La cucina indiana è una miniera di tipi di pane differenti: oltre al più noto naan ci sono pani sfogliati, croccanti, morbidi, bassi, lievitati.
Delle molteplici combinazioni della cucina indiana non si parlerà mai a sufficienza, perché un territorio tanto vasto, così variegato negli ecosistemi come nelle usanze, visceralmente legato alla terra come pochi posti al mondo, non può essere ricondotto e narrato sotto un unico cappello: in India non esiste un curry unico come non esiste un solo unico formato di pasta secca. il pane in india assume ruoli, consistenze e sapori diversi di volta in volta Dalla colazione alla cena, anche un elemento apparentemente semplice come il pane assume ruoli, consistenze e sapori diversi di volta in volta: se nel Nord dell’India si incontrano paratha, kulcha e poori, nelle regioni orientali si preferiscono le morbide consistenze del luchis e delle pitha, a Sud si incontrano dosa, idlis e parotta mentre a Ovest regnano chelas e bhaji. Le occasioni di consumo dei diversi pani cambiano con gli intingoli e i piatti che accompagnano, diventando di volta in volta strumenti per raccogliere, avvolgere o esaltare il cibo. Comun denominatore, per tutti, la farina di grano duro integrale (atta), mescolata a seconda delle preparazioni con farine di miglio, di sorgo, di riso, di lenticchie o di mais per arricchire il sapore della pasta, valorizzata poi con cotture che spaziano dalle piastre in ghisa – conosciute come tawa – ai forni in mattoni fino alle fritture espresse. Per darvi un’idea, ecco un piccolo bignami dei principali tipi di pane indiano che potete incontrare a tavola.
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Chapati. Per avere un’idea di quanto deve essere sottile il chapati, basti pensare che in lingua Indi chapat significa schiaffo. Originario del Punjab, questo pane è forse il più famoso tra quelli elencati. Ottimo con praticamente tutte le preparazioni, ha una consistenza morbida che si esalta con l’aggiunta, all’impasto di farina e acqua, di latte o yogurt. Steso sottilmente e cotto nella tawa, è cotto un attimo prima del consumo per godere del profumo leggermente nocciolato che emana quando si spezza. Basico.
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Parotta. Si dice che il merito dell’invenzione del parotta sia da dividere tra Kerala e Sri Lanka. Pane da colazione per eccellenza, la sua preparazione richiede pazienza e tempo a disposizione, perché il segreto della sua bontà risiede nella croccantezza dei molti strati di pasta di cui è composto, oltre che nel gusto dolce del semolino e dello zucchero caramellato in padella e profumato di ghee. Street food per eccellenza, conosce il matrimonio perfetto con un dhal di lenticchie, gustato appena inzuppato. Goloso.
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Paratha. Il paratha è un pane noto per la consistenza leggermente gommosa, più densa del chapati e più croccante. Il segreto, anche qui, sta nella lunga lavorazione della pasta di pane e nell’abbondante dose di ghee tra i vari strati di pasta, nonché nella tawa al momento della cottura. Ottimo da solo, si trova anche farcito con patate, cavolfiori o aromatizzato con un semplice trito di menta, aglio e coriandolo. Croccante.
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Naan. Forse il pane più vecchio di tutti: la prima menzione di questa preparazione si trova nelle note di un poeta indo-persiano di epoca medievale, tale Amir Kushrau, che lo identifica come il cibo preferito per le colazioni alla corte dei Mughal. L’accompagnamento ideale per il pollo tandoori o per carni allo spiedo, il naan è cotto in forni tandoori, ha un profumo leggermente affumicato ed è migliore quando è farcito di paneer o di burro. Irrinunciabile.
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Puri. Come ogni pane indiano che si rispetti, si prepara a partire da farina integrale, acqua e sale. Il segreto del suo successo sta invece nella cottura: una volta steso in dischi, è fritto fino a intrappolare al suo interno l’aria creando delle magnifiche focaccine dorate e croccanti, piccoli dischi volanti che si sposano divinamente con piatti di curry vegetariano o semplicemente con una birra da aperitivo. Spaziale.
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Bhatura. Nella preparazione del bhatura, rispetto al puri cambia quasi solo la farina di base – detta maida, più fine della farina comune. Per arricchirlo, spesso si aggiungono yogurt e ghee, e la preparazione si allunga per attendere le 5 ore di riposo dell’impasto. Da gustare con un lassi o accompagnato da un curry di ceci, il bhatura – più grande del puri e meno croccante – si mangia appena fritto, dorato e profumato. Godurioso.
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Bhakri. Due scuole di preparazione dividono il mondo del bhakri: una prevede di cuocere l’impasto come una sorta di pancake sul tawa, l’altra lo vede morbido e inondato di ghee. Una terza, lo vede come una versione sbrigativa del chapati. Sembra fosse una sorta di pan di via per i contadini impegnati nelle coltivazioni del Sud, e che in assenza di forchette o cucchiai assolva meravigliosamente sia la funzione di posata che quella di scarpetta a fine pasto. Multiforme.
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Baati. Il baati è pane tradizionale del Rajastan, una regione dove la preparazione del pane prevede prima una bollitura delle forme e poi la cottura in un forno tandoori. Dalla consistenza piena e di forma rotonda, dura a lungo e ha un alto contenuto nutritivo. Il fatto poi che serva poca acqua per la sua preparazione, lo rende cibo perfetto per le zone desertiche e per i periodi di siccità. Senza mai dimenticarsi di cospargerlo di ghee, trova matrimonio perfetto nel thali, quando le palline dure di baati si tuffano nei curry morbidi di lenticchie rosse. Invitante.
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Kulcha. Tipico della cucina del Punjab, questo pane ha tra gli ingredienti la farina maida – quella del bhatura -, le patate, le cipolle e spezie miste a profusione. La cottura avviene in forno, fin quando i dischi si gonfiano e sono pronti a essere intinti nel chana masala, un altro piatto di curry a base di ceci. Ovviamente senza dimenticare un’abbondante spalmata di ghee. Decadente.