Davide Oldani: Expo raccontato da chi ci è stato. Sempre
Expo 2015 è giunto al termine: abbiamo fatto un bilancio con lo chef che più è stato presente all’evento, Davide Oldani.
Nel novero degli italiani che hanno che hanno creduto fin dalla vigilia nella buona riuscita di Expo 2015 senza mai farsi scalfire da bordate preventive e polemiche miste, c’è senza dubbio Davide Oldani. oldani, da ambassador di expo a cucinare per il presidente della repubblica Lo chef di Cornaredo ci ha messo la faccia, come ambassador dell’Esposizione Universale, ma anche mani, testa e cuore realizzando Zafferano e riso, diventato il piatto icona e manifesto della manifestazione. Così, trascorsi 5 giorni dalla chiusura del sito – il tempo minimo per decantare e riordinare le idee – Agrodolce ha deciso di azzardare con lui un piccolo bilancio dell’evento. Impresa non facile per chi è abituato a mordere la vita, e a proiettarsi sul futuro più che a soffermarsi sul passato (per quanto prossimo). Ecco cosa ci ha raccontato ieri, poche ore dopo il suo intervento al World Business Forum di Milano, l’evento che ha coinvolto 500 aziende e 2500 grandi manager, del quale è stato uno degli story maker.
Davide, partiamo dal tuo personalissimo bilancio su Expo 2015. Si chiude in positivo o in negativo?
Il mio bilancio è stra-positivo. Si sono aperte un sacco di relazioni, soprattutto umane e etiche. È stato un modo per condividere idee, incontrare, socializzare persone che forse non mi sarebbe capitato di incontrare in vita mia. Mi è servito anche a capire che con un filo di sorriso e tanta buona volontà si può vivere meglio. Per questo sabato 31 ottobre è stata per me una giornata un po’ malinconica: si è chiuso un ciclo importante.
L’istantanea del momento più bello di questi 6 mesi?
È difficile scegliere un solo momento bello, perché ce ne sono stati tantissimi. Dovendo scegliere, forse direi la cerimonia di inaugurazione: è stato l’approdo naturale di un anno di lavoro, visto che ho vissuto intensamente tutto il countdown dei 12 mesi che hanno portato fino all’apertura.
Sei uno di quegli italiani che ci ha creduto fin da subito. Perché?
Perché ho capito che per l’Italia poteva essere un’occasione irripetibile. E ci ho messo la faccia, sia come ambasciatore, sia realizzando zafferano e riso D’O alla milanese, che è diventato uno dei piatti simbolo dell’evento.
Però è stato necessario fare i conti anche con le polemiche, che in questi mesi non sono mancate…
Se contesti in maniera pulita e onesta io ascolto, se parti con un tono aggressivo io lascio perdere. Infatti di solito alla seconda riga mollavo il colpo. Per me Expo era un successo annunciato e così è stato.
A proposito di Zafferano e riso, quanti ne sono stati preparati nel tuo chiosco dietro il Padiglione Zero?
Circa 70 mila risi…non noccioline, ecco (dice ridendo). C’era sempre moltissima coda, come era inevitabile che fosse, ma ho sempre visto gente sorridente, forse perché la voglia di condivisione era più forte di tutto. La cosa che mi ha colpito è che c’erano soprattutto tantissimi italiani che volevano provare la mia cucina e questo per me è stato un riconoscimento grandissimo.
Domanda inevitabile: qual è stato il padiglione che ti è piaciuto di più?
Ogni padiglione aveva il suo perché, non voglio fare una classifica. Tutti avevano qualcosa da raccontare. Mi è piaciuta l’idea di mettere in vetrina sul Decumano i padiglioni dei paesi meno fortunati per dare risalto a quei popoli. E mi piaceva l’italianità che si respirava in molti angoli di Expo, tra Cardo e Decumano: è stato il valore aggiunto di questa Esposizione Universale.
Il gran finale per te è stato poi cucinare per il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’ultimo giorno di Expo.
È stato un onore enorme. Ho cercato di mettere tutta l’italianità nei piatti e mi ha fatto piacere che abbia apprezzato la qualità del cibo e la mia visione di cucina pop e accessibile: del resto Expo era un evento dalle sfumature pop e l’idea era quella di sensibilizzare verso tematiche importanti come la valorizzazione dei prodotti.
Come te lo sei immaginato il menu presidenziale?
Con delle verdure di stagione, come le puntarelle e la zucca, poi con una pasta di grano duro italiano e ancora del pesce con una composta di cipolle. Tutto giocato sull’armonia dei contrasti, con tocchi di morbido e croccante, dolce e salato, caldo e freddo. Insomma, ho espresso la mia idea di cucina.
Si percepisce una vena di emozione nella tua voce. È così?
Sì. Perché umanamente confrontarmi con il Presidente mi ha fatto grande impressione. Ho parlato con lui dei temi di Expo e il fatto che abbia commentato dei piatti, mi hanno fatto sentire davvero molto orgoglioso.
Ultima domanda, inevitabile. Per te è già scattato un altro conto alla rovescia, questa volta per l’apertura del nuovo D’O. A che punto siete?
Ci siamo quasi, a gennaio dovrebbe essere tutto pronto. Ho in mente delle cose un po’ nuove, direi la naturale evoluzione e prosecuzione della mia cucina pop. L’idea è quella di tenere altissima la qualità e puntare sempre di più sui prodotti italiani e su quelli del territorio. Ho qualche bella sorpresa in mente, non c’è dubbio.