Home Cibo 2022: 7 cose che non vogliamo portarci nel nuovo anno

2022: 7 cose che non vogliamo portarci nel nuovo anno

di Salvatore Cosenza

Cosa non vogliamo portarci nel 2022 per quanto riguarda cibo e mondo della ristorazione? Ecco 7 cose da buttare dalla finestra secondo noi.

È tempo di bilanci di fine anno: ci apprestiamo ad archiviare dodici mesi, manco a dirlo, complicati per la gastronomia e la ristorazione. E allora, cerchiamo di esorcizzare in anticipo questo 2022 come si faceva un tempo, quando le cose vecchie venivano lanciate dalla finestra, durante la notte di San Silvestro. Sogni o forse utopie su temi importanti, ma anche speranze su argomenti più leggeri. Senza prenderci troppo sul serio, ovviamente.

  1. I ristoratori sbirri. I governi inseguono il virus, ma quest’ultimo si diverte a prenderli puntualmente per il naso. Dopo le chiusure e le restrizioni è arrivato il Green Pass, ora anche in versione Super. La speranza (con la s rigorosamente minuscola) è che nel 2022 si possa tornare a frequentare i ristoranti senza troppe ansie, ma anche solo affrancare i ristoratori dallo svolgimento di compiti di polizia non sarebbe male.
  2. La carenza di personale. Strettamente correlata alla pandemia è la questione della carenza di personale nella ristorazione. Il servizio nei locali è mediamente peggiorato. Ci auguriamo che nel 2022 si possano creare condizioni favorevoli per porre fine a questa crisi di vocazioni. Così ci risparmieremo pure i noiosissimi derby tra favorevoli e contrari al reddito di cittadinanza, che c’entra fino a un certo punto.
  3. La scusa dell’inflazione. Da leggere rigorosamente col tono usato per i titoli dei TG: Materie prime che scarseggiano, costi energetici alle stelle: l’inflazione si impenna. In effetti lo scontrino medio negli ultimi mesi è aumentato sia al supermercato che al ristorante. Per il 2022 faremmo volentieri a meno di ulteriori rincari, soprattutto quelli non giustificati, ché a pensar male, si sa, è peccato, ma a volte si indovina.
  4. Le Guide distratte. Nonostante una digitalizzazione non ancora completa, la critica gastronomica continua a catalizzare l’attenzione del pubblico, ma soprattutto degli addetti ai lavori. Lasceremmo volentieri al 2021 le guide che contengono informazioni stagionate e qualche buco di troppo. Non è facile, ma c’è bisogno di maggiore copertura dei territori per non deludere chef e ristoratori, che badano molto a queste cose, un po’ per ego, ma anche perché quel comparto dell’editoria muove ancora qualcosina in termini di fatturato.
  5. I trend gastronomici. Qualche anno fa, salutammo l’arrivo del Pokè nel mercato italiano con curiosità. Non potevamo immaginare che di lì a poco ci saremmo trovati invasi da locali specializzati in ciotole di riso con pesce e altri ingredienti, spesso casuali. Sarà pure buono, forse salutare, ma la situazione è evidentemente sfuggita di mano. Sia chiaro, questa specialità hawaiiana è un esempio, potete sostituirla con qualsiasi altra moda alimentare degli ultimi tempi: dagli hamburger alti come un condominio di sei piani alle pizze gourmet da 30 euro, fate voi.
  6. La parola sostenibilità. Sentiamo spesso parlare a sproposito, o in maniera fuorviante, di sostenibilità. In troppi, si riempiono indebitamente la bocca di questa parola, che alla fine rischia di essere svuotata di senso. Forse è giunto il momento di non nominarla più invano, perché il tema è serio e non può essere trattato con superficialità, o peggio, utilizzato in maniera strumentale per ragioni di marketing.
  7. Le nicchie altospendenti. Il fatto che il cibo meno impattante (pensiamo alla filiera bio) sia spesso appannaggio di nicchie di consumatori altospendenti è un problema: sostenibilità ambientale ed economica nel settore agroalimentare non possono non andare di pari passo. L’argomento è complesso e meriterebbe più spazio, ma ci sia consentito sintetizzare con una battuta: nel 2022 dovremo continuare a preoccuparci di salvare il pianeta, ma anche di migliorare l’alimentazione di tutti coloro che vi abitano, non solo di pochi.