Tartufo: Cerca e cavatura in Italia sono Patrimonio Unesco
“Cerca e cavatura del Tartufo” sono diventate patrimonio Unesco: abbiamo raggiunto alcuni rappresentati di questo mondo per saperne di più.
Come ci si sente a essere Patrimonio Unesco? Perché l’iscrizione tanto attesa della Cerca e cavatura del Tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali nel Patrimonio Immateriale dell’Unesco, avvenuta in questi giorni a Parigi da parte del Comitato Intergovernativo, è non solo uno straordinario risultato di 8 anni di lavoro ma soprattutto il riconoscimento del valore di un mondo vivissimo che in Italia non smette di rinnovarsi, fatto di persone, aziende ma soprattutto di alberi e animali. Abbiamo raccolto le reazioni, emozionate di questo mondo variegato e importante, a cominciare naturalmente dai tartufai, che con i loro splendidi cani, ogni giorno in stagione, percorrono boschi e cercano.
Uno sforzo di sistema
Ma partiamo dal riconoscimento. A novembre il parere positivo espresso dall’Organo di valutazione dell’Unesco aveva fatto ben sperare e ora il risultato tanto atteso. Un lungo percorso iniziato nel 2013 per volontà di una rete nazionale composta da singoli tartufai, libere associazioni, gruppi associati nella Federazione nazionale associazioni tartufai italiana (Fnati) e nell’Associazione nazionale delle Città del Tartufo (Anct) che raccoglie 62 realtà italiane tra Comuni, Unioni di Comuni, Parchi e Centri Studio di 14 regioni vocate alla produzione di tartufo. Anche il Ministero della Cultura ha contribuito al lavoro di coordinamento e alla formazione per allestire il dossier. Per il dossier della candidatura, il Comitato ha puntato tutto oltre il valore economico del tartufo, per indagare più a fondo gli scenari che lo vedono protagonista, il rapporto con le comunità, l’ambiente, la natura. Ha fatto emergere i saperi dei cercatori, la conoscenza dei territori e il valore storico. Un lavoro di ricerca approfondito e importante che resterà anche per le future generazioni.
“Siamo molto emozionati, per questo riconoscimento che porta al mondo una conoscenza così tradizionale – ci ha detto Antonella Brancadoro direttore Associazione nazionale delle Città del Tartufo – Il mondo oggi sta facendo una riflessione importante sulla biodiversità, sui cambiamenti climatici, sul rapporto profondo uomo/natura. E la cerca e cavatura del tartufo va in questa direzione, rappresenta tale attenzione. Ora il tartufo non sarà più solo prodotto, ma una cultura. Cambia il cono visivo, la consapevolezza, e questo grazie anche al grande lavoro che abbiamo fatto nel riportare alla luce, storia, leggende, tradizioni familiari. Il lavoro del tartufaio è solitamente schivo e solitario, rispettandone questa caratteristiche ne abbiamo però valorizzato il ruolo nelle comunità di appartenenza e portato tutto questo all’attenzione globale”. Brancadoro pensa alle future generazioni e sta già lavorando al piano triennale di “salvaguardia e applicazione delle buone pratiche” che l’iscrizione Unesco richiede. L’Associazione ha in programma una serie di incontri per promuovere convenzione e candidatura nelle scuole e nei musei, soprattutto nei piccoli borghi. E sul ruolo educativo del tartufo non ha dubbi anche Antonio Degiacomi, presidente del Centro Nazionale Studi Tartufo, che ha commentato: “Il riconoscimento Unesco farà conoscere nel mondo il fascino della cerca e cavatura del tartufo e sarà di sprone per continuare nel lavoro di coinvolgimento delle nostre comunità per il rispetto di natura, persone, animali.”
Alba tra i promotori
Uno vero sforzo di sistema, dunque, che ha visto tra i promotori anche il territorio d’Alba, riconosciuta a livello internazionale come la capitale del Bianco pregiato italiano. E non da ieri, ma da quasi un secolo. “Per noi significa molto, per tutto il mondo del tartufo italiano, è una candidatura italiana, fatta da tutti, lo accogliamo come il risultato di un lavoro collettivo di anni” ci ha detto Stefano Mosca, Direttore generale Ente Fiera Del Tartufo Bianco d’Alba e ancora: “Abbiamo da sempre sostenuto che il mondo del tartufo rappresenta non solo un ingrediente, un prodotto per la cucina e gli chef ma un pezzo della cultura del nostro paese, è un atto culturale, non importa da dove arrivi, o quale sia, perché ciò che sta dietro alla cerca è qualcosa che sta nelle tradizioni e nella cultura di ogni regione e territorio, nella cura di questi territori e che viene con orgoglio tramandato da generazioni. Un patrimonio da custodire”. Come Alba, Ente Fiera e Centro Nazionale Studi Tartufo, Mosca sottolinea come questo approccio culturale fosse già presente da anni nell’esperienza della manifestazione, non più solo mercato e vendita ma anche degustazioni, cerca con i tartufai, conferenze ed esperienze per italiani e turisti stranieri (che sono il 75% dei visitatori), senza snaturare le attività. E proprio il valore ambientale del tartufo è un tema che sta molto a cuore a Mosca: “Ho in mente di dedicare a questo tema un ciclo di incontri tutto l’anno e non solo nei giorni della Fiera.” La manifestazione ormai è sempre più diffusa non solo ad Alba, la scorsa edizione per esempio è stata coinvolta anche Asti e l’astigiano, tra i territori della regione più vocati.
Noi trifulau? Per me è una questione di famiglia
Da 20 anni in Piemonte i fratelli Pier Giorgio e Natale Romagnolo, sono pionieri dell’accoglienza, per il mondo del tartufo. Tra i primi nella regione (sono nell’Astigiano) , ad aprire la loro Casa del Trifulau a visitatori e turisti alla ricerca del tartufo. Ne raccontano il mondo, la cultura e il rapporto con i cani. Ormai famosi al punto da essere scelti da vip e media internazionali (di recente è stata super fotografata Lizzie, il loro talentuoso cane da tartufo), riescono però a mantenere l’autenticità dell’esperienza. Hanno iniziato da bambini, accompagnando il padre e ne continuano la tradizione. “Come mi sento? Emozionatissimo, è un riconoscimento che sento personale, famigliare, riguarda la mia vita, quello che ho scelto di fare e di condividere con gli altri. Non è come mangiare in un ristorante, la cerca è magia, è rapporto con la natura e con i miei cani. Noi trifulau siamo solo il tramite” ci ha raccontato Giorgio durante la cerca guidata. Non rivela i posti segreti in cui va di notte o al mattino presto, ma durante la visita con lui il mondo del tartufo si rivela tanto, nella sua complessità.
Tartufo, pura magia
Grande soddisfazione è stata espressa anche dai produttori, perché se c’è la cerca anche la coltivazione del nero è un tassello fondamentale nella conservazione di questo fungo ipogeo. Abbiamo sentito due grandi famiglie del Centro Italia. “È Unesco tutto ciò che è unico e strabiliante – ci ha detto Olga Urbani di Urbani Tartufi, produttori e cercatori da 6 generazioni in Umbria e oggi presenti in 80 paesi del mondo – La ricerca del tartufo è un vero miracolo della natura, è un punto di contatto unico ed irripetibile tra i misteri della terra e l’uomo, che si svela tra i rumori del bosco ed il profumo del tartufo, un sogno inseguito fin dall’antichità.” E che sia mistero e poesia prima di prodotto lo ribadisce anche un’altra famosa famiglia del tartufo, stavolta in Toscana, i Savini: “Il tartufo è un tesoro che Madre Natura culla, nutre e cresce. Gelosamente custodisce e poi, come per incanto, fa sì che si riesca a trovare e godere grazie al suo unico ed indescrivibile afrore” ci racconta Cristiano Savini, secondo cui “questo riconoscimento è del tutto meritato e per anni atteso. Anche per riconoscere un merito per coloro che, con la loro dedizione e passione fanno sì che questo diamante del bosco veda la luce e che noi tutti lo si possa apprezzare. Mi riferisco al tartufaio ed al suo fedele compagno a 4 zampe. E ho detto tutto“, conclude Cristiano Savini che con il suo Giotto Junior esce regolarmente a cercare. E anzi quest’anno il giovane cane ha anche trovato un mega tartufo bianco da quasi 800 grammi. Un bella soddisfazione.