10 piatti per 10 anni di Le Strade della Mozzarella
Siamo stati a LSDM 2017: per i 10 anni anni della manifestazione legata alla mozzarella abbiamo scelto 10 piatti di altrettanti chef presenti.
Le Strade che hanno portato a Paestum quest’anno a LSDM 2017 sono partite da molto lontano. I percorsi da Bangkok, Mosca, New York, si sono intrecciati con la materia che da ormai 10 anni dà il nome alla manifestazione, le strade della mozzarella a paestum ha compiuto 10 anni: ecco 10 piatti dall'evento 2017 quella mozzarella con cui spesso gli chef stranieri hanno un’epifania o per la quale percorrono migliaia di chilometri. Ma il rispetto e la fascinazione per questo prodotto accomunano anche chi ben lo conosce, chi può attingerne a piene mani e comunque ogni anno propone una sua interpretazione, una sua idea, una sua visione. Le Strade della Mozzarella ha compiuto 10 anni; personalmente è stata la prima edizione a cui ho partecipato, saltando da una sala all’altra per non perdere le parole di Chicco Cerea, Gennaro Esposito, Anna Hansen, Martino Ruggieri, Gaggan Anand, Vladimir Mukhin… Ho assaggiato, ascoltato, ma soprattutto ho apprezzato il lavoro e le idee di chi si è messo in gioco: questi sono i miei 10 piatti per 10 anni di Le Strade della Mozzarella.
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L'High tea di Gaggan Anand. Questa non è una classifica, ma la foto in copertina ha già svelato chi vorrei nominare per primo. L'energia delle parole di Gaggan attraversa l'intera sala, è una corrente piena di ironia che strappa una sincera risata e riesce anche a dare una visione senza fronzoli del suo background culturale. Il piatto, il meno fotogenico del congresso eppure il più memorabile, si allaccia alla tradizione dell'high tea, prima inglese e poi indiana, in cui il tè è accompagnato da uno snack (fritto, in questo caso). Un'aromatica tazzina di tè nero, zenzero fresco, cannella, cardamomo e latte di bufala, e una polpettina nera come il carbone: sembra un errore e invece in pochi bocconi è racchiuso un mondo. C'è il colore della frittura all'indiana (scura, impenetrabile) ottenuto qui con il nero di seppia e il carbone di aglio nero e pangrattato. C'è un ripieno di ricotta di bufala unito a spinaci saltati con zenzero, cipolla e scorza di lime, una versione fusion del saag paneer indiano. C'è la genialità di trasformare una spigola fritta in pangrattato con l'aroma di cardamomo e noce moscata. Un sorso, un boccone: indimenticabile.
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La Russia migliore di Vladimir Mukhin. Se non avete ancora visto la puntata di Chef's Table dedicata a questo giovane e caparbio chef russo, accedete a Netflix e lasciatevi raccontare un mondo gastronomico che non vi aspettavate. Vladimir è orgoglioso della sua patria, orgoglioso degli ingredienti che può trovarvi (i cetrioli, tanto per nominarne uno, ma la lista è lunga), della tradizione culinaria che grazie al suo lavoro sta rinascendo. Nel suo piatto per LSDM ci sono fettine di ravanello, green onion, cetriolini e la mozzarella è coperta da petali di capasanta marinata nel succo di melograno. È fresco, è croccante, ha carattere: è la Russia migliore, a Paestum.
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Il krapfen salato di Chicco Cerea. Rigoroso e amabile, Cerea racconta la storia della sua famiglia e con essa una parte della storia della cucina italiana, con quelle tre stelle che brillano nella provincia di Bergamo. È mattina, siamo tutti ancora un po' assonati e Cerea ci accoglie con la morbidezza di un krapfen dall'impasto cedevole e tiepido. Il ripieno è una crema di mozzarella di bufala, ricotta di bufala e colatura di alici. Completano il morso il fresco chutney di pomodoro verde e la polvere di origano. Mediterraneo, rassicurante, goloso.
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Pane e panelle all'inglese di Anna Hansen. La ascolti, con la sua ironia lieve; la vedi muoversi con energia. E quando il profumo dell'impasto della chef di The Modern Pantry a Londra si diffonde per la sala, l'appetito monopolizza il pensiero. Ceci, curcuma, zenzero fresco e coriandolo in una frittella che è quasi una panella british, servita con una ricca fetta di mozzarella di bufala. I siciliani, forse, rabbrividirebbero. Ma l'assaggio convince: Londra incontra Palermo e ritorna a Paestum.
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La domenica di Gennaro Esposito. In sala non ha bisogno di presentazione lo chef di Vico Equense. E i sapori e i profumi del suo piatto sono un condensato di Campania, un pranzo della domenica racchiuso in un involucro di pasta: raviolo ripieno di ragù napoletano con stracciatella di bufala. Comfort food.
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La griglia di Cristoph Bob. Da un posto da sogno come il refettorio del Monastero Santa Rosa, lo chef ha portato con sé una griglia, l'ha riempita, tra le altre cose, con la pietra lavica porosa raccolta dal Vesuvio e ha saturato la sala del profumo (e fumo, suo malgrado) primordiale della carne. La costoletta di manzo è prima cotta a 50 °C in un tegame profondo e poi grigliata. Dalla salsa di mozzarella del giorno prima raccoglie un sapore ancora più animale, al quale il ragù di carote novelle, scorzonera e topinambur fa da accompagnamento ideale.
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La Cina di Ed Schoenfeld. Amo la cucina cinese, mi piange il cuore di fronte al numero ancora troppo alto di ristoranti cinesi dozzinali che costellano le città italiane. Ed è per questo che sono forse l'unica (?) di tutta la Sala Blu a non storcere il naso davanti alle eliche alla cinese di Ed Schoenfeld. Non sono fotogeniche, c'è un (prezioso e carnoso) fungo shiitake intero appoggiato a caso sulla pasta e la salsiccia - forse superflua, seppur gustosa - è quasi buttata nel piatto. Basta un boccone per non sentirsi più in Italia. Mangio tutto con gusto, mentre ascolto la passione di un uomo per la materia prima cinese, per quella dark soy sauce che da noi è quasi introvabile, per quel giro d'olio di semi di sesamo tostati finale che fa tutta la differenza ("Spremuti a freddo e non tostati hanno un sapore completamente diverso").
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Vorrei essere un pomodoro con Philippe Léveillé. Penalizzato da una scelta di orari infelice (nell'altra sala tutti ascoltano Riccardo Camanini), Philippe racconta comunque con dovizia di particolari tutto il lavoro dietro una semplice pellicola di pomodoro. Ci sono ore di cottura e pazienza per gli ossi di ginocchio di vitello da cui si ricava un brodo ristretto al 75%. Così neutro accoglie una crema di pomodoro filtrata e diventa la pelle di un pomodoro che pomodoro non è: tartare di gamberi rossi con lime, olio di oliva e una punta di zucchero; spuma di mozzarella di bufala, panna e latte; sorbetto al basilico e un vezzoso fiore di borragine a fare da picciolo.
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Tradizioni francesi con Martino Ruggieri. Dall'esperienza con Yannick Alléno, Ruggieri a LSDM riscopre la tradizione (francese, europea) della tête de veau, la testa di vitello. Dopo averla cotta per ore, lo chef pugliese ne utilizza la guancia, da cui ricava delle fettine da intervallare a mozzarella di bufala, porri saltati e sapidi capperi. Non chiamatela lasagna, non chiamatelo timballo. A ogni boccone il cervello ricalcola il percorso, ma ci si perde volentieri.
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La primavera di Kobe Desramaults. Chiude il congresso il piatto dello chef fiammingo, una miniatura di un pezzetto di prato in primavera. Con il cucchiaio si raccolgono asparagi bianchi, foglie di melissa limoncella, cubetti di succosa mozzarella di bufala, una crema di ricotta resa appena più sapida dalle alici e, su tutto, la freschezza della buccia di limone caramellata. Se si chiudono gli occhi, il prato e la primavera (temporaneamente sparita vista le temperature polari durante il congresso) non sembrano più così lontani.