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Cosa significa pastorizzare un alimento o una bevanda?

di Marta Manzo • Pubblicato 19 Gennaio 2021 Aggiornato 24 Ottobre 2022 15:45

La pastorizzazione è il processo termico che consente di allungare il tempo di conservazione di alimenti liquidi o semi liquidi: cosa dovete sapere.

Impiegata nel settore alimentare per garantire una più lunga conservazione degli alimenti, la pastorizzazione è un trattamento che consente di distruggere quegli agenti che provocherebbero alterazione in prodotti liquidi o semiliquidi, come batteri, funghi e lieviti. Senza perdere, se non in piccola parte, caratteristiche chimiche, fisiche e organolettiche. È il caso dei succhi di frutta, del latte, ma anche delle uova e della birra.

La prima pastorizzazione

A inventare questo procedimento è stato il chimico francese Louis Pasteur, che nel 1860 scoprì che il vino, scaldato a una temperatura di circa 55° C per qualche minuto, in assenza di ossigeno non subiva l’inacidimento, smettendo di fermentare. La scoperta fu il primo passo verso un miglioramento delle tecniche di conservazione e Pasteur, più avanti, applicò lo stesso procedimento all’aceto e alla birra.

Come avviene la pastorizzazione

Il trattamento termico cui vengono sottoposti gli alimenti tramite calore esercita un’azione battericida, che distrugge i microorganismi patogeni senza che i prodotti subiscano alterazioni organolettiche, al contrario di ciò che avviene con la sterilizzazione. Data, tuttavia, la bassa temperatura cui opera, la pastorizzazione non distrugge spore e microorganismi termofili, cioè quelli che riescono a tollerare le temperature di 60° C. Di conseguenza per garantire una buona conservazione del cibo, bisogna intervenire ulteriormente con altre sostanze chimiche, refrigerando quindi l’alimento o conservandolo sottovuoto.

Tipi di pastorizzazione

A seconda dell’alimento e della carica batterica presente si prevede un diverso processo di pastorizzazione: alta, bassa o rapida. Si parla della prima in caso di temperatura compresa tra i 75 e gli 85 gradi, per 2-3 minuti. Della seconda in caso di temperatura che oscilla tra i 60 e i 65 gradi, per una durata media di circa mezz’ora. Di pastorizzazione rapida – identificata dall’acronimo HTST – High Temperature Short Time – quando la temperatura è alta (75-85 gradi) per soli 15-20 secondi: si fa passare il liquido fra due lastre metalliche riscaldate, ottenendo in brevissimo tempo un innalzamento omogeneo della temperatura. Un ultimo tipo di procedura è l’UHT, tipico del latte conservato, in cui si ottiene anche la sterilizzazione dell’alimento, visto che la temperatura è ancor più elevata.

Alimenti pastorizzati

Alcuni alimenti pastorizzati sono quelli che compriamo abitualmente: abbiamo già nominato, per esempio, il latte, che sia fresco o conservato. La normativa in vigore riconosce almeno 5 tipi di latte pastorizzatofresco pastorizzato di alta qualità, fresco pastorizzato, pastorizzato microfiltrato, pastorizzato, pastorizzato a temperatura elevata e ESL(estesa durata di conservazione, dall’inglese Extended Shelf-Life) – con regole di conservazione molto precise. Anche la birra subisce questo trattamento termico: avviene dopo il confezionamento (nel caso dei fusti si utilizza il pastorizzatore a piastre) a una temperatura di 60° C e per circa 20 minuti, il che consente di prolungarne la conservazione.

Infine, anche le uova si trovano pastorizzate. O meglio, sicuramente gli albumi in brick di tetrapak, prodotto prima ad esclusivo appannaggio delle pasticcerie oggi molto diffuso per la preparazione di alimenti fit. E sicuramente anche le uova già sgusciate e confezionate proprio per la preparazione dei dolci. Le uova che acquistiamo fresche, invece, non sono pastorizzate, ma è possibile procedere con questa tecnica anche in casa, soprattutto quando ci servono da consumare crude, come nel tiramisù o per la maionese.

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