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Le storie dei grandi chef: Joël Robuchon

di Daniele De Sanctis 23 Maggio 2016 15:45

Joël Robuchon è uno dei più grandi chef francesi e del mondo: ripercorretene con noi il percorso, dagli esordi all’estensione massima del suo impero.

Definito lo chef del secolo dalla guida Gault Millau nel 1989, Joël Robuchon è stato insignito del Meilleur Ouvrier de France nel nel 1976 a 31 anni. I suoi ristoranti, bistrot o cafè, chiamati Atelier e presenti in tutti i continenti da New York a Bangkok, a Bordeaux, Hong Kong, a Las Vegas, Londra, Macao, Monaco, Parigi, Singapore, Taipei, Tokyo, contavano nel  2014 un totale di 25 stelle nella guida Michelin, e sono in aumento costante. Robuchon è nato a Poitiers nel 1945, ha studiato al Mauléon-sur-Sèvre seminary in the Deux-Sèvres.  A 15 anni è apprendista pasticciere al Relais of Poitiers Hotel; nel 1973 è Head Chef all’Hotel Concorde-Lafayette.

ristorante jamin
il ristorante jamin

Partendo da studi di cucina classici,  secondo il metodo del cuoco francese Henri-Paul Pellaprat con le brigate istituite da Escoffier, inizia a 15 anni come aiuto in pasticceria al Relais of Poitiers Hotel; a 22 anni è già capo brigata; a 20 prende il comando nelle cucine dell'hotel concorde lafayette è già capo brigata a 22 anni, e a 29 prende il comando nelle cucine dell’Hotel Concorde Lafayette di Parigi, un 5 stelle con una brigata di 90 cuochi, dove si servono anche 6000 pasti al giorno. La sua esattezza è maniacale; il rigore e la creatività gli forniscono in breve tempo un enorme e ottima reputazione. In questo modo, rilancia la catena dei Nikko Hotel e qui prende le prime due stelle Michelin.  Nel dicembre del 1981 apre il suo primo ristorante, Jamin. Già il primo anno conquista la prima stella Michelin; il secondo anno, la seconda, infine l’anno dopo la terza: 3 tre anni, 3 stelle.  Per oltre 10 anni, mantenendo solo le 3 stelle (e ovviamente i 5 cappelli della guida Gault Millau), il ristorante è stato sulla cresta dell’onda. Nel 1994 Robuchon ne apre un altro in avenue Raymond Poincaré,  il Joël Robuchon, definito allora dall’Herald Tribune“the best restaurant in the world“.

bon appetit bien sur
Bon Appétit Bien Sûr

2 anni dopo, nel 1996 e quindi a 50 anni, “visti gli infarti dei colleghi, e la fatica di rimanere sempre stellato”, Robuchon annuncia il suo ritiro e decide di dedicarsi interamente alla televisione. Su France 3 ogni giorno per 10 anni c’è Bon Appétit Bien Sûr. In TV Joël offre una vera e propria lezione di cucina, riceve come ospiti altri chef,  presenta ricette semplici e poco costose, con consigli e trucchi per renderle accessibili anche al vasto pubblico. Robuchon determina così uno stile di cucina e di comunicazione che è la sua essenza: materie prime fresche di qualità; combinazioni limitate, lavorazioni poche ed essenziali. Ogni sapore deve essere riconoscibile, ogni cibo che c’è nel piatto pretende un equilibrio esatto, quindi le  cotture possono essere solo separate. L’organizzazione iniziale della postazione e la precisione nell’esecuzione sono il principio indiscutibile, la base del metodo. L’espressione massima del prodotto locale preparato attenendosi alle regole base di cucina e al buon senso dei nostri avi.  Come direbbe Italo Calvino: esattezza, leggerezza e concretezza. In questo senso è realmente figlio del suo tempo. Proveniente dagli studi di Pelleprat, ha fatto suo il concetto delle basi e ci ha aggiunto l’esattezza della pasticceria, dando così le forme più disparate alle creazioni.

atelier robuchon

Robuchon viaggia e spesso va in Giappone: qui gli viene l’ispirazione per offrire una nuova dinamica alla sua visione della cucina. Sviluppa così il concetto di ristorante Atelier: nel ristorante atelier la cucina è a vista e i prodotti sono offerti in uno spirito di convivialità per evidenziare la cucina la apre, la cottura è a vista e i prodotti sono offerti in uno spirito di convivialità. Nella sua vita ha spesso detto: “Non esiste il pasto perfetto, si può sempre fare qualcosa di meglio”. Robuchon è uno chef maniacale nei dettagli, ma è capace di trovare equilibrio nella cucina, non solo in quella francese; non aggiunge, semmai sottrae. Lontano dagli eccessi, dotato di un incredibile senso organizzativo, pretende efficienza e rapidità nell’esecuzione, stabilisce che il suo compito sia rendere il piatto semplice, affinché chiunque, anche il più sciatto dei cuochi, possa realizzarlo. Non è solo gusto: è intelligenza applicata. Un vero chef riduce all’essenziale, solo così avrà uno standard elevato, applicandolo a qualsiasi piatto (e non solo) in ogni Paese.

joel robuchon

Come per i seguaci della Nouvelle Cuisine, annulla, riduce a poche dosi le creme e le salse composite; riduce i grassi e le fermentazioni, ma non disdegna accostamenti vari e classici: la sua è una visione meno a effetto, la più concreta. In particolare, è creativo nella preparazione, nelle forme: la sua è stata definita Cuisine Actuelle dalla scrittrice e cuoca Patricia Wells nel 2003. Robuchon realizza piatti semplici e in perfetta armonia dove ogni gusto e ogni ingrediente sono in evidenza, ma lo disegna nel piatto, con le forme più simili a dei dolci. Con la semplicità degli accostamenti riesce a  creare armonie inaspettate ed è questa la sua peculiare caratteristica: la soddisfazione di tutti i sensi con uno stile delicato, armonico nel rispetto  degli ingredienti.

ramsay prigione
gordon ramsay, tra gli allievi di robuchon

Nel 2004, quando realizza il concetto di Atelier, una squadra di fedelissimi lo segue nell’avventura: Eric Bouchenoire, Philippe Braun, Eric Lecerf creano assieme a lui da 30 anni i piatti; François Benot si occupa della pasticceria, mentre Antoine Hernandez cura la lista dei vini. Hanno lavorato per lui, tra gli altri, Gordon Ramsay, Eric RipertMichael Caines. Oggi dirige diversi chef stellati, chi con 2, chi con 3 stelle Michelin: David Alves, Satoru Asahina, Steve Benjamin e Melaine Serre.

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