Home Chef I racconti del professore: Al Mèni 2022

I racconti del professore: Al Mèni 2022

di Alfonso Isinelli

Siamo stati a Rimini all’evento organizzato da Massimo Bottura Al Mèni e abbiamo assaggiato i piatti degli chef: ecco come è andata.

Per la prima volta nella sua storia, che comincia ad essere importante, Al Mèni, il circo mercato dei sapori ideato da Massimo Bottura a Rimini (ma che sarà presto esportato negli Stati Uniti), si è sviluppato su un tema, quello del Mediterraneo. Ritornato nella sua sede principale, con la formula originaria (uno chef straniero e uno emiliano-romagnolo a preparare i propri piatti sul palco con la conduzione di Andrea Petrini) dopo due anni a marce ridotte causa pandemia, ad Al Mèni ci si è voluti confrontare sul mare che ci circonda, portatore di storie, culture, gioie, dolori: spesso divisivo ma mai come oggi diffusore di un messaggio di condivisione e amicizia; un mare che non divide ma unisce, con il cibo trasmissione universale di questo messaggio con la sua capacità di attraversare ogni confine.

Fusilli al quinto quarto di mare di Matteo Zonarelli

In queste due giornate ognuno ha portato il suo contributo, messo il suo tassello al puzzle, a partire dalla squadra della Francescana. Jessica Rosval, Head Chef di Villa Maria Luigia, ha portato sotto il tendone di Piazza Fellini anche il progetto di cui è a capo sull’ integrazione delle donne migranti (Association for integration of women) che prevede di far apprendere loro un mestiere. Il cous cous per il futuro, declinato in quattro tipologie con melanzana affumicata, mandorle piccanti, datteri e salsa di mandorle al burro apre il Mediterraneo verso il mondo. Così come il tema, importantissimo, degli scarti alimentari tradotto da Matteo Zonarelli, che oggi è il primo pilota ai fornelli dell’Osteria Francescana, nei fusilli al quinto quarto di mare. L’etica del no waste è una delle basi della cucina di Marco Ambrosino che poi della cultura del nostro mare, non solo culinaria, ha fatto una filosofia di lavoro, contenuta nel progetto Collettivo Mediterraneo, che è un simposio online dove scrivono oltre ai cuochi, studiosi di varie competenze, dalla storia all’antropologia fino agli aspetti ambientali. Ha portato a Rimini una minestra di pasta e granì fermentati con brodo di lische e olio mediterraneo che è una fotografia della sua filosofia di cucina.

Bulgur di Tomer Tar

Il fil rouge di questa edizione è stato alla fine, nelle sue espressioni più riuscite, quello della cucina popolare, del cibo consumato quotidianamente nei paesi che hanno una sponda nel Mediterraneo. Come il bulgur con leccia e peperoncini verdi piccanti racchiusi nel cuore di lattuga di Tomer Tal (George and John, Tel Aviv); o il piatto di Simone Tondo, ormai storico italiano a Parigi, sempre presente ad ogni edizione di Al Mèni, che ha portato la piada con humus, pomodori al forno e granchio blu, una delle specie più invasive nel Mediterraneo, che può essere arginato pescandolo e mangiandolo. E ancora l’hot dog di tonno dell’Adriatico proposto con salsa piccadilly e ketchup di acciughe di Jeffrey Vella del Cap Aureo di Rovigno in Croazia.

Hot dog di tonno dell’Adriatico di Jeffrey Vella

Infine, il declinarsi di due pite. Quella turca di Fatih Tutak (Ristorante Turk a Istanbul), il kokorec di interiora di agnello al barbecue; e quella greca di Pavlos Kiriakis (The Zillers dell’Athens Boutique Hotel), il souvlaki con pancia di maiale e yogurt greco: per me il piatto migliore di questa edizione, godurioso, con cui sporcarsi le mani, cosa che spesso capita con il nostro cibo, per poi stringersele in amicizia, che di questa edizione di Al Mèni potrebbe essere la parola simbolo.