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Putin: lo Champagne bevuto in Russia si produce in Russia

di Francesco Garbo

Putin firma una legge che stabilisce che può chiamarsi Champagne solo quello prodotto in Russia, il resto è semplicemente spumante.

Doccia fredda per i cugini francesi e battuta d’arresto per l’export delle bollicine d’Oltralpe verso la Russia. Secondo una legge varata da Putin potrà chiamarsi Shampanskoe, ovvero Champagne, solo il vino ottenuto con metodo champenoise prodotto in Russia. A conti fatti la legge vieta il commercio in Russia dei vini provenienti dall’estero con la dicitura Champagne in etichetta. Cosa ne sarà dell’esportazione del vino francese, allora? Potrà essere venduto ai sovietici ma si chiamerà semplicemente spumante. Decisione, questa, che non ha lasciato indifferente il mondo del vino né a maggior ragione i francesi.

La reazione dei francesi

Da Parigi è giunta immediata la risposta con lo stop all’esportazione di Moet & Chandon, Veuve Cliquot e Dom Perignon. Ma la questione è più complicata di quanto si possa pensare. E sospendere le esportazioni può servire a tutelarsi ma non risolve il problema. Non si tratta infatti solamente di difendere l’orgoglio nazionale o di una semplice questione di principio. In prima istanza se la legge non dovesse cambiare, si dovrebbe affrontare il problema del nome di questo vino. Il termine champagne, infatti, come è ben noto, non nasce come nome di fantasia ma si riferisce all’omonima regione della Champagne che per salvaguardare la propria produzione vitivinicola ha creato nel 1927 una AOC (denominazione di origine controllata). D’altra parte se Putin fosse irremovibile, prima di esportare Champagne in Russia occorrerebbe, dunque, avviare lunghe procedure burocratiche per richiedere una nuova certificazione ed etichettatura parallela e diversa da quella già esistente. La situazione può essere definita con un eufemismo ostica. Per esportare in russia la francia dovrebbe cambiare la sua storica denominazione La notizia, inoltre, lascia interdetta non solo la Francia, ma divide anche le opinioni dei russi stessi. Da una parte c’è chi pensa che il provvedimento non sia giusto, come Leonid Rafailov, direttore generale di una delle principali società distributrici di vini in Russia, che ha dichiarato,  forse con l’intento di poter continuare a commerciare tra i due Paesi “(c’è da) sperare che i francesi accettino di denominare spumante il loro Champagne“. Dall’altra c’è chi spera che sia l’irremovibile Putin a fare un passo indietro, per mantenere buoni i rapporti tra i due Paesi.

La risposta del Comité Champagne

Maxime Toubart e Jean-Marie Barillère, co-presidenti del Comité Champagne affermano: “privare gli Champenois del diritto di usare il nome Champagne è scandaloso; è il nostro patrimonio comune e la cosa per noi più preziosa”. Il Comité Champagne disapprova questa normativa anche perché priva di una sicura e trasparente informazione gli stessi consumatori russi. Il Comité si dispiace che questa nuova legge rimetta in discussione più di vent’anni di colloqui bilaterali tra l’Unione Europea e la Russia sulla protezione delle denominazioni d’origine.

E l’Italia?

L’Italia potrebbe essere l’unica a trarre vantaggio da questa guerra a colpi di bollicine. In quanto principali produttori di spumante, potremmo continuare a commerciare con la Russia senza subire contraccolpi. Coldiretti afferma che le esportazioni di spumante verso la Russia sono aumentate del 37% nell’ultimo anno. Magra consolazione che non sazia la nostra viva preoccupazione per le sorti dello straordinario Champagne francese a cui tutti siamo legati e guardiamo con ammirazione.