Aspettando Sherbeth a Catania: i 10 comandamenti del gelato
In attesa di Sherbeth a Catania, dal 26 al 29 settembre, abbiamo chiesto ad Antonio Cappadonia e Giovanna Musumeci i dieci dogmi del gelato siciliano.
Sarebbero da incidere sulle tavole i principi che animano la missione di due gelatieri siciliani, del maestro Antonio Cappadonia, e di una rappresentante della nuova generazione, Giovanna Musumeci. un credo che metto al centro l'identità del territorio e il valore dell'artigiano Dieci dogmi sull’arte del gelato siciliano rivolti ai gelatieri di oggi e di domani, specialmente adesso che siamo in attesa di Sherbeth, a Catania dal 26 al 29 settembre. Sono verità di un credo che mette al centro l’identità del territorio, il valore dell’uomo artigiano e il consumatore. Da comfort food, il passatempo che rinfresca amato da sempre da grandi e piccoli, il gelato si è elevato a un altro piano dove la questione della filosofia di produzione, che ingloba ricerca, sostegno alle piccole realtà produttive locali, alla biodiversità identificativa di un luogo, alla sua storia e tradizioni, è diventato il fattore discriminante. Negli ultimi anni è maturata l’esigenza di mettere una linea di demarcazione in un mondo piuttosto nebuloso che urla lo slogan gelato artigianale.
Le origini: il sorbetto di neve
In Sicilia la tematica del gelato di qualità è diciamo piuttosto endemica. Durante l’epoca araba si sviluppò la cultura dello sherbeth, l’antico sorbetto fatto con la neve delle neviere e aromatizzato con succo di arance, mandarini e limoni e fiori, in origine fu il sorbetto fatto con neve e succo di frutta da cui prende ispirazione proprio il festival siciliano che riunisce gelatieri di tutto il mondo ogni anno in Sicilia e di cui Cappadonia è il direttore tecnico e la Musumeci il condirettore. Federico II aveva fatto perfezionare il gelato officinale agli oli essenziali di limone, nepetella e gelsomino, tipologia su cui sta facendo ricerca oggi il gelatiere Maurizio Valguarnera di Palermo con il supporto di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Palermo. Francesco Procopio de Coltelli, cuoco e gelatiere siciliano, probabilmente nato a Palermo, affinò l’arte ad Aci Trezza con la neve dell’Etna per poi esportarla a Parigi fondando Le Procope nel 1686. Dopo la seconda guerra mondiale, a Catania lo svizzero Luca Caviezel avviò la prima scuola siciliana di gelateria e la pasticceria che rimarrà pietra miliare nella storia della città, uno dei massimi esponenti dell’arte del gelato artigianale chiamato in tutta Europa a tenere lezioni e incontri.
Il gelato siciliano secondo Cappadonia e Musumeci
“Fare il gelato è una vocazione. Appartiene alle nostre radici – commenta Antonio Cappadonia che a Cerda ha il suo centro produttivo e a Palermo due stazioni del gusto, come chiama i due punti vendita in centro -. Significa seguire un’etica, studiare, fare pratica e ricerca costantemente, perché nella tradizione c’è la conoscenza, nell’innovazione lo sviluppo. E significa essere ben radicati nel proprio territorio, attingere alla ricchezza di prodotti e saperi, essere orgogliosi prima di tutto della propria identità”. Parole ferme di un gelatiere nato da una famiglia di contadini, cresciuto in mezzo ad alberi di limone e mai separatosi da essi, fonte di ispirazione e sperimentazione. La materia prima rimane il perno di questo mestiere che per il maestro deve assolutamente essere tarato sui tempi lenti. “Noi non siamo staccati dalla Natura, l’Uomo è un suo complemento. Solo se siamo consapevoli di questo possiamo allora veramente produrre qualità. Lo stesso gusto di gelato varierà sempre, perché cambiano i pascoli, cambia il sapore del frutto anche durante lungo l’arco della sua stagione”.
Fondamenta di un pensiero pratico coltivato dall’altra parte dell’Isola da Giovanna Musumeci, laureata in Economia e Commercio specializzata nel marketing. Nel gelato artigianale, come professa la vulcanica e solare gelatiera, non ci deve essere trucco e non ci deve essere inganno. il consumatore va educato e il gelato non deve ingannare “Intanto il gelato è diretta espressione di chi lo fa, della sua filosofia. Proprio come qualsiasi opera d’arte – sottolinea la Musumeci -. Specchio dell’umore del gelatiere. È una materia che emana vita, la vita dell’uomo e del territorio in cui vive. Io non posso scegliere altro ingrediente se non la ciliegia che sta a venti minuti di macchina da casa mia. Il limone per me è il verdello che cresce nelle campagne qui intorno. In Sicilia vantiamo la mandorla di Noto, ma perché non devo usare pure quella di Castiglione, altrettanto buona, non conosciuta al grande pubblico? Questo è il concetto. Chi fa gelato mette nel prodotto valore culturale, etico, sociale e territoriale”. Il consumatore deve comprendere la differenza e spetta ai gelatieri condurlo, incuriosirlo, educarne il palato. Così come percepisce oggi il lavoro che fa lo chef stellato, apprezzerà piano piano il valore del gelato di alta qualità. Antonio Cappadonia e Giovanna Musumeci fanno parte di Gelatieri per il Gelato, il movimento culturale nazionale che riunisce chi opera secondo questi stessi intenti che si è dotato anche di un manifesto e regole di autodisciplina.
I dieci comandamenti del gelato (siciliano)
- Avere come solo e unico ingrediente il proprio territorio.
- Valorizzare il più possibile la biodiversità del luogo, seguendo il ciclo delle stagioni.
- Attingere al melting pot di culture su cui si fonda l’identità territoriale.
- Recuperare le tradizioni. Essere paladini della memoria.
- Essere rigorosi nella lavorazione, rispettosi della materia prima, non scendere mai a compromessi. Il gelato è un atto di verità.
- Sostenere, portando avanti il valore della tracciabilità, i piccoli produttori, le aziende che operano secondo criteri di qualità e rispetto dell’ambiente.
- Il gelato è un alimento, deve gratificare e anche nutrire nel modo più sano possibile.
- Fare un buon gelato richiede anche educare e informare sempre il consumatore.
- Avere cura di sé stessi. Lavorare con serenità. Il gelato rispecchia lo stato d’animo di chi lo fa.
- Studiare, formarsi, mettere la conoscenza e l’innovazione a servizio del sapere artigiano.