2022: 7 cose che non vogliamo portarci nel nuovo anno
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Cosa non vogliamo portarci nel 2022 per quanto riguarda cibo e mondo della ristorazione? Ecco 7 cose da buttare dalla finestra secondo noi.
È tempo di bilanci di fine anno: ci apprestiamo ad archiviare dodici mesi, manco a dirlo, complicati per la gastronomia e la ristorazione. E allora, cerchiamo di esorcizzare in anticipo questo 2022 come si faceva un tempo, quando le cose vecchie venivano lanciate dalla finestra, durante la notte di San Silvestro. Sogni o forse utopie su temi importanti, ma anche speranze su argomenti più leggeri. Senza prenderci troppo sul serio, ovviamente.
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I ristoratori sbirri. I governi inseguono il virus, ma quest’ultimo si diverte a prenderli puntualmente per il naso. Dopo le chiusure e le restrizioni è arrivato il Green Pass, ora anche in versione Super. La speranza (con la s rigorosamente minuscola) è che nel 2022 si possa tornare a frequentare i ristoranti senza troppe ansie, ma anche solo affrancare i ristoratori dallo svolgimento di compiti di polizia non sarebbe male.
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La carenza di personale. Strettamente correlata alla pandemia è la questione della carenza di personale nella ristorazione. Il servizio nei locali è mediamente peggiorato. Ci auguriamo che nel 2022 si possano creare condizioni favorevoli per porre fine a questa crisi di vocazioni. Così ci risparmieremo pure i noiosissimi derby tra favorevoli e contrari al reddito di cittadinanza, che c’entra fino a un certo punto.
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La scusa dell’inflazione. Da leggere rigorosamente col tono usato per i titoli dei TG: Materie prime che scarseggiano, costi energetici alle stelle: l’inflazione si impenna. In effetti lo scontrino medio negli ultimi mesi è aumentato sia al supermercato che al ristorante. Per il 2022 faremmo volentieri a meno di ulteriori rincari, soprattutto quelli non giustificati, ché a pensar male, si sa, è peccato, ma a volte si indovina.
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Le Guide distratte. Nonostante una digitalizzazione non ancora completa, la critica gastronomica continua a catalizzare l’attenzione del pubblico, ma soprattutto degli addetti ai lavori. Lasceremmo volentieri al 2021 le guide che contengono informazioni stagionate e qualche buco di troppo. Non è facile, ma c’è bisogno di maggiore copertura dei territori per non deludere chef e ristoratori, che badano molto a queste cose, un po’ per ego, ma anche perché quel comparto dell’editoria muove ancora qualcosina in termini di fatturato.
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I trend gastronomici. Qualche anno fa, salutammo l’arrivo del Pokè nel mercato italiano con curiosità. Non potevamo immaginare che di lì a poco ci saremmo trovati invasi da locali specializzati in ciotole di riso con pesce e altri ingredienti, spesso casuali. Sarà pure buono, forse salutare, ma la situazione è evidentemente sfuggita di mano. Sia chiaro, questa specialità hawaiiana è un esempio, potete sostituirla con qualsiasi altra moda alimentare degli ultimi tempi: dagli hamburger alti come un condominio di sei piani alle pizze gourmet da 30 euro, fate voi.
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La parola sostenibilità. Sentiamo spesso parlare a sproposito, o in maniera fuorviante, di sostenibilità. In troppi, si riempiono indebitamente la bocca di questa parola, che alla fine rischia di essere svuotata di senso. Forse è giunto il momento di non nominarla più invano, perché il tema è serio e non può essere trattato con superficialità, o peggio, utilizzato in maniera strumentale per ragioni di marketing.
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Le nicchie altospendenti. Il fatto che il cibo meno impattante (pensiamo alla filiera bio) sia spesso appannaggio di nicchie di consumatori altospendenti è un problema: sostenibilità ambientale ed economica nel settore agroalimentare non possono non andare di pari passo. L’argomento è complesso e meriterebbe più spazio, ma ci sia consentito sintetizzare con una battuta: nel 2022 dovremo continuare a preoccuparci di salvare il pianeta, ma anche di migliorare l’alimentazione di tutti coloro che vi abitano, non solo di pochi.