Mangiare in hotel: Rocca di Arignano, Torino
La Rocca di Arignano è un castello nei pressi di Torino dove scoprire la storia medioevale e assaggiare piatti dell’epoca rivisitati.
Era circa il 1410 quando le porte della Rocca di Arignano, in provincia di Torino, si chiusero dietro i proprietari, i Costa degli Albussani, che ritenevano quel vecchio castello medievale troppo lontano dai gusti dell’epoca. Passano i secoli, per essere precisi più di 700 anni, e la Rocca viene piano dimenticata e ricoperta dalle ingiurie del tempo che fanno crescere a dismisure le piante infestanti che, insieme agli animali selvatici, diventano le padrone incontrastate dell’edificio e del terreno circostante. È il 2016 quando una coppia di torinesi, Elisa Panini e Luigi Veronelli, passano da Arignano e si innamorano di quello che rimane della Rocca. Così, prende forma il progetto della loro vita: vivere e lavorare a contatto con la natura, in un contesto storico unico. “Il nostro – conferma Elisa – è un vero e proprio progetto di vita, più che di lavoro, che mi ha permesso di apprezzare ancora di più il valore della bellezza e delle cose fatte bene e con amore. È un sogno che si realizza, fatto di amore e mattoni vecchi di mille anni, benessere e cibo”.
La nuova vita della Rocca
Nel 2017 prendono il via i lavori di riqualificazione. Il progetto di restauro è stato curato dall’architetto Massimo Raschiatore, con la supervisione della Soprintendenza Archeologica, data la natura storica dell’opera. “Fin da subito – ricorda Raschiatore – era evidente che la sfida non sarebbe stata delle più semplici. Per capirlo bisogna guardare le foto dell’avanzato stato di abbandono in cui si trovava la Rocca. Per questo sono felice che la proprietà abbia deciso di dedicare un’ala della struttura alla memoria storica dei lavori fatti”. Infatti, l’edificio è composto da tre livelli di edificazione, uno del 1000, uno del 1200 e uno del 1300, epoca in cui è stato eretto il corpo centrale, interno rispetto ai bastioni, quello dove attualmente si trovano tutti gli ambienti abitati, che all’epoca però non fu mai ultimato. Inoltre, diversamente dalla quasi totalità delle costruzioni medievali, la Rocca di Arignano non ha subito nei secoli, alcun ammodernamento mantenendo così intatta l’architettura originaria. Il rischio di una ristrutturazione coerente col periodo avrebbe potuto essere di ottenere qualcosa di platealmente falso. Invece l’impiego dei materiali tipici delle costruzioni medievali (legno, pietra e ferro) rendono gli ambienti veri e originali. Al piano più alto sono ubicate le sei stanze che prendono il nome dai proprietari della Rocca che si sono succeduti nei secoli. In ogni camera si ritrovano materiali di recupero come le vecchie ceramiche o che si sarebbero potuti vedere, nel 1300, in una camera da letto. Così ecco la lana cotta, il legno, i velluti e il lino. Fiori all’occhiello della struttura sono la suite della Camera della Guardia con accesso privato, che prende il nome proprio dalla sentinella che qui riposava al termine della ronda, e la Camera della Trinità, la suite a doppia altezza con vasca idromassaggio, che culmina con il terrazzo privato che si trova a 30 metri di altezza.
La scuola di cucina
Regno di Elisa, alias La Cuoca Insolita, la scuola di cucina della Rocca è arredata con il grande tavolo centrale, che non solo ospita i corsi, ma è anche bancone su cui i cuochi dell’attigua Locanda danno vita alla pasta fresca e ai lievitati, che si degustano a tavola. Il calendario completo dei corsi e dei laboratori per i più piccoli è online nel sito della Rocca di Arignano.
L’orto
Come ogni castello medievale che si rispetti, anche la Rocca era autosufficiente nell’approvvigionamento delle materie prime per la cucina. Gli orti originari, inselvatichiti nei secoli, sono stati ripresi e affidati a Paolo Gilardi. Classe 1987, Paolo coltiva nella collina di Pino Torinese tutto ciò che gli altri contadini hanno scelto di non produrre come, per esempio, zucchine gialle, pomodori provenienti da tutte le fasce climatiche del mondo, rabarbaro e rafano bavaresi. Lo fa da sei anni, con la sua azienda agricola Badola dove mette in pratica le nozioni apprese nelle esperienze olandese e tedesca, importando dall’Inghilterra, e non solo, i semi di verdure alternative ed elaborando, sul terreno che un tempo era appartenuto al nonno, le teorie del visionario Pascal Poot. “Lo stress idrico fa bene alle piante, perché permette al seme di sviluppare una resistenza alla siccità dalla generazione successiva”. La sua ricerca ha colpito la proprietà della Rocca di Arignano, che ha individuato in lui la persona giusta a cui affidare gli orti.
La Locanda della Rocca
Il progetto ristorativo della Locanda della Rocca è stato realizzato da Guido Alciati, chef 1 Stella Michelin con Guido Ristorante di Fontanafredda (Cuneo). Come executive chef lo stesso Alciati ha scelto Fabio Sgrò. Classe 1985, originario di Montà d’Alba (Cuneo), dopo la scuola alberghiera a Barolo, Sgrò inizia il suo percorso al fianco di alcuni tra i più importanti esponenti della ristorazione locale come Massimo Camia, 1 Stella Michelin, Davide Palluda a L’Enoteca di Canale, la Locanda del Pilone di Alba, il ristorante Marcelin di Montà dove a 20 anni è già sous chef. Passa poi L’Albereta di Erbusco (Brescia) per poi tornare al Marcelin di Montà. Inizia poi la sua esperienza in Asia come executive chef del ristorante La Piola di Hong Kong. Sempre in terra asiatica, in qualità di corporate executive chef del ristorante fusion italo-giapponese Lai Sun, riesce a far entrare il locale nella lista dei 100 migliori ristoranti asiatici per il South Morning China Post a soli 6 mesi dall’apertura. Dopo tre anni lontano da casa, a fine 2017, Sgrò torna in Italia e, nel 2020, viene contattato da Alciati per il progetto Rocca di Arignano. “La prima cosa che ho fatto quando ho accettato questo lavoro – racconta Sgrò – è stato leggere un libro di cucina medievale. Da lì ho estrapolato qualche concetto che ho sposato con la cucina piemontese territoriale“.
Nascono così piatti ricchi di gusto ma rielaborati in leggerezza. Fra gli antipasti ne è un esempio l’insalata tiepida di caviale dei poveri (lenticchie), civet e cipolla bionda di Anderzeno. Le lenticchie vengono brasate con la cipolla e il concentrato di pomodoro e poi servite su un letto di panna acida alleggerito da un civet di verdure. Da provare anche l’uovo alla Zanzarelli che originariamente veniva cotto in brodo di pollo. La versione Sgrò vede l’uovo bianco dell’azienda agricola La Fornace di Alessandro Varesio di Montiglio Monferrato (Asti) servito su una crema di Parmigiano arso, finito con briciole di rosmarino e accompagnato con brodo di pollo aromatizzato al tè affumicato. “Cerchiamo di impiegare tecniche moderne – precisa Sgrò – per realizzare i piatti che si sarebbero potuti mangiare qui quando la Rocca era abitata. Creiamo polveri, essicchiamo, fermentiamo, conserviamo sotto sale, sotto zucchero. Facciamo i carpioni, i bolliti. Impieghiamo tecniche moderne ma le usiamo in vecchio stile”.
Nascono così il miso di mandorla, il garum di vitello e un fermentato che impiega le foglie delle piante di cappero che nascono nelle spaccature dei muri del castello e il limone. Per quanto riguarda le materie prime sono solo della zona come, per esempio, il Fassone piemontese della Granda, i maialini da latte di un allevatore della zona o le tinche di Ceresole d’Alba (Cuneo). Scelta territoriale che si ritrova anche nella cantina ricavata nel sotterraneo dei bastioni, che ospita i resti delle prime mura dell’XI secolo e che, proprio grazie a questi muri antichi, mantiene temperatura e umidità perfetti per la conservazione del vino. Qui riposano i frutti dei migliori vitigni piemontesi con attenzione alla produzione della zona come l’Albugnano o la Freisa (una chicca la versione spumantizzata). Buona la selezione di vini rinforzati, come il Barolo chinato e i vermouth, di grappe, amari, gin e birre artigianali del birrificio Filodilana di Avigliana (Torino).