovare carpacci di agrumi e crostacei, vere e proprie insalate di carne, o addirittura preparazioni cotte, come nel caso del polpo: per il carpaccio, si lessa il polpo per poi pressarlo in sottilissimi veli, da arricchire con spezie, sedano, carote, olive nere, qualche cucchiaino di citronette e una profumata foglia di alloro.
Chi vorrà assaggiare la ricetta originale a Venezia, lì dove il carpaccio è nato, troverà a servirlo il figlio di Giuseppe, Arrigo Cipriani, e potrà rievocare le struggenti parole di De Andrè, che in Rimini canta: “Ora Teresa è all’Harrys Bar, guarda verso il mare…” e sentirsi parte di un passato mitico, di una storia che a Venezia, tra i canali, continua.
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