Nicola Portinari: 3 finger food da provare
A Identità Golose 2016 lo chef de La Peca, Nicola Portinari, ha preparato 3 piatti utilizzando le peculiarità di Grana Padano: ecco qualche consiglio.
Anche quest’anno siamo stati a Identità Golose a Milano: non siamo paghi di avvicendarci tra le conferenze, le storie di chef e prodotti protagonisti delle nostre tavole. nicola portinari ha proposto tre piatti a partire dal grana padano, dandoci qualche consiglio Col tema della libertà, poi, tutto è possibile, dal recupero degli scarti nella produzione dei piatti al gioco delle tecniche più diverse. Proprio su questo tema ci siamo lasciati tentare dai piatti proposti da un duo nel Nord, due fratelli che hanno fatto della tradizione di famiglia una veste da adattare alla propria idea di cucina e di scelta: i fratelli Nicola e Pierluigi Portinari, che nella nativa Lonigo gestiscono con amore e passione La Peca, un ristorante due stelle Michelin nato sulle orme della macelleria paterna. All’interno dello stand del Consorzio Tutela Grana Padano, infatti, Nicola Portinari ha dato vita a un intermezzo fatto di formaggio e libere interpretazioni, dove l’intento principale era quello di voler trascendere dal vincolo della consistenza del prodotto. Anche noi volevamo però trascendere un vincolo, quello per cui sembra sempre tutto bello, oltre che buonissimo, quando lo presentano nel piatto, ma mai riproducibile nelle cucine casalinghe. Ecco perché abbiamo pensato non solo di assaggiare, ma anche di farci dare qualche spunto per ricreare a casa quelle consistenze e quei sapori che non ci stanchiamo di ricercare.
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Il primo assaggio che mi si presenta ha l’aspetto accattivante di un bonbon: si tratta di una tisana di artemisia ed erbe amare che lambiscono un bonbon di Grana Padano dal cuore croccante, adagiato su un bicchierino sporcato di salsa alla liquirizia. Ora, il gioco delle consistenze è ovviamente interessante, e la liquirizia gioca molto bene con l’amaro delle erbe contrastando la grassezza del formaggio. Per portare a casa il risultato, però, lo chef che mi vede persa tra le erbe tipiche di Lunigo mi suggerisce di provare a fare un brodo di tarassaco o spinaci o addirittura di foglie di carciofo (così come insegna anche Moreno Cedroni con il suo abbinamento al caffè), e di imitare il bonbon con una spuma sifonata e granella di anacardi o un piccolo choux ripieno di crema di Grana Padano.
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Il secondo piatto sembra più facile ma presenta un piccolo tesoro: sotto le foglie di misticanza, che fanno da letto a un pesto di alghe e pescatrice affumicata, si cela un letto di granella di Grana Padano con una consistenza appena cedevole al contatto con il palato. Il gusto è più delicato, meno pungente del classico pezzetto di formaggio, e mi domando come mai. Lo chef spiega allora il punto di svolta: la granella è ottenuta da una fonduta di formaggio e acqua in rapporto di due ad uno a circa 80 °C per evitare grumi e separazione dei grassi, passato più volte al setaccio, congelato e poi ridotto in questa granella dalla consistenza piacevolissima. Per rifarlo a casa, visto che non tutti abbiamo quella meraviglia di Paco-Jet, si può provare con una frullata di mixer con lame freddissime e con una attenzione maniacale al lavoro di fusione del formaggio. Da godere pienamente anche su una zuppa tiepida di broccoli, ad esempio.
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Il percorso si conclude con una chicca da passeggio: un mottarello di Grana Padano, ricoperto di granella croccante con un cuore morbido di radicchio trevigiano e aceto balsamico di Modena I.G.P. servito ad una temperatura non troppo bassa. Il ripieno del gelato è suadente e snello allo stesso tempo, con una lieve nota balsamica. L’abbinamento è classico e manca forse una lieve nota acida, e replicare il procedimento è alquanto arduo. Lo chef propone allora di farmi provare a casa un esercizio di consistenze e temperature, servendo i due elementi a contrasto: la crema di Grana Padano leggermente fredda e la crema di radicchio a temperatura più alta, aggiungendo un terzo elemento di freschezza con qualche foglia di rosola o di erba amara e recuperando l’elemento acido con una riduzione di balsamico a finire il piatto.
Che dite, sono sempre così lontani questi piatti da chef? E voi, avete mai adattato qualche ricetta stellata?