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Essenze: qual è il profumo del gelato?

di Francesca Panozzo 12 Aprile 2017 15:44

Siamo stati alla Carpigiani Gelato University per capire se è possibile aggiungere con successo un profumo al gelato, alimento freddo e quasi inodore.

L’olfatto è un senso potente, ma è forse uno dei più sottovalutati. Eppure il nostro cervello ha la capacità di registrare e archiviare migliaia di odori senza che noi neanche ce ne rendiamo conto per poi restituirceli all’improvviso, quando meno ce lo aspettiamo. siamo stati alla carpigiani gelato university per capire se si può aggiungere profumo al gelato, un alimento freddo Basta un profumo percepito nell’aria per dare inizio a un vero e proprio viaggio nello spazio e nel tempo e ritrovarci catapultati in un altrove che diventa immediatamente reale e incredibilmente vicino, succede con una fragranza, un aroma, un’essenza. Sarà capitato senz’altro anche a voi, magari grazie al buon odore di dolce o di pasta al forno che arriva dalla finestra aperta della vostra vicina intenta a cucinare. Sì, perché il profumo esalato dal cibo ha un potere evocativo molto alto. Ma cosa succede se un determinato cibo non ha un odore particolarmente persistente come accade, ad esempio, al gelato? È possibile aggiungere il senso dell’olfatto alla degustazione di un alimento freddo senza alterarne il sapore? Per capirlo siamo andati alla Carpigiani dove Makoto Irie, docente della Carpigiani Gelato University, ha preparato per noi 4 diversi assaggi di gelato artigianale serviti con altrettante essenze create da Antonella Bondi, designer olfattiva e maestra nell’arte di creare fragranze e oli essenziali con procedimenti completamente naturali.

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Il primo assaggio è un gelato al pistacchio e rosa. Inizialmente assaggiamo il gelato senza vaporizzarvi sopra alcuna essenza: in bocca arriva subito il sapore del pistacchio e solo in un secondo tempo quello della rosa. Il gusto è intenso e avvolgente. L’aggiunta di un’essenza a base di rosa turca e bulgara, per altro già presente sotto forma di olio essenziale all’interno della ricetta, ribalta la percezione dei sapori: ora il naso recepisce immediatamente la rosa mentre la bocca si riempie di pistacchio, in un rincorrersi di aromi mai banale. L’essenza esalta, senza comprometterla, la ricetta. La completa.

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Il secondo assaggio è uno stecco a base di basilico fresco, ananas e giusto un tocco di incenso. Ancora una volta, l’essenza che viene vaporizzata al momento di servire il gelato riprende un ingrediente del gelato stesso: l’incenso. Il gusto è molto fresco e pulito. “La difficoltà – ci spiega Makoto – è riuscire ad equilibrare in modo perfetto ananas e basilico, sia a livello di sapore che di colore. In questo senso acquista un’importanza fondamentale anche come si taglia il basilico: il sapore e il colore infatti sono influenzati dal taglio e potrebbero esserne compromessi“.

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Il terzo assaggio parla di rinascita, di primavera, di fiori. Si tratta di un gelato alla crema, realizzata senza panna o latte, quindi a base di sola acqua, dolcificata con un miele mille fiori e aromatizzata con un’essenza al gelsomino, ripresa anche al momento di servire il gelato. È forse il meno gelato di tutti, ha un gusto molto corto, ma ha un potere evocativo immenso e già dalla prima cucchiaiata ci ritroviamo trasportati chi nella cucina dei nonni al momento della merenda, chi su di un prato fiorito… a rimarcare il potere fortissimo di gusto e olfatto.

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L’ultimo assaggio è quello più complesso e articolato a livello di gusto ed è il più bello da un punto di vista estetico: un piccolo cono, con una bolla di cioccolato bianco e una rosa di gelato a base fior di latte e carota viola. L’essenza che lo avvolge è la Carpigiani n°5, composta da finocchio dolce, pesca, foglie di pomodoro e gelsomino. Il suo aroma percorre tutto il gelato, si concentra nella sfera di cioccolato e arriva fino in fondo al cono. Letteralmente lo accompagna. Alla fine del percorso, ognuno immerso nelle proprie sensazioni, possiamo affermare che sì, è possibile aggiungere il senso dell’olfatto a un alimento freddo. Lo si fa esaltandone un aspetto, con uno profondo rispetto della ricetta e dello chef che l’ha creata, senza compromettere, ma accompagnando… e poi non resta che perdersi inseguendo un profumo.