Guida Michelin Francia 2022: quali sono le novità?
È uscita la nuova guida Michelin Francia: chi sono i nuovi stellati? E dove sta andando la cucina francese?
Cosa ci dice la nuova edizione della Michelin Francia, la prima vera post-pandemica, presentata nel pomeriggio del 22, per la prima volta non a Parigi, ma nella gastronomicamente simbolica Cognac? Ci dice che la Francia resiste nel suo modello: ha dovuto subire negli ultimi trent’anni l’avanguardia spagnola, l’ondata asiatica, il vento del Nord Europa, ha fatto fluire nei suoi confini il fenomeno bistronomie, ormeggiato ormai in secca. Di fronte a tutto questo ha mantenuto il suo aplomb, senza chiudersi a testuggine ha assorbito quel che doveva ( e continua a farlo oggi con vegetale e sostenibilità) ma ha come dicevamo resistito nel suo modello maison, spesso Grand Maison: un modello d’impresa.
© Sylvie Becquet
Basti pensare a Cheval Blanc, simbolo del vino bordolese, acquisito da LVMH, il più grande marchio mondiale del lusso. Meno di due lustri orsono entrato nel campo dell’hôtellerie e della ristorazione: ora è arrivato il terzo triplo macaron aziendale con Plenitude, aperto da appena sei mesi fa a Parigi, ai fornelli Arnaud Donckele, che raddoppia la tripla stella già nel cassetto allo Cheval Blanc di Saint Tropez, La Vague d’Or, mentre il primo tristellato della casa è quello di Courchevel, il 1947 firmato Yannick Alleno. La cucina di Donckele? Il grande classicismo francese, appreso dai grandi maestri, con il tocco adeguato di contemporaneo, ma con fondi e jus (Donckele numera i suoi come un grande profumiere) sempre presenti, così come il plat di carne.
E lo stesso, sia pure in un contesto campagnard provenzale, si può dire dell’altro nuovo tristellato che ha sorpreso tutti: La Villa Madie a Cassis, chef Dimitri Droisneau (io, ignorante, non lo conoscevo proprio). E si potrebbe parlare del nuovo corso del Plaza Athénée a Parigi: chiuso la storica stagione di Alain Ducasse, in particolare l’ultimo tratto interamente vegetale, sono tornati ori, marmi, pâté en croûte, foie gras e lièvre, sotto la guida di Eric Imbert, top chef televisivo e subito monostellato (e vedrete il nuovo Ducasse a Versailles). E anche di Thierry Marx, maestro mentore Michelin, come Santini, Romito e Oldani in Italia.

Cosa vuol dire tutto questo: conservatorismo, restaurazione? Direi di no, parlerei piuttosto di consapevolezza, dell’entrare nella modernità senza rinnegare il passato. Le tappe gourmet sono altre, ma anche il loro pubblico è altro, e in ogni caso appena mi ritrovo 500 euro un salto da Donckele lo faccio.
© RomeoBalancourt
Ne approfitterò per andare a trovare Alessandra Del Favero e Oliver Piras: da San Vito di Cadore a Parigi, due anni in attesa che la pandemia rallentasse e poi ai fornelli del Carpaccio del Royal Monceau, già onorato trent’anni fa da Angelo Paracucchi, oggi legato alla famiglia Cerea. Dalla cucina di ricerca alla ricerca sulla cucina italiana. Successo e stella subito. Come dicono loro Bravo!