Singapore diventa la nuova casa dei World’s 50 Best Restaurants
Sarà Singapore la nuova città pronta a ospitare le cerimonie dei World’s 50 Best Restaurants e non solo: vi spieghiamo il perché di questa scelta.
È Singapore la nuova protagonista del mondo World’s 50 Best Restaurants. Pochi giorni fa l’annuncio che la città ospiterà i World’s 50 Best Restaurants nel 2019, gli Asia’s 50 Best Bars nel 2019 e nel 2020, e nel 2021 persino i World’s 50 Best Bars, che lasceranno dopo oltre 10 anni Londra per diventare in questo modo globali. singapore ospiterà i world's 50 best restaurants per il 2019, ma anche altri tre eventi L’accordo con il Singapore Tourism Board conferma l’ingresso della città tra le capitali mondiali della gastronomia e la consacra stella nascente (già nata in realtà) della miscelazione. Il nome era circolato già a Bilbao all’edizione dei World’s 50 Best Restaurants 2018 (anche se in molti temevano vincesse Las Vegas). Alla serata di premiazione c’era infatti una rappresentanza del Tourism Board proprio per osservare e studiare la fattibilità dell’evento. Organizzare la serata degli Awards non è una passeggiata ma la Città del Leone era pronta da tempo e infatti non ne organizza solo una ma ben 4 e per i prossimi 3 anni diventa la nuova casa della famiglia 50 Best. Questo risultato viene da lontano.
Perché Singapore
Da tempo Singapore punta a posizionarsi per la sua proposta gastronomica. E non a torto. Da 3 anni è sbarcata la Guida Michelin in città che ha incoronato non solo i ristoranti gourmet ma anche lo street food (ma ancora non si sono viste 3 stelle). Tanti chef talentuosi si sono trasferiti qui negli ultimi 15 anni, per realizzare i loro progetti ad alto budget. Così i bar. Fino a 10 anni fa pensavi a Singapore e ti veniva in mente il Singapore Sling, dolciastro e color ciliegia, servito al bar dell’hotel Raffles, in mezzo a folle di turisti, oppure i bar un po’ cheap di Clarke Quay; adesso la scena si è evoluta e Singapore ospita locali che sembra di stare a New York. Non è casuale che nella recente classifica dei World’s 50 Best Bars è la meta al mondo con più insegne in lista, ben 5, dopo i 10 rispettivamente di New York e Londra che hanno una tradizione ben più lunga. E se ancora non pensate che Singapore sia una meta foodie vi diamo ben 4 motivi per ricredervi.
Odette e gli chef da mezzo mondo
Due stelle Michelin guadagnate fin dalla sua apertura nel 2016 e confermate nel 2018, Odette è il nuovo tempio della gastronomia made in Singapore. Nella scenografica National Gallery, il ristorante guidato dal brillante Julien Royer propone una cucina moderna francese con una cura assoluta degli ingredienti. Royer non ha certo avuto timore di prendere il posto di un altro grande in città che ha segnato un’epoca, André Chiang che ha stupito molti decidendo di chiudere il suo André per tornare a Taipei e lavorare su altri progetti (ne abbiamo parlato in occasione degli Asia’s 50 Best Restaurants 2018). Ma l’alta gastronomia ha in serbo numerose sorprese, basta pensare alla recente stella guadagnata da Burnt Ends dello chef Dave Pynt, che si diverte a giocare con griglia e fuoco vivo. La città non smette di attrarre insegne e nuove aperture.
La new wave dei bar
12 anni fa a dare la svolta al mondo bar di Singapore ci ha pensato uno chef Uk, Ryan Clift. Il suo Tippling Club ha da sempre lavorato sul binomio drink e food e ha avviato una nuova generazione di giovani bartender di talento. il tippling club ha aperto la strada al binomio drink e food nei bar di singapore Il più noto è Joe Schofield, che è stato appena premiato dall’Academy come Bartender dei bartender ai World’s 50 Best Bars. Joe collabora con Ryan anche sul progetto di consulenza Sensorium e nel 2019 aprirà un bar che porta il suo nome a Manchester. Tra i locali dove andare il 28 Hong Kong Street è uno dei più amati. Ma il vero talento si chiama Vijay Mudaliar che con il suo Native sta attirando appassionati di cocktail di mezzo mondo. Dietro al bancone, i cocktail sono realizzati esclusivamente con ingredienti e spirits asiatici. Una sfida, che lascia spazio anche a qualche ricetta estrema, come il drink a base di formiche locali, un messaggio per la sostenibilità e la cucina del futuro.
Street food per tutti i gusti
Tra i grattacieli scintillanti c’è un cuore che batte: è quello dello street food che sebbene più precisino e ordinatino di altre destinazioni dell’area, diverte ed è premiato. Nella guida Michelin anche nel 2018 si confermano i due chioschi su strada, il Liao Fan Hong Kong Soya Sauce Chicken Rice & Noodle e lo Hill Street Tai Hwa Pork Noodle. Il cibo di strada da queste parti è una esperienza da fare e non c’è solo Chinatown. Nel quartiere di Little India, per pochi dollari, mangi un profumatissimo e cremoso curry di verdure, seduto ai banchi del mercato Tekka Centre, dove fanno la spesa anche gli chef più famosi. Invece, nella zona musulmana di Kampong Glam, a maggioranza di origine malese e indonesiana, tra le boutique hipster e modaiole, spunta il notissimo Zam Zam. Si fa la fila fuori e ci si conquista un tavolo tra la folla, per assaggiare il loro famoso murtabak, una frittella salata, ripiena e speziata.
La cucina Peranakan tutta da scoprire
A 2 anni di distanza conserva ancora la sua stella. Candlenut è stato il primo ristorante di cucina Peranakan a guadagnare questo onore. Qui ai fornelli c’e il giovane trentunenne Malcom Lee. La sua cucina pesca e rinnova la tradizione Peranakan, la cucina della tradizione peranakan unisce elementi cinesi e malesi la particolare cultura dello Stretto che unisce elementi cinesi e malesi. Un riconoscimento non da poco che ha fatto riscoprire la cultura più antica e autentica della Città del Leone e messo la Peranakan accanto alle più importanti cucine asiatiche e internazionali. Un esempio della sua creatività? Il dessert a base di Buah Keluak. Sembra cioccolato ma è in realtà una crema fatta con la tipica noce nera indonesiana, usata per diversi piatti, in tutta questa parte dell’Asia, ma mai in versione dolce. La cultura Peranakan è così diventata un fenomeno di interesse e in particolare il quartiere di Joo Chat con le sue basse casette colorate e le pasticcerie tradizionali come la Chin Mee Chin, dagli arredi e l’atmosfera anni Cinquanta. A colazione va ordinato un Kopi, cioè un caffè, da accompagnare con un toast imburrato di kaya, la tipica marmellata di cocco e uova (una bomba calorica dolcissima ma soddisfacente). E per chi vuole approfondire, in zona ci sono il Peranakan Museum e la piccola casa-museo The Intan, gestita da Alvin Yapp. È un centro culturale, aperto su appuntamento, dove Alvin colleziona e raccoglie da anni pezzi di arredo, oggetti, tessuti della sua cultura d’origine.