Non solo a Capodanno: i tipi di lenticchie
Simbolo di abbondanza e buona sorte, la lenticchia è uno dei legumi più apprezzati e diffusi: ecco 13 varietà pregiate da cercare e assaggiare.
Il nome latino è fascinoso: lens culinaris. La lenticchia è una pianta delle leguminose, con baccelli appiattiti che contengono semi commestibili. Alcuni italiani non sanno e non hanno mai saputo che lenticchie e cotechino sono due alimenti distinti, che tra l’altro si possono mangiare in date anche diverse dal 31 dicembre. quelle dalla buccia più spessa vanno tenute in ammollo prima della cottura; per le sottili può bastare un risciacquo Simbolo di abbondanza e buona sorte, sono alimenti ricchissimi di ferro, che per secoli interi hanno rappresentato la carne dei poveri; oggi, spesso, sono la carne dei vegetariani. Citate già nella Bibbia e presenti in ritrovamenti archeologici greci, costituiscono uno dei più antichi esemplari di pianta a essere stata addomesticata. Consumate sostanzialmente in tutto il mondo, sono tra i legumi più apprezzati in Europa. Quelle molto grosse e con la pelle più spessa vanno tenute in ammollo prima della cottura; per gli esemplari più piccoli, dalla buccia sottile, può bastare un risciacquo e una breve cottura. Riso e lenticchie è sostanzialmente un classico, ma i semi possono costituire l’aggiunta sfiziosa di zuppe, purè e minestre, o l’impasto per polpette e sformati. Ecco 13 varietà di lenticchie da non farsi sfuggire.
-
Lenticchia di Castelluccio di Norcia. Gli abitanti del posto hanno ritrovato le celebri lenticchie in tombe neolitiche del 3000 a.C, per cui definirlo un prodotto antichissimo risulta comunque riduttivo. La lenticchia di Castelluccio di Norcia, detta lènta, fiorisce dopo maggio e si raccoglie tra luglio e agosto. È molto riconoscibile per le piccolissime dimensioni e il sapore deciso. I metodi di coltivazione rigorosamente biologici hanno contribuito al riconoscimento del 1996 come Indicazione Geografica Protetta.
-
Lenticchia di Onano. Slow Food la protegge come prodotto agroalimentare tradizionale italiano; si tratta del frutto di una coltivazione laziale, della provincia di Viterbo. Sono già esplicitamente citate in uno Statuto del 1561, che prescriveva sanzioni severe a chi le danneggiasse, mentre nel ‘900 hanno vissuto una lunga fase di gloria con la presenza a molte esposizioni universali. Le ragioni di tale successo risiedono nella pelle sottilissima, nella polpa fine e compatta, nel sapore vivacissimo. Non a caso, si narra che Papa Pio IX, essendosi reso conto di aver perso il potere temporale, si sia fatto consolare da un piatto ben cucinato di lenticchie di Onano.
-
Lenticchia di Ustica. Altro presidio Slow Food, si tratta di una specialità tutta siciliana; le lenticchie si seminano a gennaio e si cominciano a raccogliere a giugno; l’intero sistema di coltivazione è portato avanti manualmente e non si utilizzano né concimi, né erbicidi. Fino a pochi decenni fa, si usava ancora il metodo più antico: far calpestare le piante da asini legati a pesanti rocce e poi lanciarle in aria per scindere lenticchie e paglia. Le lenticchie di Ustica sono piccolissime, di colore marrone-verdastro, saporite e particolarmente tenere.
-
Lenticchia di Colfiorito. Tra Umbria e Marche, in pieno Appennino centro-occidentale, si coltivano queste squisite lenticchie tradizionali; la presenza di acqua lacustre e l’altitudine di 1000 metri conferisce particolari qualità organolettiche al prodotto. Piccole e fini, si distinguono per le variegate sfumature di colore, la digeribilità e la facilità di cottura.
-
Lenticchia di Santo Stefano di Sessanio. Più globosa e più scura delle precedenti, si distingue anche per il sapore pungente. Coltivata oltre i mille metri di altezza, si trova da tempi remotissimi nel territorio del Parco Nazionale d’Abruzzo. La raccolta si esegue quasi sempre a mano, facendo passare 2 settimane tra la falciatura e la battitura, in modo che le lenticchie giungano a una compiuta maturazione sui rami. Già i monaci del 900 d.C. consumavano queste lenticchie in frugali zuppe con l’aggiunta di alloro e olio extravergine di oliva.
-
Lenticchia di Altamura. Nel cuore della Murgia si raccoglie questa lenticchia dalle dimensioni inusuali, nota infatti come lenticchia verde gigante di Altamura. La regione Puglia stanzia appositi fondi per incentivarne la coltivazione: i comuni coinvolti sono Altamura, Santeramo in Colle, Cassano delle Murge, Gravina, Spinazzola, Corato, Ruvo, Minervino, Poggiorsini. La produzione è dettata da un severo disciplinare, con aratura in primavera, semina a maggio, raccolta a agosto e, infine, accurata vagliatura. Il sapore è dolce, tenue e particolarmente aromatico.
-
Lenticchia di Villalba. Se la Sicilia l’ha già iscritta tra i prodotti agroalimentari tradizionali del territorio, è in corso la pratica per il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta. Stiamo parlando di una lenticchia di colore verde, dal seme particolarmente grande, del genere lenticchia bionda, che risulta notevolmente ricca di ferro e proteine. La produzione non è antichissima, pare risalga ai primi del ‘900, ma le tecniche sono accuratamente studiate: preparazione del terreno fino dal mese di ottobre, per poi procedere con la semina e una concimazione di fosforo e potassio. Dopo varie sarchiature, si giunge alla raccolta, nel mese di giugno, con una fase di essiccatura che va dai 5 agli 8 giorni. Anche la conservazione è particolare: avviene in bottiglie di vetro a chiusura ermetica.
-
Lenticchia di Ventotene. La coltivazione delle lenticchie è testimoniata a Ventotene fin dal ‘800, ma c’è chi tenta di farne risalire l’origine all’epoca romana; il Lazio l’ha riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale della regione. Nelle zone di produzione, è usata in moltissime ricette classiche, con le cozze, con i polpetti, sui crostini, ma il piatto per eccellenza è la zuppa alla ventotenese, con pomodorini, sedano, aglio, molto olio, basilico e, eventualmente, peperoncino.
-
Lenticchia di Rascino. La provincia di Rieti contribuisce alla produzione di lenticchie con questo tipicissimo prodotto tradizionale; il seme è marrone con sfumature rosse, di piccole dimensioni, dal sapore delicato e appetitoso. Nell’altopiano del Cicolano ha rappresentato per secoli uno degli alimenti fondamentali: nutriente, sostanzioso e saporito, costituiva la vera grande risorsa della zona, oltreché il pasto privilegiato dei pastori.
-
Lenticchia di Valle Agricola. Siamo in provincia di Caserta, dove si coltiva in piccole quantità questa tradizionale lenticchia. La pelle è sottilissima, il colore marrone-bruno, le dimensioni medio-piccole. La vera peculiarità sta nel sapore: concentrato e lievemente aromatico.
-
Lenticchia di Leonforte. In provincia di Enna (in particolare a Leonforte, Calascibetta, Nicosia), potrete trovare questa particolare coltivazione, nota come lenticchia nera. La sua riscoperta è recentissima: abbandonata la produzione dagli anni ’50 del ‘900, ha rischiato l’estinzione. Coltivarla è particolarmente complicato, soprattutto perché lo stelo della pianta è sottile e molto corto. Il prodotto si caratterizza però per un apporto notevolissimo di proteine e fibre e un sapore fine e raffinato. Si abbina tradizionalmente al pesce e rivela un aroma ricchissimo.
-
Lentilles vertes du Puy. Vera gloria della produzione agricola francese, è una lenticchia raffinata e ricercatissima; proviene da Le Puy en Velay e si distingue per la maturazione precoce, il colore peculiarissimo (verde sabbioso con macchie gialle o rossastre), la presenza di antociani e il sapore vivace. Tutte queste caratteristiche l’hanno portata nel 1996 all’Appelation d’Origine Controllée.
- Lenticchie Pusha. Una varietà di lenticchie saporitissime che arriva dall’Ecuador; il seme è di medie dimensioni, con polpa motto soda e pelle sottile. Il colore marrone è spesso acceso da forti sfumature verdastre. In Italia si possono trovare grazie alle tante aziende di commercio equo e solidale. Si prestano efficacemente a ricette speziate.
- IMMAGINE
- Wikipedia
- Proloco di Onano
- Agriturismo Hibiscus
- Parks
- Corto circuito dei contadini
- Typical Sicily
- Amo Ventotene
- Fondazione Slow Food
- Regione Campania
- Agrirape
- Mairie Vergezac