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Vi racconto com’è davvero fare il cameriere dopo il lockdown

di Lorenzo Farina 3 Giugno 2020 14:01

Fare il cameriere dopo il lockdown, com’è davvero? Ve lo raccontiamo con un esempio concreto, vissuto in prima persona con novità e mascherine costanti.

I ristoranti, seguendo le normative, riaprono e noi – comunicatori del settore – non possiamo non raccontarvi la nostra prima esperienza post-lockdown. Non sono ancora riuscito a godere della mia prima cena o pranzo fuori casa da cliente, ma sabato ho fatto il mio primo servizio da cameriere in mascherina e costantemente  igienizzato nel ristorante in cui lavoro. Pensavo sarebbe stato traumatico, invece è più normale del previsto.

  1. Il pre-servizio. Parola d’ordine: pulire. Tra le cose che più mi erano mancate durante la quarantena c’era senza alcun dubbio il lavoro e in particolare il contatto con le differenti tipologie di cliente. Non vedevo l’ora di ricominciare, nonostante l’idea della mascherina da tenere sempre indosso mi spaventasse parecchio. Di solito durante il pre-servizio si pulisce il locale: scopa (aspirapolvere se siete fortunati come me) e straccio per i pavimenti e straccio per i sanitari sono il minimo sindacale. Vista la situazione abbiamo pulito tutto, ma proprio tutto tutto; ogni angolo del locale, ogni mensola, ogni luogo dove qualcuno potesse poggiare una mano.
  2. La cena con i colleghi: un confronto sulla realtà. A cena, verso le 18.30, si parla della situazione attuale: la cassa integrazione dei mesi passati è arrivata solo tre giorni fa, ma almeno è arrivata. I proprietari non hanno ricevuto ancora nessuno dei contributi stanziati dal governo, fortunatamente però sono riusciti ad accedere a un prestito agevolato. Tuttavia, come molti altri del settore, non si sentono di accusare nessuno della situazione attuale, anzi credono che lo Stato abbia agito abbastanza bene.
  3. Apparecchiatura. Terminata la cena finisco di apparecchiare i tavoli. Già prima c’era molto spazio tra loro e la distanza di sicurezza di un metro tra ogni cliente era rispettata, ma si è deciso comunque di toglierne qualcuno in modo da trasmettere maggiore sicurezza. I prenotati sono più di quanti me ne aspettassi, diciamo il 70% di un sabato a.C. (avanti Covid), tutte coppie e un tavolo da quattro. Studio rapidamente il nuovo menu riuscendo a imparare poco e niente; dovrò farmi ripetere dallo chef ogni piatto prima di servirlo. Per finire, un bel bagno nel gel igienizzante. Mi cambio e il titolare mi regala una fantastica mascherina di stoffa nera lavabile che mi terrà compagnia per parecchi servizi.
  4. Il servizio e le regole per i clienti. Al contrario di quanto mi aspettassi ogni cliente è stato più che rispettoso delle regole. Appena entrati tutti quanti hanno utilizzato il gel igienizzante messo a disposizione all’ingresso. Una volta accomodati, oltre alle solite domande, abbiamo informato che per legge dovevamo conservare per 14 giorni il numero di telefono e il nominativo della persona che aveva prenotato. Nonostante questo fosse sufficiente, abbiamo chiesto le stesse informazioni anche all’altro/i commensale/i, a meno che non si trattasse di persona appartenente allo stesso nucleo familiare o, come ci piace dire ultimamente, di un congiunto. In questo caso, li abbiamo scherzosamente invitati a informarci di un eventuale rottura nel giro di due settimane. Tutti hanno indossato la mascherina ogni volta che si alzavano dal tavolo e si sono recati alla cassa un tavolo alla volta.
  5. Indossare la mascherina sempre. La mascherina mi ha creato qualche disagio, ma non così tanto da farmela odiare. Riuscivo a respirare senza problemi, anche se in cucina dopo qualche minuto diventava insopportabile: non invidio i poveri cuochi. Dopo la quinta volta che sono sceso in cantina a prendere un vino avevo il fiatone, ma questo è colpa dei mesi passati sul divano. I clienti non sempre riuscivano a capire quello che dicessi, specialmente se si trattava della spiegazione di un piatto, ma non era un problema ripeterlo. La cosa che più mi ha turbato è stata capire se loro cogliessero le mie espressioni: cerco sempre di sorridere il più possibile, in questo momento ancor di più, ma avevo il timore di risultare piatto, di non riuscire a comunicare se non con le parole. Le mascherine trasparenti non le ha ancora inventate nessuno?
  6. Considerazioni finali: un ritorno alla normalità? Tutto sommato l’atmosfera non era così anormale, anzi. I clienti non mi sono sembrati turbati dalla situazione e la spesa media non ha subito nessun calo. A ogni tavolo si parlava serenamente. Qualcuno ha preferito restare più sulle sue, ma probabilmente avevano questo atteggiamento anche prima. Nessuno sembrava comunque spaventato che il proprio piatto fosse contagiato o cose simili. Terminato il servizio ho mangiato un ottimo gelato che era avanzato e doveva essere nuovamente preparato il giorno dopo. Ho pulito posate e bicchieri e, come succedeva sempre prima, sono andato a bere una birra con un mio amico, a debita distanza.