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Non solo riso: perché il Giappone ama il pane

di Luciana Squadrilli 20 Maggio 2019 14:10

In Giappone bakery, boulangerie francesi e panetterie all’italiana sono sempre più diffuse: ecco com’è cambiata la panificazione in città come Tokyo.

Soffici pani in cassetta, croissant sfogliati, pagnotte paysanne dalla crosta croccante e la mollica morbida, mini quiche, bretzel intrecciati alla perfezione e panini conditi nei modi più svariati. in giappone sono sempre più diffuse le panetterie, bakery e boulangerie Non è l’assortimento di una boulangerie francese particolarmente aperta alle altre tradizioni europee, ma solo un assaggio di quello che si può trovare curiosando tra i banchi delle tante bakery di Tokyo; che si tratti del punto vendita in una delle numerose food court ospitate nei seminterrati dei grandi magazzini di lusso o delle stazioni principali – come il bel Tokyu Food Show a Shibuya o Matsuya a Ginza – o di vere e proprie panetterie disseminate nei diversi quartieri della città. Da quando il pane di stampo francese e italiano ha iniziato a prendere piede sul serio in Giappone, spesso sostituendo il riso (tanto che ne ha risentito anche la coltivazione e produzione nazionale dell’alimento simbolo per eccellenza della dieta giapponese, con la scomparsa di numerose risaie), la panificazione è diventata un’arte sempre più diffusa e raffinata.

Sperimentazione nipponica

Introdotto per la prima volta nel 1543 dai missionari portoghesi – gli stessi cui si deve la tradizione della tempura – è solo nell’800, ai tempi della Guerra dell’Oppio, che il consumo di pane si è diffuso in Giappone come sostentamento delle truppe.dopo la seconda guerra mondiale i giapponesi iniziano a sperimentare con il pane  Sostenuto anche dal processo di occidentalizzazione del Giappone all’epoca del Rinnovamento Meiji (a partire dal 1868), il pane è diventato definitivamente un alimento comune dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, grazie all’invio di grandi quantità di grano come parte dei programmi di aiuto alla popolazione duramente colpita dalla guerra e dal disastro nucleare. Nel frattempo, però, i panificatori giapponesi avevano iniziato a sperimentare con le farine occidentali ma pure con quelle locali, insieme ad altri ingredienti, creando pani e ricette originali – perlopiù dolci – come l’anpan (panini dolci arrotolati, con lievito naturale a base di riso fermentato, e farciti con pasta di fagioli rossi o bianchi, sesamo o castagne), il kare-pan (pane fritto ripieno di curry, che in Giappone è tradizionalmente servito con il riso) e soprattutto il melon-pan o melon bread: un panino dall’impasto super soffice e lievemente dolce ricoperto sulla superficie superiore da un sottile strato di pasta biscotto, incisa in modo da ricordare la buccia reticolata di un melone cantalupo.

L’amore per la panificazione europea

L’arrivo della baguette francese – e di un buon assortimento di viennoiserie varia – risale al 1888, con l’apertura di Sekiguchi France-pan, a Bunkyo, dove oggi si sfornano oltre 100 tipi diversi di pane incluse le baguette al tè matcha. Nel 1933 apre invece a Karuizawa la Boulangerie Asanoya, che riscuote un grande successo rifornendo le principali ambasciate europee e oggi ha un punto vendita anche nella food hall di Matsuya a Ginza. È soprattutto negli ultimi 10 anni, però, che lo stile di panificazione artigianale di stampo occidentale e in particolare europeo, con attenzione alla provenienza dei grani e degli altri ingredienti e alle tecniche di lievitazione e cottura, ha definitivamente preso piede in Giappone e soprattutto a Tokyo, ad opera di grandi boulanger francesi ma anche di eccellenti colleghi giapponesi.

Così ci racconta, ad esempio, Masaaki Kikuchi, direttore dell’Hillside Pantry a Dakanyama, moderno quartiere cuore dello shopping più trendy (o oshare, in giapponese) gastronomico e non. molta gente ormai compra il pane ogni giornoA Tokyo il pane è cresciuto molto negli ultimi dieci anni. Oggi c’è molta gente che lo compra ogni giorno, tante persone anziane del quartiere vengono qui a prendere la loro baguette. Da noi è tutto sempre fresco, non usiamo niente di congelato o prelavorato”, spiega orgoglioso Kikuchi mentre ci mostra il laboratorio e grossi sacchi delle farine – in arrivo dall’Occidente e dalla penisola di Hokkaido, al nord del Giappone – che sono miscelate ad hoc a seconda delle ricette. Caffetteria, delicatessen, negozio di gastronomia e panetteria, l’Hillside Pantry è un punto di riferimento in zona per tutto ciò che è buono a cominciare dal pane appena sfornato: da quello con il curry o con l’anko (la marmellata di fagioli rossi Azuki) alle pagnotte rustiche, dal pane con fichi e noci o con alici e pomodori secchi – di chiara influenza italiana – fino ai panini impastati con il formaggio, che qui spesso sostituiscono l’idea del pane e companatico e diventano la scelta preferita per una pausa pranzo completa, golosa e dal sapore esotico.

L’influenza italiana

Se gran parte delle bakery di Tokyo guidate da artigiani giapponesi s’ispira dichiaratamente alla tradizione francese e – più di recente – a quella del Nord Europa, in un tripudio di cinnamon rolls, strudel e pane di segale, l’influenza italiana ha invece creato già diverse generazioni di bravissimi pizzaioli autoctoni che sfornano pizze napoletane da manuale ma anche pizze di stile più moderno e originale, mescolando farine e lavorazioni italiane a ingredienti e sapori locali. Eppure non mancano grandi nomi a tenere alta la bandiera dell’arte bianca tricolore nella capitale nipponica: dai cornetti e le focacce di Princi, da poco sbarcati nella zona di Nakameguro all’interno della Reserve Roastery Tokyo di Starbucks, fino al cestino del pane realizzato da Fabrizio Fiorani – appena premiato come Best Pastry Chef all’edizione 2019 degli Asia’s 50 Best Restaurants – per il lussuoso Ristorante Luca Fantin di Bulgari a Ginza, dove ha curato fino a pochi giorni fa, prima di rientrare in Italia, anche la pasticceria e il cioccolato.

Proprio come per le portate del menu, qui il pane – che, ci spiega Fabrizio, è in effetti concepito come una portata vera e propria anziché un compagno di viaggio per tutto il pasto – il pane al ristorante luca fantin è un compagno di viaggio del pasto è al 100% italiano e non si piega a gusti e abitudini locali. “Il pane e l’acqua – prosegue – sono un simbolo per eccellenza dell’ospitalità italiana, e noi vi dedichiamo un’attenzione quasi religiosa”. Ecco perché l’ospite de Il Ristorante Luca Fantin, appena si siede al tavolo, è accolto con i fragranti grissini di polenta che Fabrizio prepara con la farina di mais del Mulino Marino, accompagnati dall’acqua che preferisce. Poi, insieme all’antipasto arriva la pagnotta appena sfornata a ogni servizio – a base di farina bianca e lievito madre – accompagnata da una selezione di oli extravergine italiani e giapponesi e di sali differenti: “Niente funziona meglio, l’olio ci rappresenta e noi non serviamo burro in tavola”. Con le portate a base di pesce, però, lo cucina manda in tavola una girella sfogliata con il burro giapponese che aggiunge un tocco di golosità alla portata più delicata del menu. “Fino a qualche mese fa avevamo altri due pani in linea ma, con il caldo, abbiamo deciso di eliminarle. Anche perché se il pane è troppo buono il cliente non mangia il dessert!

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