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5 ricette spagnole che potrebbero benissimo essere italiane

di Alessio D'Aguanno 27 Gennaio 2022 09:00

La cucina tradizionale spagnola ha moltissimi piatti che potrebbe benissimo sovrapporsi a quelli della tradizione italiana: scopriamone 5.

Più volte ce lo diciamo e ce lo ripetiamo. Noi italiani siamo unici. Per la nostra creatività artistica, nella musica, nel cinema e nella moda, per il nostro saper fare artigiano, che spesso valorizza materie prime estere, e per la nostra gastronomia. Se a detta di tanti abbiamo la miglior cucina del mondo, bisogna fare lo sforzo per una volta di guardare oltre confine, per scoprire che in fondo i tratti caratteristici che la connotano non sono presenti solo nelle ricette della nostra nazione. Esiste infatti un’altra penisola, quella iberica, che condivide con noi il clima – mediterraneo – e uno stile di vita e culinario affine al nostro. Anche in Spagna, infatti, sono protagonisti in tavola l’olio prodotto con olive autoctone – sebbene la biodiversità delle cultivar sia nettamente minore rispetto a quelle italiane – il vino, il pesce – basti pensare ai piatti con il polpo e il baccalà – e i primi piatti, paella in primis. Così, abbiamo pensato di raccogliere 5 ricette spagnole che potrebbero benissimo essere italiane, per delineare quanto i confini esistenti fra le due culture in tavola siano quasi esclusivamente geografici.

  1. Pa amb tomàquet. Alla moda dei bacari veneziani, anche in Spagna esistono locali in cui si va per stuzzicare chicche appetitose. Ovviamente stiamo parlando delle taperie. Qui, non si servono cicchetti, ma preparazioni analoghe. Oltre alle più ricercate presentate in pentoline di terracotta, ci sono piccoli tocchetti di pane non ripassati in forno, i pinchos. A guarnirli? Materie prime tipiche e gustose. Sempre a base di pane, vi è una semplicissima bruschetta originaria di Aragona, Catalogna, Valencia e Maiorca: il pa amb tomàquet, chiamato pa amb oli o pamboli. Gli ingredienti del piatto più noto della cucina catalana? Una fetta di pane strofinata con mezzo pomodoro maturo, sale e olio d’oliva.
  2. Pulpo a la gallega. Alla luciana, in insalate con patate o ubriaco. Diverse sono le ricette italiane che rendono onore a questo delizioso mollusco. Nel nord-ovest della Spagna, più precisamente nelle province di Ourense e Lugo nella Galizia, si prepara il pulpo a la gallega, anche conosciuto come polbo á feira in gallego e come polpo alla galiziana in italiano. La ricetta prevede che l’animale venga bollito all’interno di un calderone di rame e che gli vengano successivamente tagliati i tentacoli, cosparsi di sale grosso, paprika dolce e piccante e olio d’oliva. In abbinamento? Pane, patate lesse e un bicchiere di vino rosso, perché in Spagna proprio non si beve l’acqua in accompagnamento al pulpo.
  3. Paella de Marisco. Non dobbiamo andare fino in Spagna per scoprire quanto la crosticina non salubre che si forma sugli alimenti in cottura, dalla carne alle lasagne, sia universalmente buona. Nella penisola iberica si fa particolarmente apprezzare – come ha fatto notare Eleonora Cozzella nella personale newsletter Degusto – quella che resta sulla paella, la padella eletta per preparare l’omonimo piatto a base di riso. Se ce ne sono diverse varianti, è indubbio che quella più conosciuta da noi sia quella De Marisco. Il condimento? I frutti di mare molto diffusi sulle coste mediterranee: mitili, scampi e seppie.
  4. Bacalao al pil-pil. Basta pronunciare il nome baccalà per accorgersi di come questo pesce conservato per salagione – il merluzzo – sia così internazionale. Oltre ai paesi nordici e al Portogallo, lo stesso fa capolino nella cucina tipica sia della penisola italiana sia di quella iberica. Se in Italia abbiamo le varianti alla vicentina, alla livornese, alla messinese – e così potremmo continuare – in Spagna la ricetta nazionale è quella denominata al pil-pil. La caratteristica? Una cottura in pentola di terracotta con olio di oliva, aglio e peperoncino. L’origine etimologica del nome sembrerebbe da ricondurre al movimento rotatorio funzionale alla sua preparazione, secondo altre fonti, invece, dal nome swahili dei peperoncini piri piri che si usano nella ricetta.
  5. Crema catalana. Fino a qualche anno fa, nessun ristorante-pizzeria nello stivale poteva toglierla dal menu. Assieme alla pannacotta e al sorbetto formava un trittico di dolci proposte a cui nessuno sapeva resistere. Adesso, che l’immobilismo dei dessert in menu è stato scardinato quasi ovunque, vale la pena tornare all’assaggio di questa specialità dolciaria, nella tradizionale versione per la quale dovrebbe essere apprezzata. Si fa apprezzare per la cremosità, sovrastata da un guscio croccante di zucchero caramellato, fragile come il vetro. È tradizione servirla il 19 marzo per la festa di San Giuseppe, motivo per il quale il dolce è anche conosciuto come crema de Sant Josep. Nonostante il nome, ne rivendicano l’origine anche gli inglesi, che sostengono sia stata brevettata nel XVII secolo.