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Arti antiche: la pesca dei gamberetti a cavallo

di Nadine Solano 2 Luglio 2017 09:54

A Oostduinkerke resiste una tradizione secolare, quella della pesca dei gamberetti a cavallo: ecco perché è diventata Patrimonio Immateriale dell’Umanità.

Cosa hanno in comune i cavalli e i gamberetti? Molto più di quanto si possa immaginare. A Oostduinkerke, un paesino situato lungo la costa occidentale del Belgio e quindi affacciato sul Mare del Nord, una pratica di cui si hanno testimonianze dal 1500 i dolci quadrupedi hanno il compito di pescare i gustosi crostacei. La piccola frazione di Koksijde, a 20 km dalla più conosciuta Ostenda, è l’unico luogo in tutta Europa nella quale si svolge ancora questa pratica, che resta immutata con il passare dei secoli. Del metodo in questione esistono infatti testimonianze risalenti al 1500: nei registri dell’abbazia cistercense di Ter Duinen si trovano note relative all’acquisto di reti (seynen) e negli archivi di Bruges risalenti alla stessa epoca si racconta di un metodo di pesca basato proprio sull’utilizzo della rete a strascico (seynevissen) trainata da cavalli.

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Adesso le reti sono più moderne e resistenti, ma per il resto il tempo si è fermato. A lungo quest’usanza è stata diffusa anche in Francia, in Olanda, in tutto il resto del Belgio, sulle coste dell’Inghilterra meridionale; poi è man mano scomparsa con l’eccezione di Oostduinkerke: il motivo sta nell’ecosistema del luogo, che favorisce il proliferare dei gamberetti, ma anche nella caparbietà dei pescatori. Che sono ormai pochi, eppure determinati a tener viva la tradizione e tramandarla di generazione in generazione. Non ne vogliono proprio sapere di cambiare, anche perché un’eventuale rinuncia sarebbe per loro una sconfitta.

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La pesca avviene due giorni a settimana, fra giugno e settembre. Ci si ritrova intorno alle 8 del mattino, cioè quando la spiaggia si espande grazie alla bassa marea. I maestosi cavalli da traino, nella maggior parte dei casi appartenenti alla razza brabantina, sono condotti fino alla battigia e lì i paardenvissers (così si chiamano per l’esattezza i pescatori) sistemano le lunghe reti triangolari e posizionano ai lati della sella le grosse ceste in vimini per la raccolta del prezioso pescato. Con il petto gonfio per l’orgoglio e la fierezza nello sguardo, gli uomini e i loro fedeli destrieri entrano in acqua. Calcolando la giusta distanza, si allineano in senso parallelo alla spiaggia. Quando gli animali sono immersi quasi fino al petto, si comincia a setacciare lentamente e accuratamente il fondo. La sessione dura circa un quarto d’ora, dopo di che si fa una pausa anche per verificare i risultati. Quindi si torna in mare e via così per circa un paio d’ore, cioè fino all’arrivo dell’alta marea. Non è facile ma la costanza viene premiata: fra i pesciolini, i granchi, le alghe e i sassolini ecco apparire gli anelati e piccolissimi gamberetti grigi (rikze garnalen) che sostavano sotto la sabbia illudendosi di essere al sicuro.

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Definiti anche caviale del mare del Nord per ragioni immediatamente comprensibili, i gamberetti grigi sono l’ingrediente base di molti piatti rinomati in tutte le Fiandre; per esempio le croquettes, una squisita pastella che avvolge gamberi e formaggio fuso, e le tomate-crevettes, pomodori ripieni di gamberi e salsa rosa. La pesca dei gamberetti a cavallo è stata ufficialmente riconosciuta come arte e tradizione nel dicembre del 2013, quando l’Unesco ha deciso di aggiungerla all’elenco del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

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