Home Mangiare Ristoranti Ristoranti Creativi Fumiko Sakai: il Giappone discreto de Il Bikini

Fumiko Sakai: il Giappone discreto de Il Bikini

di Pamela Panebianco • Pubblicato 6 Giugno 2019 Aggiornato 18 Ottobre 2021 11:54

Fumiko Sakai è la Chef del Bikini di Vico Equense, porta in tavola una cucina tradizionale campana impreziosita da elementi di cucina giapponese.

Il Bikini è così: ci arrivi attraverso una strada tutta curve che segue la Costiera Sorrentina. Vico Equense è un borgo piccolo e raggiungere il ristorante è semplice. Attraversi il cancello, ti avvicini alla spiaggia poi via su per una scalinata che ti sembra essere in un angiporto di una qualsiasi città di mare, salvo che qui il cammino per le ripide scale è lussureggiante di piante basse, macchia e succulente. Ti tiri su e l’aria che fendi si fa via via più salmastra quando dalla spiaggia ti sposti verso il costone che la sovrasta. Lì il ristorante. Ampia sala interna e una delle terrazze più belle che si possa sognare di vedere. In una giornata limpida di sole non puoi fare a meno di scrutare l’orizzonte e perderti a decifrare sempre con più minuzia i contorni della costiera.

Giorgio Scarselli, padrone di casa, è ubiquitario: tanto in sala tra gli ospiti a elargire sorrisi benevolenti, quanto al fianco delle donne e degli uomini di sala, e in più nelle retrovie a rendere impeccabile il servizio. menu corposo senza essere ridondante; unico senza ostentare singolarità Quest’ultimo, occorre dirlo, sa diventare all’occorrenza formale o rilassato come questo angolo di volta in volta ispira. Che tipo di uomo sia Giorgio, lo capisci quando ti si avvicina a passo sicuro e ti chiede informazioni su un ingrediente nuovo che vorrebbe inserire in carta: lo chiede a te, perché è su Agrodolce che ne ha letto la storia, perché è affascinato dal racconto che ne è stato fatto. Cerca nuova fonte di ispirazione per la cucina de Il Bikini. Curioso e mai domo, ma soprattutto rasserenato da questa sete di novità. Un ingrediente nuovo per la sua chef aggiungerà una nuova suggestione al menu. Menu corposo senza essere ridondante. Unico senza ostentare singolarità.

In cucina dal 2018, Fumiko Sakai -chiari i natali giapponesi – viene da Yokosuka a sud di Tokyo. Chef dal garbo innato e dal tocco leggero, si muove tra un brodo di dashi e gli spaghetti alla nerano come solo una donna leggiadra ma concentrata sa fare. Che Il Bikini sia sinonimo di materia prima di estrema qualità e lavorazione minuziosa è un dato incontrovertibile, lo è da anni, da decenni, da quando il padre di Giorgio, Riccardo, ha reso Il Bikini quello che è. Ma da quando la chef nipponica presiede il pass, i piatti si sono arricchiti di una tecnica ancora più solida e di una visione prospettica completa sulla tradizione partenopea in tutte le sue declinazioni. Fino a decontestualizzarla. Una cucina degli opposti.

Intervistare Fumiko è una bella sfida: da 10 anni in Italia, ha girato in lungo più e più volte la Penisola. Gli inizi piemontesi, i passaggi in Toscana e Umbria, spingendosi fino alle cucine di Gennarino Esposito, fumiko ha girato la penisola per 10 anni fino ad approdare al bikini dove è rimasta per 8 anni, per poi approdare a Positano e giungere a casa Scarselli. Parlare con lei rivela una sequela indomita di pensieri e riferimenti: al Giappone, alla sua gavetta, a quello che vorrebbe fare in futuro, a come sia arrivata a comandare una brigata eterogenea ma rodata, di ragazzi campani e nipponici. Se le chiedi della sua cucina, ti dice che è semplice “Quando tutti giocano a fare i giapponesi, io voglio portare in tavola una cucina lontana dalle esagerazioni. Il trucco sta nel far sentire un tocco giapponese, sfruttando gli ingredienti del territorio”. E mi fa l’esempio della soia, il cui gusto leggermente tostato e decisamente sapido, si può ottenere in molti svariati modi, con le materie prime qui disponibili. La sua cucina quindi non è alla ricerca spasmodica della tecnica, non vuole portare le sue origini a sovrastare la territorialità campana, non è una corsa verso le estreme conseguenze. “Non cerco la pulizia a tutti i costi, preferisco leggere nei commensali la soddisfazione“.

Ne viene fuori una cucina seducente e ampia, in cui il Giappone è solo una delle innumerevoli sfaccettature. Si inizia con gli amuse-bouche: il baccalà è mantecato e racchiuso in pasta sfoglia croccantissina; il macaron è ripieno di fegato di ricciola; la finta cozza in cui la valva di riso al nero racchiude un muscolo, scioglievole. Si è rassicurati dalla possenza familiare dei sapori. Poi si procede con gli antipasti che decontestualizzano lo scorrere del tempo. E la mia non vuole essere una arzigogolata iperbole. L’antipasto ha la felice complessità gustativa che solo il connubio tra pappacelle (peperoni del territorio) pomodori e cavolfiori sa dare a un pesce, il merluzzo marinato, che nulla cede al trittico di verdure e anzi rivaleggia per consistenza e gusto. Come può non ricordarvi il Natale questa insalata di rinforzo che però è palesemente fresca in questa nuova veste, cremosa e croccante?

Come fa a non richiamare la fine di dicembre il Carciofo di Schito arrostito con salsa di biscotto roccocò e arance, essendo tremendamente primaverile? E non è una ode alle mezze misure, alle colture più longeve di una stagione. È un preciso disegno volto a parlare di tradizione pur non ascrivendola a una festività e al suo contorno. Pur nel solco della voluttuosità di ingredienti rotondi, riconoscibili, consueti. Fumiko mi spiega com’è nato il piatto, di come cuocere un carciofo alla brace sia un riferimento alla cucina paesana fatta di pochi elementi ma curati fino a ottenere il meglio da ciascuno. Il carciofo tostato è ingentilito dall’agrumato della salsa all’arancia, trova la sua quadra nella dolcezza delicata del roccocò sbriciolato.

Il Risotto fave, palamita alla pizzaiola e yogurt di bufala e i Ravioli seppia e piselli (in foto) sono una endiadi, ricchi ma freschi, semplici ma non austeri, stagionali ma non consueti. il bisogno di crescere come professionista, come chef Poi c’è il Giappone silente del Broccolo nostrano e arzilla. Che a leggerlo così è un piatto semplice per non dire banale. E invece ha la possenza del Mediterraneo e la grazia del Giappone. La razza è marinata nel Kombucha, tè di funghi che fermenta e diventa leggermente alcolico, al piatto è aggiunta colatura di alici e miele per bilanciarne il sapore. I broccoli poi sono cremosi pur essendo presentati in cubetti, un tocco agrumato pulisce il palato. Plurimo senza essere complesso. Sono piatti in cui trovano eco le parole della chef: “Ci vuole tempo per diventare dei professionisti. Bisogna provare e sperimentare, riflettere e mettere insieme le idee per creare un progetto”. E ancora, “sento il bisogno di crescere come professionista, come chef.” E il pensiero corre ai progetti futuri, a uno in particolare che pare potrà sconvolgere completamente le carte in tavola. Un nuovo corso del Bikini che sta arrivando. Con il mare sempre di fronte e la cucina di Fumiko a compiere un ennesimo passo in avanti.