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Miti da sfatare: il glutammato fa male?

di Silvia Cutolo 7 Ottobre 2022 15:00

Il glutammato monosodico fa davvero male? L’abbiamo chiesto alla nostra nutrizionista per avere chiaro il suo effetto sull’organismo.

Il glutammato monosodico o MSG è un additivo alimentare utilizzato a livello industriale per insaporire i cibi confezionati e per la preparazione dei dadi da brodo, vegetali o di carne. Il glutammato è naturalmente presente in tanti cibi, come carne e pomodori Dal punto di vista chimico è il sale sodico dell’acido glutammico, un aminoacido non essenziale (ossia un aminoacido che può essere sintetizzato dal corpo umano) e naturalmente presente in molti alimenti ricchi di proteine come latte e derivati, carne, verdure come funghi e pomodori. Il glutammato, sia che provenga dalle proteine alimentari, sia libero, è rapidamente assorbito a livello intestinale e utilizzato in un gran numero di processi fisiologici, svolge importanti funzioni come neurotrasmettitore eccitatorio del sistema nervoso centrale ed è coinvolto nei processi di apprendimento e memoria. Il glutammato è anche precursore dell’acido γ-aminobutirrico (GABA), il principale neurotrasmettitore con funzione inibitoria.

Il quinto gusto: umami

È inoltre il responsabile del quinto gusto chiamato l’umami, cioè sapido delizioso, che fu riconosciuto ufficialmente a livello mondiale come gusto quando ricercatori giapponesi scoprirono il recettore del glutammato localizzato sulla lingua. Proprio per questa capacità di stimolare i recettori del gusto, il glutammato è in grado di rendere più intensi i sapori dei cibi, poiché accresce l’effetto di altre componenti di attivazione del gusto, creando un complesso di sensazioni di piacere e appetibilità tipici degli alimenti in cui è presente glutammato.

Il glutammato nell’industria alimentare

La capacità di esaltare il gusto lo ha reso un ingrediente ampiamente utilizzato anche in occidente, in particolar modo nell’industria alimentare, come esaltatore di sapidità in prodotti preconfezionati, salse, condimenti, dadi da brodo e insaccati. Nelle etichette il glutammato monosodico è identificato e mascherato dalle sigle che vanno da E620 fino ad E625.

Sindrome del ristorante cinese

In passato il glutammato è stato definito il responsabile della Sindrome del Ristorante Cinese, caratterizzata da una sequenza di sintomi, In realtà la sindrome del ristorante cinese non esiste dal prurito al mal di testa, che colpirebbe chi ha consumato una eccessiva quantità di glutammato consumando piatti tipici orientali, che ne sono generalmente molto ricchi. Molti studi si sono susseguiti sul tema e dopo un iniziale momento di incertezza i risultati sono chiari: la Sindrome in questione non esiste, come confermato da una lunga serie di lavori, molti dei quali condotti in doppio cieco. Il consumo di glutammato monosodico non determina maggiori disturbi rispetto all’ingestione di un placebo. Analoghi studi sono stati eseguiti per quel che riguarda la comparsa di mal di testa o attacchi di asma: anche in questo caso non è stata rilevata alcuna correlazione significativa tra il consumo di glutammato e i sintomi in esame. Non è possibile escludere che alcuni soggetti presentino una particolare sensibilità al glutammato monosodico; questi soggetti potrebbero presentare sintomi rilevanti in seguito al consumo di quantità soglia della sostanza, stimata da alcuni introno ai 3 grammi per pasto, ma questa situazione non può essere estesa all’intera popolazione

Il glutammato fa male?

È giusto temere il glutammato monosodico? Dai risultati della ricerca non parrebbe. Solo ai neonati non va somministrato il glutammato La commissione congiunta di FAO e WHO per la valutazione degli additivi alimentari ha stabilito che l’assunzione possibile con la dieta, considerato l’uso comune di questa sostanza, non richiede che sia indicata una dose accettabile giornaliera (ADI). La valutazione riguarda anche donne in gravidanza e bambini, con l’unica eccezione di neonati al di sotto delle 12 settimane, per i quali si deve evitare somministrazione di glutammato. Analoghe le indicazioni dell’EFSA, l’Autorità Europea per la Sicurezza degli Alimenti, che indica comunque una dose massima giornaliera di circa 10g. Più articolato il parere dell’FDA, Food and Drug Administration, che rileva come in sottogruppi di popolazione sensibili al glutammato la dose giornaliera in grado di scatenare i sintomi tipici della Sindrome del Ristorante Cinese possa essere di circa 3 grammi in un singolo pasto per un adulto.

Le varie agenzie concordano tuttavia nell’escludere, alla luce dei dati attualmente disponibili, che il consumo di glutammato possa determinare danni neuronali o possa determinare alterazioni endocrine e rigettano l’ipotesi che il glutammato monosodico aggiunto agli alimenti possa differire in qualche maniera da quello naturalmente presente negli alimenti. Nella dieta comune troviamo il glutammato in una grande varietà di alimenti che consumiamo normalmente. L’alimento con il più elevato apporto di glutammato, libero e legato, è il parmigiano, oltre 11 g per 100 g di prodotto. Decisamente ricchi sono anche piselli, pomodori, mais, patate e spinaci.

Attenzione agli alimenti confezionati

Ricordiamo che il glutammato monosodico può essere presente in quantità nel cibo preconfezionato, in prodotti in scatola, in dadi ed estratti di carne o vegetali, in certi tipi di insaccati e altri prodotti il cui consumo dovrebbe essere decisamente ridotto in una dieta equilibrata e variata. In questo caso ridurre il consumo di questi alimenti e quindi il consumo di glutammato, non può che giovare alla nostra salute: ma il problema non sarebbe comunque il glutammato, quanto la qualità complessiva degli alimenti in cui più largamente è utilizzato.