La caponata siciliana è un piatto famoso in tutto il mondo ma che non possiede una ricetta univoca: ecco le versioni più celebri.
In ogni famiglia siciliana che si rispetti c’è un segreto gelosamente custodito, da tramandare soprattutto per via orale alle future generazioni. Ed è la ricetta della caponata. è parte della storia di ciascun nucleo familiare siculo in una variante che gli è propria Tra le preparazioni più famose al mondo, dove deve la sua celebrità alla famiglia Pensabene, conservieri di Palermo, che la commercializzarono inscatolata a partire dal 1869, la caponata è tanto difficile da preparare quanto semplice negli ingredienti. Antipasto o contorno che sia, è parte della storia di ciascun nucleo familiare in una variante che gli è propria. La storia della caponata è certamente antica, ma ancora piuttosto controversa. C’è la scuola di pensiero che ne trae etimo dal latino caupona, cioè l’osteria. Quella che la lega al verbo capulare, cioè “tagliuzzare minutamente”. E quella che ne demanda i natali alla cucina degli abili monsù (cuochi) di corte, che sembravano utilizzare queste verdure in agrodolce per condire il capone, la lampuga. Dopo una lunga trasformazione popolare – il pesce era cosa di ricchi – il piatto sarebbe arrivato a noi per come lo conosciamo.
Le versioni della caponata siciliana
Quale che sia la verità, non esiste una sola caponata: ne sono state censite qualcosa come oltre 30 versioni, con addizioni o sottrazioni che variano non solo al mutar della latitudine, ma anche di famiglia in famiglia. Se c’è un fil rouge è la melanzana scelta per essere fritta: rigorosamente una violetta di Palermo, lunga e soda, poco spugnosa, ideale per non assorbire troppo olio. E poi un’altra componente fondamentale, cioè la salsa agrodolce a base di aceto e zucchero. Per il resto, ci si muova da nord a sud, da est a ovest, ogni luogo ha la sua caponata.
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La variante palermitana è forse la più semplice, perché prevede il minor numero di ingredienti: ci sono melanzane, pomodori, sedano, cipolla, capperi, salsa di pomodoro, olive (verdi o bianche), olio, sale, aceto e zucchero. La ricetta originale prevede che le melanzane siano tagliate in tocchetti da circa 4 cm per lato, che le olive siano intere schiacciate e senza osso e che tutti i pezzi siano perfettamente distinguibili.
- La versione trapanese aggiunge agli ingredienti della variante palermitana le mandorle tostate.
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La caponata di Catania. Il luogo dove la caponata prevede l’aggiunta dei peperoni, con varianti locali di basilico, aglio, perfino patate.
- Caponata messinese. Messina, invece, quello in cui la salsa di pomodoro è sostituita dai pomodori pelati, che non immergono gli ortaggi nel sugo e che quindi rendono più distinguibili i sapori. Anche qui tornano le foglie di basilico.
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La versione Ciancianese prevede la prevalenza di carciofi, oltre al pomodoro pelato, le olive verdi, il succo di limone, il sedano, e la cipolla.
- La variante di Bivona prevede di unire a gli ingredienti di base della caponata e pesche locali e le pere di stagione.
- Caponata di Agrigento. Ad Agrigento, invece, si aggiungono i peperoni arramascati, cioè i friggitelli, preparati insieme a melanzane pomodoro, cipolla bianca o rossa , sedano, olive verdi, olive nere, capperi, aceto, miele, zucchero, aglio, olio e peperoncino, basilico, pinoli o mandorle e uvetta secca.
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Altre versioni particolari, infine, sono meno conosciute: quella di magro delle Madonìe, natalizia, detta cunigghiu, con baccalà, zucchine, pomodori, patate e odori. E la caponatina, in cui gli ingredienti sminuzzati non sono fritti ma cotti in forno e vi si aggiungono pezzetti di caciocavallo piccante ragusano.
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