A volte la comunicazione gastronomica crea veri e propri disastri che vanno a scapito dei locali:ecco i principali epic fail dei ristoranti sui social.
C’era una volta la ristorazione nell’epoca analogica: modesta attenzione mediatica, cuochi relegati in cucina, presentazione dei piatti essenziale e il classico passaparola a determinare il successo di un locale. Con l’avvento di internet e dei social network le cose sono cambiate: chef in primo piano, piatti altamente fotogenici e amplificazione dei giudizi personali grazie a siti come TripAdvisor. Di anni ne sono passati, eppure alcuni addetti ai lavori non si sono ancora ambientati nell’ecosistema digitale. Goffi e impacciati, in alcuni casi tremendamente maldestri, causano più o meno consapevolmente disservizi ai clienti o danni di immagine alla propria attività. Ecco un elenco delle più frequenti strategie di comunicazione sbagliate, adottate dai ristoratori in rete.
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Menefreghismo elitario. Non curare volutamente la presenza online della propria attività non è soltanto un atto di snobismo, ma una scelta controproducente e una mancanza di attenzione verso i clienti. Nella migliore delle ipotesi si perderanno delle opportunità; nella peggiore si lascerà agli utenti del web il compito di raccontare un ristorante oppure, più banalmente, di fornire informazioni essenziali, a partire da orari di apertura e giorno di chiusura.
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Bricolage proattivo. Può sembrare strano, ma esistono delle professionalità specifiche nell’ambito della comunicazione della ristorazione, insomma gente che lo fa per lavoro. Avere uno smartphone e un profilo Instagram non trasformerà improvvisamente un cuoco in un esperto di social media, così come comprare una batteria di pentole non è sufficiente per definirsi chef. Il fai da te non è mai una soluzione: a ognuno il suo mestiere.
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Nepotismo ingenuo. “Ah no, la pagina Facebook me la cura…” e aggiungete a vostro piacimento il grado di parentela o di amicizia che lega il ristoratore di turno col suo esperto di fiducia. Meno presuntuosi rispetto ai sopra citati amanti del bricolage ma forse più ingenui, si affidano a improvvisati volenterosi con competenze variabili; i risultati possono essere anche esilaranti (vedi fotografia).
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Laissez-faire irresponsabile. Assodato che è sempre bene rivolgersi a degli esperti, è altrettanto vero che non si può delegare tutto e sempre. Se le decisioni formali saranno appannaggio dei professionisti, un affiancamento nella scelta dei contenuti è più che opportuno. Insomma, per raccontare la biografia dello chef o le sue ricette, il diretto interessato dovrebbe rendersi un minimo disponibile a collaborare.
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Deriva reazionaria. Le critiche non fanno mai piacere, ancor meno quando non si conosce l’effettiva competenza di chi le muove. Tuttavia è sconsigliato rispondere in maniera piccata a recensioni negative. Soprattutto non bisogna mai delegittimare l’intera comunità di recensori da cui, ricordiamo, derivano anche i giudizi positivi. Ancor meno elegante è spostare la polemica su profili social personali: la gogna pubblica su account privati, al fine di ottenere facili like e commenti compiacenti, genera esattamente l’effetto contrario di quello sperato.