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Le 7 cose più insopportabili del mondo della birra

di Alessandra Di Dio

Quando qualcosa di normale, come la birra, diventa di tendenza, il fastidio è dietro l’angolo: ecco cosa non sopportiamo del mondo delle birre artigianali.

Che cosa succede quando una cosa che fino al giorno prima era del tutto normale diventa improvvisamente di tendenza? Di solito, le conseguenze positive sono molte: la reperibilità e la varietà, per esempio. Si trovano molto più facilmente e, data la domanda in crescita, in un assortimento più ampio. Ma si manifestano anche degli effetti negativi. Nel caso della birra, ho raccolto le cose che più m’infastidiscono e ne ho spiegato i perché.

  1. birraGli articoli sulle donne e la birra. Lo metto al primissimo posto, perché oltre a dare fastidio è offensivo per l'intelligenza di tutti, non solo per quella femminile. Infatti, questa cosa della birra artigianale, ad alcuni blog e testate giornalistiche è un po' sfuggita di mano. Si parla di birra molto più di 10 anni fa, è un trend in crescita nel nostro Paese per cui è normale che sia anche cresciuto il numero di articoli sparsi sul web a tema birrario e che alcuni di questi (tanti!) siano scritti giusto per cavalcare l'onda delle visite. L'anormalità sta nel fare della birra un tema di genere, maschile ovviamente, e quindi di sottolineare che "anche le donne non disdegnano la birra". Non ci credete? Usate google.
  2. I neologismi. Lungi dall'essere una grammar nazi, capisco che ci siano alcune cose difficili da imparare. Ma, insomma, c'è un limite. Nell'ordine, i due errori che mi danno più fastidio sono: birraiolo, molto in voga tra le testate giornalistiche come riporta Treccani, e IndiaN Pale Ale.
  3. birra caldaLe birre troppo calde. Tacciatemi pure di oscenità, ma io una birra calda, soprattutto se luppolata, non la mando giù. Anche perché se nel mio bicchiere entra a una temperatura di 13°, e fuori ce ne sono 30° le cose sono due: o la tracanno o dopo 15 minuti – nella gran parte dei casi, per capire perché leggete il punto successivo – è imbevibile. D'altronde, se nel bicchiere invece che una ciofeca ho una chicca e mi accorgo che la temperatura di servizio è troppo bassa, posso sempre attendere qualche minuto per farla tornare al giusto equilibrio termico.
  4. Le birre venute male. Anche ai migliori birrifici può capitare, una volta. Uno starter non perfettamente sanificato, poco controllo sulla temperatura, insomma i fattori che potenzialmente daranno vita a una birra mediocre, se non da lavandino, sono tanti. Che cosa però spinga il birrificio a introdurla in commercio, mettendo la propria reputazione in discussione, solo per salvare la cotta è un mistero. Cioè, non lo è perché riguarda il portafoglio, ma se il birrificio non si preoccupa di offrire al consumatore un prodotto qualitativamente buono, quest'ultimo dovrebbe ignorarlo. Altrimenti, si ricade nella logica del se bevemo tutto.
  5. annusare la birraNerd della birra e birrofighetti. Purtroppo è una tendenza diffusa, e ammetto di esserci cascata anche io. Si tratta di quella inclinazione quasi ossessiva a valutare, analizzare alla vista, all'olfatto e al gusto ciò che hai nel bicchiere e di farlo pesare a chi ti sta intorno. Come? Usando descrittori tipo muffa del salame, coperta di cavallo e albedo di limone: o sei un degustatore professionista oppure sei solo un nerd della birra.
  6. birraLa cena-degustazione. È uno strumento conoscitivo davvero meraviglioso, un momento che se affiancato a uno chef e a un beer tester ti può dare tanto. Ma la degustazione improvvisata, magari proposta in un pub che non abbia una cucina adeguata, si chiama in un unico modo: sòla.
  7. ipaGli stili birrari di moda. Siamo passati (indenni?) attraverso lo straripare delle IPA, poi delle Session, delle birre acide e oggi di quelle acidule. I trend italiani sugli stili non sono difficili da captare, basta guardare le lavagne dei pub per rendersene conto e seguire da vicino il lancio di nuovi prodotti. In genere, gli spostamenti sono in massa. Resta da chiedersi, quale sarà il prossimo?