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Cibo plant based: come si evolve il settore in Italia?

di Nadia Corvino • Pubblicato 13 Giugno 2022 Aggiornato 25 Gennaio 2023 10:12

I prodotti plant based, cioè quelli a base vegetale, iniziano a diffondersi sempre di più anche in Italia. Ecco i motivi principali.

Di pari passo con la crescente diffusione in Italia delle diete vegetariane e vegane (secondo i dati Eurispesil, nel 2022 il 6,7% della popolazione italiana è rappresentata per il 5,4% da vegetariani e l’1,3% da vegani) anche i prodotti plant based sono sempre più presenti nella grande distribuzione e nell’horeca (hotellerie-restaurant-café).

Qualche anno fa, i burger di fake meat iniziavano a essere presenti sugli scaffali dei supermercati più grandi, adesso sono moltissimi i prodotti a base vegetale che si possono acquistare nella GDO e tramite e-commerce dedicati all’alimentare. Diversi tagli e preparazioni della carne (burger, macinato, salsicce, salumi, ma anche cotolette e kebab), numerose tipologie di latte vegetale, bastoncini di simil pesce, come il finto tonno, yogurt vegani e altre alternative vegetali dei latticini solidi e del gelato sono solo alcuni esempi.

Mentre negli Stati Uniti, dove questo settore ha ottenuto grandi successi, sembra che la crescita costante degli scorsi anni stia iniziando a rallentare, lo stesso non si può dire per quanto riguarda l’Italia. Una ricerca di BVA-Doxa per Unione Italiana Food ha dimostrato che il 54% degli italiani acquista prodotti plant-based, di cui il 21% in modo abituale e il 33% in modo occasionale. Sembra che anche la pandemia abbia dato al settore una spinta significativa. Infatti, le vendite del plant based nella GDO sono aumentate del 17% per un totale di 458 milioni di euro, rendendo il nostro Paese il quarto mercato in Europa per fatturato.  

Sempre secondo la stessa ricerca, negli ultimi cinque anni in Italia 6 persone su 10 hanno introdotto delle modifiche nel proprio stile alimentare. Nello specifico, il 43% della popolazione ha aumentato il proprio consumo di frutta e verdura e il 32% ha diminuito invece quello di proteine animali.  Due tipi di approcci che rientrano nel campo della dieta flexitariana, un termine che indica la flessibilità nei consumi alimentari. Quello dei prodotti plant based, infatti, è un settore che non va solamente incontro ai nuovi regimi alimentari, come quello vegetariano o vegano, ma intende permettere a chi vuole diminuire il proprio consumo di derivati animali di trovare prodotti dal gusto e dalla consistenza simile a quelli che si vogliono limitare. Le alternative proposte non vogliono far percepire un senso di privazione o mancanza nei confronti dei sapori a cui si è più affezionati ma desiderano fornire un certo grado di soddisfazione. Forse, per questo motivo, lo sviluppo del plant based si è basato finora sulle alternative delle preparazioni a base di carne, come burger, polpette, salsicce, cotolette, kebab e nuggets.

Scegliere un prodotto vegetale già pronto significa acquistare un alimento che non necessita di lavorazione o che ha bisogno di una lavorazione minima, da sfruttare quando non si ha il tempo di cucinare ma non si vuole rinunciare al consumo di legumi, ortaggi, cereali e frutta secca. Ma l’interesse verso questi prodotti non è solo domestico. Lo dimostra l’introduzione anche nel mondo dell’ho.reca, interessato ad aumentare in menu le opzioni veg, e nel mondo dei fast food. Grazie alla crescita della richiesta sono sempre di più le realtà che si cimentano nella produzione di alimenti plant based offrendo una sempre maggiore scelta sia in fatto di gusti sia di prezzi. Alcune di queste sono start up nate con l’obiettivo di rispondere alle preoccupazioni dei consumatori riguardanti la sostenibilità, altri sono brand messi in commercio dai grandi gruppi internazionali del mondo alimentare per andare incontro ai nuovi trend del mercato.

BVA-Doxa conferma che sono diverse le ragioni che motivano l’interesse al mondo vegetale. Tra quelle più note l’attenzione per la salute e il benessere, citate dal 67% degli intervistati, e quelle riguardanti la sostenibilità del cibo che si sceglie di mettere nel piatto (il 19%). Motivazioni che confermano quanto il plantbased sia sempre meno un settore limitato all’interesse di vegetariani o vegani, e quindi probabilmente destinato a crescere ancora.