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Potere hot: gli alimenti più piccanti oltre il peperoncino

di Maria Letizia Federici 25 Luglio 2016 14:13

Il piccante è una sensazione che non tutti amano, ma che possiede sfumature interessanti e diverse: ecco gli alimenti più piccanti oltre il peperoncino.

È una tra le percezioni dei sensi più studiata, analizzata e, a tutti gli effetti, culturalmente trasversale. Una sensazione di calore fortemente riconoscibile in bocca e, a volte, anche nelle narici. il piccante può assumere svariate personalità, poiché questo calore è accostabile agli altri gusti È collegata ad alimenti latini o esotici, per alcuni fortemente afrodisiaco per altri decisamente insopportabile. Come ogni sensazione forte, raccoglie proseliti o schiere di nemici: detto questo, il piccante può assumere svariate personalità. Si fa presto, infatti, a dire piccante, perché questo tipo di calore può essere accostato a più di uno dei noti gusti, amaro, aspro, dolce, salato e umami, in base alla combinazione di spezie e sostanze che danno vita a quel particolare bruciore, tanto piacevole se ben utilizzato. Nella nostra cultura, il pepe e il peperoncino sono indubbiamente due ingredienti che arricchiscono parecchi piatti, sia che si usino in maniera blanda come semplici insaporitori, sia quando è dato loro un ruolo da protagonisti. Uno spaghetto cacio e pepe, ad esempio, non avrebbe ragione d’essere se la cremosità del formaggio non fosse costellata di grani bruni, così come una pasta al pomodoro diventa arrabbiata soltanto grazie al carattere del peperoncino. Al di là di questi due alleati, immancabili in molteplici ricette della nostra cucina, ci sono molti condimenti o alimenti stessi da usare per conferire piccantezza alle pietanze.

  1. succo di zenzeroZenzero. Ultimamente molto gettonato tra i salutisti o tra chi preferisce i metodi naturali alle medicine tradizionali, è a tutti gli effetti un toccasana per la parte centrale del nostro corpo, che si tratti di sintomi derivanti da mal d’auto, indigestione da pranzo domenicale o crisi da girovita a rischio. Prima ancora di rappresentare una cura, però, lo zenzero è il rizoma di una pianta conosciuta come ginger, dal tocco pungente e dall’aspetto quasi rugoso, che, appena sbucciato, lascia spazio al cuore di un giallo simile al limone poco maturo. Ottimo per le marinature estive di carne e pesce, decisamente rinvigorente se infuso in acqua, può aggiungere brio al semplice biscotto da tè, se unito all’impasto secondo la tipica usanza americana. Il suo retrogusto piccante è alla portata di tutti, poiché delicato e, specialmente se usato fresco, facile da dosare.
  2. wasabiWasabi. Il wasabi, anche conosciuto anche come namida, ovvero lacrima in giapponese, è anch’esso preso in prestito dal mondo asiatico e si identifica con la comune pasta dal colore verde acceso che accompagna fedelmente sushi e sashimi. Decisamente più estremo dello zenzero, può provocare una sorta di lacrimazione simile a quella che si prova dopo un potente starnuto, mentre il suo gusto si avvicina a quello del rafano, con cui spesso è tagliato, oppure a quello del daikon o della senape. Anche in questo caso, se assunto in quantità limitate, può diventare un ottimo alleato per il benessere, grazie alle sue note proprietà antibatteriche, antiossidanti e depuranti. In cucina, però, occhio a non abusare: visto il particolarissimo sapore, non sempre amato, può aggredire tutti gli altri ingredienti della ricetta, lasciando a bocca aperta i commensali non tanto per lo stupore quanto per la necessità immediata di un litro d’acqua.
  3. harissaHarissa. È un mix di spezie e aglio, dove certamente il peperoncino la fa da padrone. Largamente utilizzata nella parte Nord Africa, Marocco, Algeria e Tunisia avanti a tutti, può assumere diversi livelli di potenza a seconda di quanto il coriandolo e il cumino riescano a mitigarne l’aroma. Si trova comunemente abbinata a piatti tipici dell’area mediterranea, tra cui cous cous, felafel, stufati di carne e zuppe. Dalla consistenza simile a quella di un pesto, si può facilmente adattare anche ai piatti basici della tradizione italiana di tutti i giorni: in aggiunta alla polpa di pomodoro, ad esempio, conferisce personalità e profumi nuovi senza interferire con la freschezza della verdura; può accompagnare, inoltre, le grigliate di manzo e maiale e, per i più audaci, condire l’insalatona del pranzo, mitigando però il suo gusto con un’aggiunta di yogurt. Facilissima da preparare a casa, bastano peperoncini rossi secchi, aglio tritato, coriandolo e cumino a piacimento, per diventare così, a seconda delle dosi, un’arma letale per ospiti ingombranti o una piacevole incursione oltremare per viaggiare seduti a tavola, da abbinare magari a delle olive nostrane spezzettate, olio extravergine d’oliva e friselle appena inumidite.
  4. gochujang pasteGochujang paste. Ovvero: che profumo ha il piccante in Corea? Qui nota sin dal diciottesimo secolo ma diffusasi oltre i confini molto più recentemente, sino a pochi anni fa, ad esempio in Italia, solo i fanatici della cucina asiatica ne conoscevano l’esistenza. È una preparazione che appartiene a una tradizione storica tramandata di generazione in generazione, infatti ogni famiglia ne produceva la quantità necessaria secondo le proprie peculiari varianti, per conservarla poi in giardino, in apposite giare di terracotta. Dire che si tratta di un preparato piccante è poca cosa, quindi, perché intriso di sperimentazioni e rituali culinari coreani sapientemente arrivati sino a noi. Si tratta di riso glutinoso in polvere, peperoncino rosso macinato, soia fermentata e sale, dove il riso può essere sostituito con orzo, grano, patate dolci, oppure il sapore mitigato dall’aggiunta di miele, giuggiole o sciroppi. Ottimo per marinare la carne, per arricchire zuppe, secondi di pesce e verdure, riso e noodles. Un’altra bandierina da aggiungere in dispensa per chi si annoia facilmente delle solite salse.
  5. acharAchar. Nientemeno che un condimento glorificato dall’Arca del Gusto di Slowfood, in quanto alimento tradizionale in via di estinzione, si presenta come salsa ma dalla consistenza più aerea e soffice rispetto a quella del pesto. Tipico del Mozambico e risultato di una posizione strategica sulla via delle spezie, importate da arabi e indiani, la preparazione era appannaggio delle donne anziane di casa, che potevano impiegare sino a 4 giorni per confezionare il composto e altri 15 giorni per ultimarlo con la conservazione in un luogo fresco. La combinazione degli ingredienti è particolare e considerata assai vincente dai palati più aperti. Si tratta, in breve, di succo di lime e peperoncini della varietà Piri Piri, anche soprannominata Diavolo Africano, conservati sott’olio, e ben si presta alle varianti con altra frutta, ad esempio limone o mango: un agrodolce piccante in piena regola.