I Gastromondiali di Agrodolce: chi passerà il Girone C?
I mondiali di calcio 2018 sono iniziati: vediamo secondo i Gastromondiali di Agrodolce quali squadre passeranno il Girone C.
Eccoci a un’altra puntata dei Gastromondiali di Agrodolce. Il girone C ha un netto favorito, sia dal punto di vista calcistico che da quello gastronomico: solo che dal punto sportivo si punta sulle giovani generazione e sull’integrazione culturale, mentre in quello gastronomico è la storia che parla, la tradizioni rivisitate e aggiornate nel tempo. Ma le altre squadre in campo non sono da sottovalutare: la Danimarca è il paese che nell’ultimo decennio ha segnato la cucina contemporanea; il Perù, la nazione più all’avanguardia della new wave sudamericana e, last but not least, l’Australia e la sua cucina contaminata.
Australia
Difficile dare una definizione della cucina australiana, anche pensando che una delle cose più conosciute è la Vegemite, una crema spalmabile a base di lievito e spezie, molto sapida, certo poco avvezza ai gusti europei. a livello ristorativo l'australia è una delle nazioni più stimolanti Poi c’è la grande tradizione del barbecue, non solo grigliate di manzo e agnello, ma anche della carne nazionale, quella di canguro, magra con sentori erbacei ben presenti. E ancora la meat pie, torta di sfoglia ripiena classicamente di carne, cipolla, funghi, pomodoro, formaggio, che si può trovare anche in versione vegetariana. E ancora il dessert, conteso nella sua origine con i cugini neozelandesi, la pavlova, meringa, panna montata e frutta. Tutto qui direte? Sì, in linea di massima, ma questo non toglie che a livello ristorativo, sia una delle nazioni più stimolanti. Sfruttando le materie prime del vastissimo territorio e contaminandoli con il mondo, l’Asia in particolare, oggi c’è una generazione di cuochi di gran livello. Ben Shewry e il suo Attica a Melbourne, dove lavora anche Dan Hunter nell’emergente Brae. E Jock Zonfrillo, scozzese di nascita ma con radici italiane, che ad Adelaide ha dato lustro a cucina e tradizioni aborigene. Una squadra multiculturale.
Danimarca
Chi aveva sentito parlare di cucina danese fino a due lustri fa? L’unico piatto di cui si parlava era lo smørrebrød, pane di segale tostato, imburrato e poi servito in primis con aringa o in alternativa salmone, gamberetti, prosciutto, carne, copenhagen è oggi una tappa gastronomica imprescindibile un tocco di panna acida e cipolla cruda, uova sode serviti a parte. Si è vero, avevamo poca conoscenza, ci sono anche lo stegt flæsk, guanciale di maiale fritto servito con patate e salsa al prezzemolo, le frikadeller, polpette, sempre di carne di maiale, cotte nella birra, una ricca scelta di zuppe e anche alcuni dolci tipici su tutti il wienerbrød, una brioche con mandorle e uvetta. Ma come si vede nulla di particolarmente memorabile. Eppure la grande intuizione di René Redzepi, una decina di anni or sono, quella di valorizzare le materie prime della regione, a partire soprattutto dal mondo vegetale, ha cambiato definitivamente le coordinate della cucina non solo danese, ma di tutto il Nord Europa. Copenahgen oggi è una delle tappe gastronomiche imprescindibili, con una scelta qualitativa grandissima per tutte le tasche. E con un’anima internazionale: giovani cuochi da tutti il mondo sono accorsi prima a lavorare al Noma e poi ad aprire la propria attività, fra tutto il nostro Christian Puglisi. Una squadra contemporanea.
Francia
Ogni parola potrebbe essere superflua, quando si parla di cucina francese, la più conosciuta, insieme a poche altre, sicuramente la più influente come tradizioni, storia, codifica di piatti e ricette, che nel corso dei secoli ne hanno fatto un punto di riferimento, una sorta di caposaldo della cucina, come il Brasile per il calcio. un punto di riferimento, un caposaldo della cucina come il brasile per il calcio Nobiltà, borghesia, popolo, parallelamente alla storia della Francia, si sono modificati i parametri gastronomici, che hanno codifiche fondamentali prima da Marie-Antoine Carême, in epoca napoleonica e poi a inizio Novecento da Pierre-Auguste Escoffier. Codifiche che hanno fissato un modello utilizzato dai cuochi francesi e che ha imposto lo standard transalpino soprattutto nell’alta ristorazione. E poi in tempi più recenti la Nouvelle Cuisine con Bocuse, Troisgros e Chapel come fuoriclasse ispiratori, la generazione dei Passard, Ducasse, Roellinger, il fenomeno bistronomico con i giovani rampanti, il ritorno alla classicità di Alleno. Si potrebbero allestire più formazioni vincenti. Per non parlare dei piatti delle differenti realtà regionali, che non stiamo a elencarvi – riempiremmo pagine intere – della grande qualità e riconoscibilità mondiale dei formaggi. Insomma, diciamolo, i nostri cugini sono i favoriti, anche perché, purtroppo, noi questa volta non ci siamo.
Perù
Biodiversità, materie prime, piatti: poche nazioni possono competere numericamente con il Paese andino, che negli ultimi anni ha saputo imprimere alla propria cucina, soprattutto grazie allo sviluppo di una ristorazione di alta qualità, una cucina che vive delle influenze delle radici inca, della colonizzazione spagnola e dei flussi migratori un cambio di marcia decisivo. La cucina peruviana vive delle influenze delle radici inca, della colonizzazione spagnola, dei flussi migratori che hanno portato in Perù africani, giapponesi, cinesi, francesi ognuno con il suo portato di cultura e tradizioni gastronomiche. E dunque ceviche, il piatto nazionale senza alcun dubbio, che ha superato i confini peruviani per diventare conosciuto in tutto il mondo, chupe, zuppa di pesce speziata e piccante, dove calamaro e polpo sono i molluschi protagonisti. Nel versante carne il lomo saltado, il pollo a la brasa e il meno vicino alle nostre usanze chicharròn, bocconcini di carne o pesce, panati e fritti, la cui versione più estrema prevede il porcellino d’india. E forte la presenza di tuberi nella cucina peruviana, ci sono oltre 3000 varietà di patate certificate, e con essi si preparano molti piatti e contorni. Il successo nel mondo della cucina peruviana è dovuto a Gastón Acurio, che, rinunciando ad una carriera diplomatica che avrebbe seguito per linea familiare, ha deciso di fare il cuoco e partendo da Lima, ha aperto ristoranti in tutto il mondo, diventando figura di riferimento per tanti giovani da Pedro Miguel Schiaffino a Mitsuharu Tsumura fino a Virgilio Martinez. Più che una rivelazione, il team peruviano è una certezza.
Il nostro pronostico
La Francia passa, e come non potrebbe d’altronde: il suo nome, la sua storia sono automaticamente associate a gastronomia. Una corazzata quasi imbattibile. Lo scontro, mica facile da risolvere, è tra gastronomie emergenti. E allora il danese smørrebrød, il ceviche peruviano o la meat pie australiana? Redzepi, Martinez o Zonfrillo? La profondità della rosa, sia di materie prime che di chef, ci fa dire che passa il Perù. Voi che ne dite?
Birra consigliata per le partite del girone C
La London Ipa, amara e aromatica, è la birra perfetta per accompagnare grigliate di carni danesi e australiane, canguro compreso. Allo stesso tempo può accompagnare il lomo saltado peruviano e formaggi erborinati francesi.