I 10 cibi comuni con il rincaro maggiore
Gli alimenti più comuni sono protagonisti degli aumenti di prezzo. Ecco la classifica dei 10 cibi più cari.
Il mix aumento dei costi dell’energia e difficoltà delle filiere è esplosivo. Già lo scorso agosto, valutando i dati diffusi dall’Istat, Coldiretti aveva stimato che sia la guerra sia i problemi climatici si sarebbero riverberati nel carrello delle famiglie con un +564 euro per il 2022. Infatti, l’inflazione è salita di circa il 10% per la spesa di beni alimentari e bevande (analcoliche) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per un balzo che non si osservava dal settembre del 1984. In questa situazione, gli aumenti maggiori riguardano alcuni dei prodotti alla base dell’alimentazione. Questi subiscono direttamente gli effetti delle due fattispecie evidenziate: l’aumento dei costi energetici e di produzione, alimentati dalla guerra in Ucraina, abbinato al caldo record e alla siccità che si sono registrati negli ultimi mesi. Ecco 10 cibi molto comuni schizzati di prezzo.
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Pane. Tra i primi rincari, dovuti come rilevato dall’Eurostat soprattutto alle conseguenze dell’invasione russa all’Ucraina, c’è quello del pane. Il suo prezzo, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, secondo l’ufficio statistico dell’Unione Europea è cresciuto di circa il 18%. Un risultato dovuto, però, anche all’impennata del costo dell’energia per produrlo: con le bollette quintuplicate, infatti, il suo prezzo potrebbe arrivare anche a 5-6 euro al chilo.
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Pasta. Sempre secondo i dati Istat, la pasta avrebbe subìto un aumento di prezzo pari a oltre il 25% in più. Ciò significa che il vecchio, normale pacco da 500g da 1 euro oggi si trova sugli scaffali a 1.25 euro. Anche qui, la questione è legata certamente ai prezzi di produzione ma anche alla vicenda frumento/grano duro che ha visto, negli ultimi mesi, un duro braccio di ferro tra Russia, Ucraina e Paesi europei.
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Riso. Siccità, grandinate, aumenti dei costi dell’energia e guerra: con il riso è intervenuto praticamente tutto. Tanto è vero che si trova ai primi posti per quanto riguarda i rincari nel carrello. E tanto è vero che, il 14 settembre scorso, la Conferenza Stato Regioni ha dato via libera al decreto del Ministero delle Politiche Agricole per aiuti di Stato al settore pari a 15 milioni di euro: 100 per ogni ettaro coltivato nella campagna 2022, a parziale ristoro dei costi sostenuti.
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Olio di semi di girasole. Sempre in cima alla classifica dei rincari in Italia ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole. Questo risente direttamente del conflitto in Ucraina: il Paese, infatti, ne è uno dei maggiori produttori e, a causa della guerra, ha dovuto interromperne le spedizioni. E noi, normalmente, ne importavamo circa il 46%, quasi la metà di quello consumato sul nostro territorio.
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Carne di pollo. Le bollette alte sono ricadute anche sulla carne e sui prodotti avicoli. Insieme, chiaramente, ai costi dei mangimi, saliti fino quasi al 50% in più rispetto al 2021. Nonostante, come rilevato da Federconsumatori, abbiamo già ridotto i consumi di carne nell’ultimo anno, i prezzi sono comunque saliti: il pollo costa quasi il 15,1% in più (dice Coldiretti). E il petto di pollo e i bocconcini già pronti sono i due prodotti più esosi (chiarisce Federcosumatori).
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Latte. È dell’inizio di settembre l’allarme lanciato da alcune delle più importanti aziende di settore: sulla scia dei rincari di produzione (mangimistica compresa) il prezzo del latte starebbe salendo velocemente e potrebbe arrivare fino a oltre 2 euro al litro. Un problema per cui proprio le aziende si sono rivolte al governo, chiedendo interventi immediati, e che riguarderebbe anche il latte a lunga conservazione, in vendita sugli scaffali a un +19% di media.
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Burro e formaggi. Diretta conseguenza della crisi del latte è quindi quella del burro e dei formaggi. I produttori, infatti, sono nettamente in difficoltà per ciò che riguarda i costi di produzione e, a cascata, il problema ricade sull’intera filiera. Il burro è tra gli alimenti più colpiti con un aumento su base annua pari a oltre il 30% del prezzo. Secondo rilevazioni di NielsenIQ, i formaggi di oltre il 21%.
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Uova. 15% in più è il prezzo stimato da Coldiretti (12 secondo NielsenIq) per mettere nel carrello le uova. Il discorso, anche qui, è soprattutto energetico: i costi di produzione elevati non consentono agli allevatori ritocchi che non ricadano direttamente nelle tasche dei consumatori.
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Pesce. Tra i prodotti prontamente scalzati dal carrello c’è sicuramente il pesce. Secondo il recente report FragilItalia di Legacoop e Ipsos, sondaggio condotto su un campione di 800 casi, il 64% degli italiani sarà costretto a rinunciare al pesce a tavola. Già notoriamente tra gli alimenti più costosi (a meno di non acquistare quello considerato più povero), sul mercato continuano a pesare i rincari energetici e il prezzo ne risente per circa un +17%.
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Verdure e frutta. Nel campo dell’ortofrutta non ci sono solo i rincari dovuti a guerra ed energia, c’è anche la speculazione. L’aumento del fresco – circa un +12% per la verdura e un +8% per la frutta – risente anche dell’effetto di speculazioni in filiera. In cui si sottopagano, cioè, le produzioni agli agricoltori per poi triplicare i prezzi nel passaggio dai campi alla tavola.