Home Cibo Lengal, Pitina e Asìno: alla scoperta delle specialità del Friuli-Venezia Giulia occidentale

Lengal, Pitina e Asìno: alla scoperta delle specialità del Friuli-Venezia Giulia occidentale

di Alessio D'Aguanno 29 Giugno 2022 12:00

Quali sono i borghi dove scoprire i prodotti tipici del Friuli Venezia Giulia Occidentale? Eccone 5 con altrettante specialità gastronomiche.

Il parco naturale delle Dolomiti Friulane e le Alpi Carniche a nord, la provincia di Pordenone e il Lago dei Tramonti a sud e il fiume Tagliamento e il Udine a est. Il Friuli-Venezia Giulia occidentale è un melting pot di diversi habitat naturali. Numerosi, di conseguenza, sono i climi che qui si possono respirare e le specialità gastronomiche che nascono ogni giorno in questi territori: dal prosciutto crudo e la birra di Sauris, ai Biscotti Pordenone fino al Radic di Mont e al formaggio salato della Carnia. Nel Friuli-Venezia Giulia occidentale c’è anche una storia ben documentata, che si può ancora riconoscere nei borghi che la popolano. Noi ne abbiamo selezionati cinque, con altrettanti piatti locali caratteristici da provare se siete in zona.

Cordovado

Curtis de Vado, a significare un complesso agricolo (corte) situato nei dintorni di un guado (vadum), a ovest del fiume Tagliamento. Caratteristico per la quiete che qui regna sovrana, il borgo di Cordovado va raggiunto per il castello, le cui prime testimonianze risalgono al 1276, per il labirinto di rose di Palazzo Freschi Piccolomini visitabile a maggio e per la rievocazione storica di agosto. Nello stesso mese, ogni anno, si tiene la sagra del lengal in località Suzzolins. Il lengal è una lingua di maiale insaccata con la carne di cotechino, che viene servita e gustata in abbinamento con patate e fagioli.

Poffabro

Pietra arenaria e legno, queste sono le fondamenta della frazione di Frisando, nelle cui strade si possono ancora ammirare le stalle, i rifugi, i pozzi e tanti altri esempi di vita passata. Rispetto ad altri borghi, non ci sono innumerevoli palazzi e chiese da visitare ma sono proprio le vie, le case e i piccoli dettagli che costituiscono il principale motivo di visita, insieme ai percorsi da fare in montagna, a piedi e in mountain bike. Da provare, a tavola, c’è la pitina, un impasto di carne ed erbe aromatiche nato per non buttare niente dell’animale. Si prepara ancora oggi con la carne di capriolo, capra o pecora – smorzata da grasso di suino – e si fa stagionare senza alcun budello, ma con una copertura di farina di mais. Si affumica con legni diversi, principalmente faggio, e si può mangiare sia cruda, dopo almeno un mese, sia cucinata, con la polenta, il minestrone di patate o il latte di vacca appena munto. La sua produzione, che avviene da settembre a giugno, è stata salvata grazie a un Presidio Slow Food.

Sappada Vecchia

 © Sappada

Anche conosciuta come Plod’n nel dialetto locale, Sappada è un’isola linguistica germanofona in area ladina. Qui, le case sono realizzate quasi interamente in legno, motivo per il quale si dice che il paese sia nato nel legno. La cucina è molto simile a quella trentina, per temperature e sapori dei piatti. Tra le tante specialità di quest’area, meritano una menzione speciale i ravioli pizzicati sappadini. In dialetto si chiamano gepitschta kròpfn e possono essere ripieni di ravanelli gialli e menta oppure di ricotta acida, la saurnschotte, prodotto dell’Arca del Gusto Slow Food aromatizzato con il dragoncello di montagna.

Sesto al Reghena

 © Isola di Burano

Tra Portogruaro e Pordenone si trova questo borgo che in epoca romana era una stazione militare situata al sesto miliario di una strada e che, ancora oggi, accoglie un fiume nel proprio areale, il Reghena. Sesto al Reghena merita di essere visitato per l’abbazia benedettina di Santa Maria di Sesto sorta nel 735 ca., per l’antico mulino di Stalis e per la segheria del XVIII secolo. Poiché il borgo si trova in prossimità del Veneto, anche qui vengono realizzati i bussolà, biscotti a forma di esse o di anello con un alto contenuto di burro e uova.

Toppo

 © Formaggio.it

Questa frazione di Travesio, in provincia di Pordenone, è situata su un colle, che probabilmente è anche l’origine del nome di questo borgo, visto che tuppaz in longobardo significa collinetta. Il paese, di epoca medievale, è rimasto fedele alla sua autenticità: vi è ancora il castello recentemente recuperato, la chiesetta di Sant’Antonio Abate, con affreschi del XIV secolo, il cinquecentesco palazzo dei Conti Toppo e il palazzo Toppo-Wassermann, dove si possono noleggiare le bici per percorrere una bella pista ciclabile in mezzo alla natura. In zona si produce l’Asìno, il formaggio salato della Val Cosa, un latticino cremoso che viene fatto insaporire con una salamoia di acqua, sale, latte e panna e poi conservato in tini di larice. Con lo stesso formaggio si cucina una frittata, anch’essa tipica dell’area.