Il fugu è il cibo più pericoloso del mondo?
Il fugu, conosciuto anche come pesce palla, è un alimento pregiato e pericoloso che si serve in Giappone: perché è così apprezzato? Scopritelo su Agrodolce.
Non posso vederla stasera/ devo rinunciare a lei/ mangerò fugu: questo struggente haiku del poeta Yosa Buson non avrebbe potuto concludersi con la parola pesce palla, ma il fugu questo è: un pesce di mare del genere Diodon. i piatti a base di fugu continuano a rappresentare raffinatezze in cui il pericolo è uno degl ingredienti principali Pare che in Giappone sia consumato praticamente da sempre: alcune testimonianze ne attestano l’uso già dai secoli prima di Cristo. Almeno in due epoche si è tentato di proibirlo, nello shogunato Tokugawa e nel periodo Meiji, senza mai riuscire a protrarre il divieto troppo a lungo. I piatti a base di fugu continuano a rappresentare pregiatissime raffinatezze in cui il senso del pericolo costituisce uno degli ingredienti principali. I modi di gustarlo sono vari: il più diffuso è un classico sashimi, il Tessa, per cui il pesce palla è affettato sottilmente e assemblato fino a comporre un graziosissimo fiore; per tagliarlo si usa un coltello apposito, che aiuti a estrarre porzioni così fini da essere quasi trasparenti. Si può trovare anche fritto (Fugu Kara-age) o stufato con verdure (Fugu Chiri); se si sfruttano solo le pinne, calate nell’olio bollente e poi accompagnate da sakè, si ottiene un Hire-zake, mentre spesso si condisce in insalata la pelle opportunamente privata delle spine.
Per sapere perché in Italia fin dal 1992 e nell’Unione europea dal 2004 ne sia proibito il commercio e il consumo, bisogna far riferimento al numero di vittime che ogni anno il fugu continua a mietere: la tetrodotossina di ovaie, pelle, intestini, occhi e fegato è presente in una dose capace di paralizzare la muscolatura e provocare la morte per soffocamento, lasciando oltretutto il malcapitato perfettamente cosciente. Per questo, si può arrivare a trattare il fugu solo dopo 3 anni di apprendistato, costellati di test, prove orali e scritte, al termine dei quali si ottiene un’ambitissima licenza: la fugu chorishi menkyo; il ministero della salute nipponico ha stilato una serie di rigorosissime norme, che ogni ristorante deve seguire; ad esempio, gli organi velenosi devono essere trasportati di volta in volta agli inceneritori in specifici contenitori ermetici.
Quanto al sapore, dobbiamo fidarci di chi è sopravvissuto: pare che il periodo ideale per mangiarlo sia tra l’autunno e l’inverno, quando le carni risultano particolarmente grasse (e con esse lievitano infatti anche i prezzi). La vera aggiunta goduriosa, che continua a mandare in visibilio migliaia di avventurieri del gusto, pare risieda nel vaghissimo sentore di veleno residuo, che intorpidisce la bocca e crea un lungo brivido. Il fugu sarebbe perciò una variante tutta gastronomica di spericolate corse in auto a fari spenti. All’improvviso, le nostre cene, anche quelle più trasgressive, sembrano così ordinarie e misere, se consideriamo che continuiamo a mangiare, tutto sommato, per vivere; quanto sarebbe più buono anche il misto mare surgelato per risotti se ci illudessimo che può farci morire? Saremmo James Bond ogni sera, a ogni pasto.
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