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Tu NON puoi entrare: tra lo storico e il ridicolo, i divieti d’ingresso nei ristoranti

di Nadine Solano • Pubblicato 14 Giugno 2021 Aggiornato 17 Giugno 2021 13:39

Il divieto di ingresso a cani e bambini nei ristoranti non è l’unico della storia: cinesi, italiani, politici e altre categorie sono state escluse.

La notizia ha fatto il giro d’Italia in un batter d’occhio: qualche giorno fa, il titolare di un ristorante romano ha deciso di vietare l’ingresso a bambini e cani. La questione, ovviamente, ha acceso roventi polemiche. Eppure non ci sarebbe da stupirsi, perché il famigerato Io non posso entrare non è – ahinoi – una novità. Attraversa il tempo, rimbalza in tutto il mondo, è sfociato e continua a sfociare nell’assurdità e anche nel ridicolo. Ricostruiamo il puzzle dei vari divieti, partendo proprio da bambini e cani e spiegandone le ragioni.

  1. Divieto per i bambini: i ristoranti childfree. Il fenomeno dei locali childfree ha origine negli Usa, gradualmente si è diffuso in diversi Paesi europei – Gran Bretagna e Germania in primis – e da qualche tempo sta purtroppo prendendo piede anche in Italia. Insomma, si moltiplicano i ristoranti che rifiutano di accogliere i più piccoli. Le loro motivazioni? I bambini fanno chiasso, rumore, spesso sono poco educati. Quindi disturbano gli adulti, guastando le atmosfere. Impedendo di assaporare i pasti con tranquillità. Tant’è.
  2. Divieto per i cani. Un divieto di lunga data, ancora tutt’altro che raro e con cui si ha a che fare a livello internazionale. I cani sporcano e danno fastidio, dicono. E molti clienti non tollerano di vederli nei ristoranti. Ma è legale questo “no” categorico? Riferendoci all’Italia, facciamo presente che il Regolamento di Polizia veterinaria prevede che gli amici a quattro zampe possano entrare nei locali pubblici, purché muniti di guinzaglio e museruola. La concessione e le condizioni trovano conferma nel manuale della Fipe, approvato dal Ministero della Salute. Naturalmente, gli animali non devono entrare a contatto con il cibo.
  3. Vietato l’ingresso agli italiani. Facciamo un salto indietro nel tempo. Dalla seconda metà dell’Ottocento iniziò una massiccia emigrazione di italiani, in cerca di fortuna altrove: in America soprattutto, ma anche in altri Paesi europei quali la Germania, la Svizzera, il Belgio. E ovunque, il cartello “Vietato l’ingresso agli italiani”, affisso sull’entrata di ristoranti e altri locali pubblici, divenne una mesta normalità. I nostri connazionali erano etichettati come individui sporchi, maleodoranti, pigri, criminali. Diversi, ovviamente in senso negativo. “Non sono – arrivò a dire il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon – come noi. La differenza sta nell’odore diverso, nell’aspetto diverso, nel modo di agire diverso”.
  4. Terroni? No grazie. Quanto vissuto dai nostri antenati avrebbe dovuto essere una lezione, infondere un senso di solidarietà e unione. Invece no: negli anni Sessanta e Settanta, la discriminazione vide protagonisti i meridionali trasferitisi nel Nord Italia. I terroni divennero presto un’importante forza lavoro, ma nonostante ciò non venivano visti di buon occhio. Anzi. Una delle conseguenze? Ovvio, non potevano entrare nella maggior parte dei ristoranti.
  5. Vade retro, giornalisti enogastronomici! Torniamo ai tempi d’oggi. Alcuni ristoratori sono allergici ai giornalisti e critici enogastronomici, soprattutto quelli che firmano le guide dell’Espresso e del Gambero Rosso. Pur riconoscendo la loro professionalità, titolari e gestori li considerano pericolosi, ritengono che basti un minuscolo errore per ottenere una recensione spietata, che i loro verdetti siano troppo influenzati dai gusti e dalle simpatie personali, ma anche da strane manie. Per questi motivi, più di qualcuno ha deciso di optare per un netto divieto d’ingresso (grazie a Dissapore per la foto).
  6. I politici nel mirino. Ci sono anche i ristoranti che vietano l’ingresso ai politici, in Italia per il momento se ne contano pochi ma non si esclude che l’idea possa fare presto proseliti. Questa particolare scelta rappresenta un modo per manifestare lo scontento nei confronti di chi governa il Paese, quindi non riguarda specifici partiti o schieramenti.
  7. Cinesi, nuovi untori. Questo è un divieto chiaramente derivante dalla più profonda ignoranza e superficialità: sempre nel nostro Paese, molto di recente, è accaduto che qualche ristoratore abbia impedito l’ingresso nel locale ai cinesi (e alle persone originarie dell’Asia, in generale), ma anche a chiunque fosse stato in Cina. Il motivo l’avete intuito? Sì, coincide con il Covid-19 e l’emergenza sanitaria. Insomma, sarebbero stati individuati i nuovi untori. Non ci sono parole per commentare. O forse ce ne sarebbero troppe.
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