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Olio al tartufo: come capire quando è fake

di Nadine Solano • Pubblicato 18 Settembre 2021 Aggiornato 15 Ottobre 2021 15:43

Perfetto per condire uova, aromatizzare insalate o pasta: l’olio al tartufo è una specialità. Ma come capire quando è un fake?

L’olio al tartufo è pregiato quanto costoso. Proprio per questo, però, assai elevato è il rischio di ritrovarsi fra le mani un fake. Anzi, diciamola tutta: si tratta di uno fra gli alimenti più contraffatti. Prima di approfondire la questione, bisogna fare due fondamentali premesse. L'olio aromatizzato con tartufo fresco si mantiene non più di una settimana, quindi non può essere commercializzatoInnanzi tutto, l’olio aromatizzato con tartufo fresco si mantiene al massimo una settimana, dopo di che può anche diventare pericoloso per la salute. La lunga conservazione, in altre parole, non è possibile e di conseguenza non lo è neppure la commercializzazione; può fare eccezione qualche piccola bottega, ma non sempre conviene per ovvi motivi. Seconda premessa: sì, nei supermercati e nei negozi di alimentari è facile trovare bottiglie di olio tartufato con scaglie essiccate chiaramente visibili all’interno, ma si tenga presente che la disidratazione comporta la perdita di quasi tutti i componenti aromatici. Insomma, l’impatto visivo non va di pari passo con l’intensità del profumo e del sapore. E allora? Allora il segreto dell’olio di tartufo autentico, reperibile in commercio, non è il fungo ipogeo in sé, bensì la presenza dei suoi aromi naturali. Però la maggior parte dei prodotti ha una composizione diversa.

Aromi riprodotti in laboratorio

In quasi tutti gli oli al tartufo confezionati il fungo ipogeo è assente o presente in quantità ridotte ai minimi termini, sotto forma di scaglie essiccate che, lo ribadiamo, non conferiscono sostanzialmente alcun profumo; di contro abbondano gli aromi, generalmente il bismetiltiometano o il 2,4 – dithiapentane. E a questo proposito, un chiarimento è d’obbligo perché rappresenta il cuore della questione: sia il bismetiltiometano che il 2,4 – dithiapentane sono composti organici naturalmente presenti nei tartufi e hanno un ruolo fondamentale nella definizione del loro inconfondibile profumo. Il problema è che quelli utilizzati in commercio sono aromi di sintesi, riprodotti in laboratorio ovvero estratti dal petrolio (e l’imitazione è assai convincente). L’olio al tartufo così ottenuto ha, per i produttori, un prezzo irrisorio. Ma in compenso l’acquisto comporta una spesa non indifferente. Come scansare la truffa? Scopriamolo subito.

Leggere con attenzione l’etichetta

Non ci stancheremo mai di ripeterlo: bisogna leggere le etichette, perché sono rivelatrici. Per quanto riguarda l’olio al tartufo, le diciture prodotto contenente aroma, aromi, aroma, essenze sono dei campanelli di allarme, perché testimoniano la presenza di sostanze chimiche. Se invece si legge aroma naturale di tartufo, significa che è stato utilizzato un componente davvero estratto dal fungo. Attenzione anche a definizioni del tipo Condimento aromatizzato al tartufo o Condimento a base di olio extra vergine di oliva aromatizzato al tartufo Bianco.

Un altro trucco

Al di là dell’etichetta, si tenga presente che il bismetiltiometano punge e conferisce all’olio un retrogusto persistente. Entrano in ballo, quindi, i sensi: se è vero che l’olfatto in questo caso può essere ingannato con gli aromi chimici, è vero anche che il gusto diventa un nostro grande alleato.