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Pizza Napoletana vs Pizza Romana: quali sono le differenze?

di Gabriele Valdès • Pubblicato 28 Marzo 2023 Aggiornato 10 Luglio 2023 10:01

Le differenze tra pizza napoletana e pizza romana non si basano soltanto sullo spessore della pasta. Riguardano l’impasto, i tempi di cottura, il peso del panetto, la temperatura del forno.

Quando si parla di pizza ci si immerge spesso in un ambiente dominato da percezioni soggettive che generano sentenze vere e proprie su cosa possa essere definito come vera pizza, tralasciando la versatilità che gli impasti possono portare in dote trasformandosi in stili e tipologie di pizza differenti, tutti ugualmente validi. Questo è un mio punto di vista personale, condivisibile o no, ma quantomeno oggettivo. Rivolgiamo quindi lo sguardo a due tra gli stili di pizza più apprezzati e conosciuti cercando di capire in cosa si differenzino tecnicamente e a livello organolettico: pizza napoletana e pizza romana.

Pizza napoletana: caratteristiche

pizza napoletana

La pizza napoletana rappresenta lo stile di pizza più conosciuto al mondo, un vero e proprio alfiere del made in Italy al pari della pasta, la  napoletana è tuttora la pizza più diffusa e sfornata in ogni angolo del globo.

Pizza napoletana: l’impasto

Ecco quali sono i tratti distintivi di questo tipo di pizza nelle versioni più diffuse a partire dagli ingredienti dell’impasto:

  • Scelta di farine raffinate di grano tenero di tipo 00 oppure 0 di media forza, ma ultimamente si possono trovare impasti fatti con mix di farine raffinate e semi integrali per aumentare il sapore e le proprietà organolettiche dell’impasto.
  • Percentuali di acqua inserita in fase di impasto tra il 58 % e il 65 % sul peso della farina.
  • Utilizzo di lievito di birra fresco in percentuali variabili coadiuvato a volte da piccole percentuali di pasta di riporto ( impasto avanzato dalle lavorazioni dei giorni precedenti).
  • Assenza di grassi di origine vegetale (olio) o animale (strutto).
  • Sale marino in percentuali intorno al 3 % sul peso della farina.
  • L’impasto da pizza napoletana è effettuato con impastatrici a forcella o spirale ed è lasciato volutamente morbido senza ricercare una incordatura eccessiva.

Pizza napoletana: porzionatura e cottura

salvatore di matteo

La massa è fatta riposare a temperatura ambiente o in celle frigorifere a temperatura controllata per le prime ore per poi essere porzionata in palline o panielli  di circa 250 g di peso. Le palline riposte nelle apposite cassette saranno fatte riposare per un tempo variabile per permettere al glutine di rilassarsi, rendendo il panetto stendibile grazie alla giusta elasticità. La stesura è fatta in stile napoletano con la tecnica dello schiaffo o slap che consente al disco di pasta di allargarsi per poter poi essere condito e trascinato sulla pala.

pizza napoletana

La cottura rappresenta uno dei tratti distintivi della pizza napoletana: il passaggio in forno è veloce con alte temperature della camera di cottura per permettere alla pasta di cuocersi tra i 60 e i 90 secondi al massimo. La sofficità che caratterizza la pizza napoletana ben fatta è figlia di questo tipo di cottura oltre che del rispetto dei giusti tempi di riposo delle palline di impasto. Una pizza napoletana fatta ad arte ha la consistenza di una brioche morbida e presenta minimi cenni di gommosità se mangiata appena uscita dal forno. La pizza napoletana infatti nasce per essere cotta e mangiata senza attese ulteriori nel piatto: il raffermimento veloce della pasta fa aumentare la gommosità mano a mano che la pizza si raffredda.

Pizza romana: caratteristiche

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La pizza romana chiamata anche pizza romana scrocchiarella per la friabilità caratteristica che si avverte al morso è lo stile di pizza tipico della Capitale. Negli anni grazie alle tantissime varianti sparse in ogni regione è diventato il tipo di pizza più diffuso in tutta la penisola tenendo ovviamente fuori l’enclave campana dove lo stile napoletano regna incontrastato. roma ha assistito a una rinascita della pizza romana classica La pizza romana negli ultimi anni è andata mano a mano a cambiare orientandosi verso uno stile di pizza italiano che, pur mantenendo l’assenza di cornicione in stesura grazie all’aumento di peso del panetto, ha perso quella essenziale friabilità che rendeva la pizza romana di un tempo ancora più leggera sotto ai denti. Negli ultimi due anni però qualcosa è cambiato e Roma ha assistito a una rinascita dello stile di pizza capitolino grazie alla passione e allo studio di un buon numero di bravi pizzaioli. Eccone i tratti distintivi.

Pizza romana: l’impasto

  • Scelta di farine di grano tenero di tipo 00 oppure 0 di media o anche bassa forza.
  • Percentuali di acqua nell’impasto tra il 55% e il 60 % sul peso della farina.
  • Utilizzo di lievito di birra fresco negli impasti diretti. In alcuni casi sono usati pre-impasti  liquidi come il poolish per ricercare croccantezza nella struttura della pizza.
  • Olio extravergine o di semi in percentuale tra il 2% e il 3% è inserito nella maggior parte degli impasti.
  • Sale marino fino tra il 2% e il 3% sul peso della farina.
  • La pizza romana è impastata con impastatrici a spirale e lavorata sia a temperatura ambiente con impasti fatti la mattina per la sera, sia mediante tecnica del freddo con riposo in celle frigorifere dove gli impasti possono riposare fino a 48-72 ore.

Pizza romana: porzionatura e cottura

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Le palline di impasto sono porzionate tra i 150 e 180 g di peso e fatte riposare fino al momento di stenderle sul banco di lavoro. prima era stesa solo con il mattarello: questa tecnica è stata quasi abbandonata La romana classica nei decenni passati era stesa rigorosamente a mattarello permettendo all’impasto di arrivare a uno spessore esiguo che sviluppasse in cottura le caratteristiche bruciacchiature unite a una massima friabilità della pasta una volta cotta. Negli ultimi anni la stesura a mattarello è stata quasi abbandonata preferendo stesure a mano grazie a un’abbondante spolverizzata di farina sul banco. La romana scrocchiarella si presenta come una sfoglia di pasta condita con lo spicchio che una volta tagliato resta dritto senza afflosciarsi come accade nella pizza napoletana. La cottura in forno con temperature intorno ai 380-400 °C permette di asciugare al meglio le pizze rendendole croccanti e friabili.

Non chiamatela pizza

Si sente spesso dire dai sostenitori della Pizza Napoletana “non chiamatela pizza” quando si parla della romana o delle altre tipologie. Ebbene, è un concetto sbagliato. Esiste un disciplinare per la Pizza Napoletana, ma definisce appunto la sola Pizza Napoletana, non gli altri tipi di pizza, che senza aggiungere l’aggettivo napoletana possono assolutamente chiamarsi pizza, almeno in termini di corretta nomenclatura. Segnalo inoltre che al contrario, quando non si segue alla lettera il disciplinare della Pizza Napoletana, non si può assolutamente chiamarla tale, per legge.

In conclusione

Quando l’impasto è fatto e steso ad arte, quando gli ingredienti sono di qualità, quando la mano del pizzaiolo, che sia professionista o amatoriale, è buona e la tecnica affinata, la pizza è tutta buona. Certo, ci possono essere preferenze personali sugli stili, ma oggettivamente un lavoro fatto bene dà ottimi risultati. Non vale quindi la pena perpetrare questa antica lotta senza quartiere della Pizza Napoletana contro tutti, sarebbe invece bello contaminare gli stili per crearne di nuovi, come è successo a Roma con la nuova pizza ormai tipica delle grandi pizzerie, quella con il cornicione alla napoletana ma con la nota crunch dell’impasto tipico della pizza capitolina. Peace, love and eat pizzas.