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Come aprire un ristorante: la guida completa

di Marco Grigis 20 Gennaio 2023 16:00

Nel Paese in cui la ristorazione ha una posizione di assoluto rilievo sia nell’opinione pubblica che per l’economia nazionale, il percorso da intraprendere per aprire un ristorante è piuttosto complesso. Non solo sul fronte dei requisiti personali e di legge ma anche sulla pianificazione della strategia di business. Ecco allora una guida completa per evitare di dover rinunciare al vostro sogno.

Come aprire un ristorante? Nel Paese dove la ristorazione assume una posizione di assoluto rilievo sia nell’opinione pubblica che per l’economia nazionale, grazie anche alla cultura del cibo che da sempre contraddistingue lo Stivale, saranno probabilmente in molti a essersi posti questa domanda. In particolare coloro che, dopo aver lavorato per anni alle dipendenze di altri, si sentono ormai pronti per compiere quel famoso salto, che li porterà a inaugurare un’attività in proprio. Il percorso non è però privo di ostacoli, non solo sul fronte dei requisiti personali e di legge ma anche sulla pianificazione della strategia di business: proprio poiché in Italia quello della ristorazione è un settore abbastanza affollato, la concorrenza è a dir poco spietata e il rischio di non farcela non deve essere sottovalutato.

Data la complessità di questo percorso, Agrodolce ha pensato a una guida competa su come aprire un ristorante. Da un lato, si andranno ad analizzare tutti i requisiti previsti dalla legge, sia sul fronte personale che su quello lavorativo, nonché le caratteristiche di idoneità che dovrà possedere il locale prescelto. Dall’altro, invece, si forniranno alcuni consigli di business affinché questo passo si tramuti in un successo, anziché in un salto nel vuoto.

Come aprire un ristorante: tutti i requisiti

Clienti al ristorante

Quando si decide di aprire un ristorante, il primo passo da compiere è quello di essere in possesso di tutti in requisiti di legge per poter inaugurare una nuova attività. Per iniziare, può essere anche utile chiedere supporto a dei professionisti, dai commercialisti fino agli avvocati, poiché tra decine di documenti e una lunga burocrazia il rischio di perdersi è tutt’altro che remoto.

In linea generale, per arrivare ad aprire il proprio esercizio al pubblico è necessario rispettare alcuni requisiti personali, morali e professionali, nonché essere in possesso di un locale che rispetti tutte le regole di idoneità e sicurezza per poter servire cibo al pubblico. Per la gran parte, gli adempimenti previsti dalla legge sono i medesimi necessari per l’apertura di un bar: in particolare, requisiti morali e professionali sono pressoché identici. Più estese, invece, sono le richieste relative all’idoneità dei locali.

I requisiti personali e professionali

Cameriere che porta due piatti

Chi ha già lavorato nel settore della ristorazione, o più semplicemente ha avuto l’occasione di gestire un bar, è già ben consapevole di come la legge richieda innanzitutto il rispetto di alcuni requisiti personali e professionali per poter aprire un’attività in proprio. Non a caso, la legge di riferimento è sempre la 287 del 25/08/1991, la medesima che regola proprio i bar e, più in generale, la somministrazione di cibo e bevande al pubblico. Per poter aprire un ristorante è quindi necessario:

  • Aver raggiunto i 18 anni d’età;
  • Aver frequentato la scuola dell’obbligo, secondo le normative vigenti (a oggi, dai 6 ai 16 anni);
  • Essere in possesso della necessaria formazione.

Ma cosa si intende, quando si parla di formazione? Ebbene sì: la legge non consente a chiunque di aprire un ristorante, è necessario aver acquisito alcune competenze di base, sia con un’esperienza pregressa che con la partecipazione ad appositi corsi. In linea generale, è necessario che venga soddisfatta almeno una di queste condizioni:

  • aver conseguito un diploma di scuola superiore, il cui corso di studio abbia previsto percorsi specifici per la commercializzazione, la somministrazione o la preparazione di alimenti. Ad esempio un istituto alberghiero, ma non solo;
  • aver seguito un corso SAB per la somministrazione di alimenti e bevande;
  • essere iscritti al vecchio registro esercenti (REC);
  • aver lavorato per almeno due anni, anche come semplici dipendenti, per società che si occupano della preparazione, somministrazione e commercializzazione di prodotti alimentari.

Naturalmente, come si vedrà più avanti, per aprire un ristorante è necessario dotarsi di Partita Iva (con codice ATECO 56.0.11 – Ristorazione con somministrazione) e ottenere l’attestato HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point), quello che di fatto rappresenta l’evoluzione del vecchio libretto sanitario.

I requisiti morali

cameriere prende l'ordine al bar

Per poter finalmente aprire un ristorante, non è sufficiente rispettare i requisiti personali e professionali che la legge impone. Sul fronte legislativo sono infatti previsti anche degli adempimenti morali, definiti dal Decreto Legislativo 59 del 26/03/2010, all’articolo 71. Secondo quanto scritto, non possono dedicarsi all’attività di somministrazione di cibo e bevande:

  • chi è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza;
  • coloro che risultano sottoposti a misure cautelari;
  • chi ha ricevuto una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo con pena detentiva non inferiore ai tre anni;
  • tutti coloro che si sono macchiati di reati penali quali ricettazione, riciclaggio, frode in commercio, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, estorsione e violenza;
  • chi ha commesso reati contro l’igiene e la sanità pubblica.

I requisiti strutturali del locale

Soddisfatte tutte le precedenti condizioni, prima di poter aprire un ristorante è necessario verificare che si disponga di tutte le caratteristiche previste sia dalla legge che dai regolamenti in vigore per la propria ASL di riferimento. Quest’ultima effettuerà infatti dei sopralluoghi, verificando che tali richieste siano state rispettate e, in caso contrario, chiedendone il pronto adeguamento.

Innanzitutto, e come facilmente prevedibile, la legge impone che il locale prescelto abbia una destinazione di tipo commerciale. Dopodiché, dovrà essere compatibile con tutte le normative vigenti in termini di sicurezza, rispettare i vincoli paesaggistici imposti a livello comunale e garantire alti standard di igiene sia per i lavoratori che per il pubblico.

L’ASL si occupa soprattutto della verifica dei requisiti igienico-sanitari, da implementare con l’aiuto di un consulente o di uno specialista poiché davvero intricati. Innanzitutto, è necessario il rispetto di alcuni adempimenti di tipo strutturale:

  • i pavimenti e le superfici dure devono essere realizzati in materiali facilmente lavabili e disinfettabili;
  • tutte le finestre delle aree adibite a cucina e dispensa devono essere dotate di apposite reti o filtri antinsetti, come ad esempio delle zanzariere;
  • il locale deve disporre di un’illuminazione naturale pari a ⅛ della superficie del pavimento. Per garantire una corretta aereazione naturale, serve poi almeno ⅛ di superficie apribile o, ancora, dotarsi di appositi sistemi per la ventilazione forzata e l’aspirazione di fumi e vapori.

Suddivisione degli spazi, dispensa e servizi igienici

Verificati questi tre vincoli iniziali, è necessario concentrarsi sulla suddivisione degli spazi del laboratorio di preparazione dei cibi e sulla dispensa, dove il livello di igiene e sicurezza deve essere massimo. Innanzitutto, per evitare contaminazioni, dovranno essere distinti i percorsi puliti da quelli sporchi. Ad esempio, il ritorno di piatti e stoviglie in cucina dovrà essere sufficientemente distinto da quello di preparazione e consegna dei cibi. Il consiglio è quello di seguire un sistema a marcia in avanti, cioè in progressione, affinché gli alimenti non lavorati non entrino in contatto con ingredienti ancora vergini:

  • Il percorso parte con l’ingresso delle materie prime nel ristorante;
  • Si prosegue quindi con il loro stoccaggio nelle dispense e nelle celle frigorifere, ovvero in tutti i luoghi deputati alla loro conservazione;
  • Successivamente, la marcia in avanti prosegue con le aree deputate alla preparazione e alla cottura delle ricette, quindi con la zona di impiattamento, quella di guarnizione e, infine, con la consegna ai clienti.

Entrando nel dettaglio dei vari ambienti che compongono il ristorante, l’ASL per magazzini, depositi e dispense richiede:

  • idonee scaffalature, realizzate in materiale facilmente lavabile e disinfettabile;
  • la separazione tra i cibi, le stoviglie e gli utensili da cucina;
  • apparecchiature idonee alla conservazione dei cibi in clima modificato (frigoriferi, congelatori, celle frigorifere e via dicendo);
  • la separazione, sia sugli scaffali che nelle aree di refrigerazione, degli alimenti per tipologia, così da evitare contaminazioni incrociate;
  • vetrinette isolate, idrorepellenti e termoregolate per i piatti già preparati ed esposti al pubblico.

Devono inoltre essere presenti uno spogliatoio per i dipendenti e dei servizi igienici dedicati, separati rispetto a quelli destinati agli avventori del ristorante. In particolare:

  • spogliatoio e servizi igienici devono essere separati;
  • i servizi dovranno essere piastrellati fino a 2 metri d’altezza o, comunque, prevedere un rivestimento idoneo;
  • i lavabi dovranno essere dotati di impianto di erogazione dell’acqua a pedali o fotocellula;
  • devono essere predisposti cestini a pedale e, ancora, essere disponibili salviette monouso per l’asciugatura (oppure apparecchi elettrici appositi) e distributori di sapone, meglio se dotati di fotocellula.

Per il pubblico le norme sui servizi igienici sono pressoché le medesime, con l’aggiunta dell’obbligo di prevedere un accesso e strutture compatibili con i portatori di handicap.

I requisiti indispensabili della cucina

La cucina rappresenta l’area del ristorante dove l’igiene e la sicurezza deve essere massima, per questo è necessario rispettare alcuni requisiti indispensabili. A partire dalle dimensioni: per ristoranti con massimo 50 coperti, è necessario disporre di una zona cucina di almeno 20 metri quadrati, compresa l’area di lavaggio. Per coperti superiori ai 100, la zona di lavaggio delle stoviglie dovrà essere separata.

Non è però tutto: l’area di preparazione e di cottura dei cibi, oltre a presentare materiali facilmente disinfettabili, deve comprendere elettrodomestici, forni e fornelli a norma di legge, con relativa certificazione sulle normative antincendio. Devono poi essere presenti degli adeguati sistemi di smaltimento di fumi e vapori, con aspiratori e cappe a canna fumaria o parete, dotati di filtri ai carboni attivi. Inoltre, è necessario provvedere:

  • alla predisposizione di rivestimenti idonei, ad esempio in piastrellatura, per tutte le pareti della cucina, a un’altezza fino a 2 metri;
  • all’installazione di un pavimento liscio, facilmente lavabile e in materiale non assorbente, dotato di sifone a griglia per facilitarne la pulizia;
  • alla verifica dell’impiego di vernici atossiche e lavabili per pareti, piani di lavoro e mobili;
  • all’installazione di finestre amovibili di facile pulizia, con opportune barriere anti-insetto;
  • a piani di lavoro preferibilmente separati per tipologia di cibo, meglio se in superfici dure, non porose e facilmente lavabili come l’acciaio o la ceramica;
  • lavastoviglie professionali e ad alta temperatura per l’igienizzazione di piatti, posate e via dicendo.

L’altezza degli ambienti della cucina non dovrà inoltre essere inferiori ai 2 metri – salvo deroghe comunali – e l’accesso dovrà essere consentito solo al personale del ristorante. Vi dovrà poi essere un percorso adeguato per lo scambio dei cibi tra il personale di cucina e quello di sala: per evitare contaminazioni, quest’ultimo dovrebbe sostare in un’area apposita per la gestione delle comande e il ritiro dei piatti, sufficientemente lontana da fornelli, dispense e banchi di lavorazione.

I requisiti della sala

Infine, è necessario pensare anche a una progettazione consona della sala da pranzo, dove soggiorneranno i clienti per consumare i loro pasti. La legge prevede i seguenti requisiti:

  • un’altezza dei locali di almeno 3 metri, o 2.70 in presenza di deroghe;
  • una cubatura minima di 25 metri quadrati;
  • almeno 1.20 metri quadrati per posto a sedere;
  • areazione e ventilazione secondo le normative già elencate, quindi con aerazione naturale per almeno ⅛ della superficie calpestabile o sistemi di ventilazione adeguati;
  • un’illuminazione naturale con le medesime proporzioni.

Particolare attenzione dovrà essere accordata alla scelta di tavoli, con una superficie minima di 80×80 centimetri, e sedie con sedute minime da 40×40 centimetri. Il passaggio fra i tavoli non dovrebbe mai essere inferiore ai 40 centimetri.

Se il ristorante prevede un’area per la preparazione di bevande e alcolici, quest’ultima dovrà rispondere a tutte le necessità di legge previste per i bar. Naturalmente, qualsiasi ambiente del ristorante dovrà essere dotato di adeguati sistemi per la rilevazione di fumi tossici e strumenti anti-incendio.

Aprire un ristorante: le questioni burocratiche

Il processo di apertura di un ristorante non si estingue con la verifica dei criteri personali, professionali e dell’idoneità dei locali. Vi è poi tutta una lunga serie di questioni burocratiche a cui fare fronte, per poter finalmente ottenere l’autorizzazione a inaugurare l’attività.

Nella maggior parte dei casi, si tratta degli stessi passaggi richiesti per aprire un bar, data una normativa del tutto sovrapponibile. Vi potrebbero però essere delle piccole differenze a seconda della zona di residenza, con richieste aggiuntive imposte dai singoli comuni.

Partita Iva, certificazioni e licenze

Come facile intuire, per poter avviare l’attività ristorativa è innanzitutto necessario essere in possesso di Partita Iva. Questa sarà necessaria sia in presenza di un’impresa individuale che di una società, come ad esempio una S.r.l. Per quanto riguarda i servizi di ristorazione il necessario codice ATECO è il 56.10.11, quello che regola la “Ristorazione con somministrazione”. Questo codice è idoneo anche per le attività da bar, qualora fosse presente nel proprio ristorante, al contrario l’ATECO esclusivo proprio per i bar (il 56.33.00, relativo a “Bar e altri esercizi simili senza cucina”) non può essere usato per gestire un ristorante.

Una volta registrata la propria Partita Iva, con l’aiuto del commercialista di fiducia, è necessario produrre altra documentazione e ottenere le opportune licenze:

  • Iscrizione all’INPS, per i contributi previdenziali, e all’INAIL come assicurazione per malattie professionali e infortuni sul lavoro;
  • Iscrizione alla Camera di Commercio con comunicazione unica relativa alla nuova attività ristorativa;
  • Inoltro della SCIA – la Segnalazione Certificata di Inizio Attività – presso lo sportello SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive) del Comune di riferimento del locale. Si tratta di un’autocertificazione che conferma il possesso di tutti i requisiti di idoneità – da quelli morali a quelli del locale – per compiere servizi di ristorazione aperti al pubblico, nonché dell’avvenuto conseguimento del piano HAACP;
  • Se si desidera servire superalcolici, bisognerà effettuare apposita denuncia all’Agenzia delle Dogane per il rilascio dell’apposita licenza UTF;
  • In caso si desiderasse riprodurre contenuti multimediali all’interno del proprio locale – da musica e trasmissioni radiofoniche in sottofondo fino a programmi televisivi ed eventi dal vivo – servirà ovviamente pagare l’obbligatoria tassa SIAE.

Attenzione, infine, anche a vincoli che potrebbero cambiare di comune in comune:

  • di norma, ogni amministrazione comunale prevede una tassa annuale per l’esposizione dell’insegna del locale;
  • allo stesso modo, qualora si volessero predisporre dei tavoli all’aperto – ad esempio nei pressi del marciapiede antistante all’entrata del locale – bisognerà ottenere il permesso di occupazione del suolo pubblico e pagare la relativa tassa.

Aprire un ristorante: costi e valutazione del business

Per aprire un ristorante non basta avere a disposizione un locale idoneo e aver provveduto a rispondere a ogni requisito di legge. Affinché abbia successo, e fare in modo che il proprio investimento si trasformi in un guadagno, è necessario elaborare un business plan adeguato. Soprattutto di questi tempi, con una concorrenza sempre più spietata, lanciarsi sul mercato alla leggera non potrà fare altro che aumentare il rischio di imbattersi in un fallimento. Ma cosa bisogna valutare, affinché la propria attività diventi sin da subito fiorente?

L’investimento: la valutazione dei costi

Aprire un ristorante significa innanzitutto avere una somma rilevante di denaro da investire, con la consapevolezza che, per i primi tempi, più che ottenere un guadagno si rientrerà nella cifra spesa. In linea generale, bisognerà fare i conti con i seguenti costi:

  • licenze, tasse, autorizzazioni, assicurazioni, previdenza e corsi di formazione obbligatori;
  • ristrutturazione e messa in sicurezza dei locali;
  • affitto dei locali, se l’immobile non è di proprietà;
  • stipendi, assicurazioni e contributi previdenziali dei dipendenti;
  • materie prime e forniture;
  • attrezzatura, stoviglie, elettrodomestici e arredamento;
  • utenze di gas, elettricità, acqua e fognature;
  • gestione e smaltimento dei rifiuti.

In media, oggi in Italia per aprire un piccolo ristorante sono necessari dagli 80.000 ai 300.000 euro, a seconda della grandezza dell’esercizio, del numero di coperti garantiti e dei dipendenti necessari. Considerando un ristorante di circa 50 coperti, in una zona non particolarmente lussuosa e dedicata a un target medio, la cifra iniziale si aggira attorno ai 140/150.000 euro.

E sul fronte dei guadagni? Considerando un ristorante di medie dimensioni, con circa 50 coperti, la forbice del fatturato in Italia va dai 180.000 ai 400.000 euro, a seconda della zona. Il fatturato tipo è di circa 270.000 euro, con circa 40.000 euro di guadagni annui netti esclusi tutti i costi e gli investimenti.

La valutazione sociale, territoriale e del target

Naturalmente, un ristorante non può ottenere un guadagno se non incontra i favori del pubblico. Per questo, prima di lanciarsi in questa avventura commerciale, è indispensabile valutare al meglio il contesto in cui ci si trova, sia dal punto di vista sociale che territoriale, affinché si possa conoscere il target con cui si ha a che dare.

  • Valutazione sociale: è importante conoscere le caratteristiche medie del pubblico che frequenta la zona dove il ristorante è inserito. Gli stipendi medi, le abitudini di consumo e la classe sociale, ad esempio, sono tutti elementi che contribuiscono a elaborare la propria strategia. Ovviamente, se la zona in cui si deciderà di aprire è frequentata perlopiù da gente comune e normo-spendente, offrire un servizio di ristorazione super-lusso non avrà granché successo;
  • Valutazione territoriale: oltre alla figura del cliente medio, bisogna anche valutare la geografia e l’economia tipica del territorio. Innanzitutto, capendo quale tipologia di cliente si potrà conquistare. Ad esempio, vi è una bella differenza tra un ristorante che cerca di conquistare utenza di passaggio da uno, invece, inserito in una zona turistica. Ancora, bisogna capire se il quartiere in cui ci si trova permette solo di approfittare di clienti casuali o, ancora, di sviluppare una certa fedeltà degli avventori. È il caso dei ristoranti che propongono cucina tipica o etnica in luoghi turistici, ad esempio;
  • Valutazione del target: la valutazione sociale ed economica non è sufficiente per identificare il target che, con molta probabilità, visiterà il ristorante. Spesso i clienti sono disposti a spostarsi, anche di diversi chilometri, per vivere un’esperienza di ristorazione diversa dal solito o per provare una cucina dalle ottime recensioni. In base a questo, si dovrà decidere come proporre il proprio menu e a quale prezzo: ci sono ristoranti che si concentrano sulle famiglie, altri sui giovani, altri ancora sugli appassionati di cucina gourmet e molto altro ancora. È quindi necessario capire alla perfezione cosa si potrà davvero offrire e come questo potrà incrociarsi con le richieste tipiche della clientela media che frequenta la propria zona.

Per quanto sia indirettamente connessa alla valutazione territoriale, è utile fare un ragionamento separato sulla concorrenza. L’Italia è un Paese in cui i ristoranti non mancano di certo e, con molta probabilità, ci si troverà a confrontarsi con diversi competitor nella propria zona. È quindi necessario:

  • comprendere quali siano gli esercizi più gettonati, quale sia la loro utenza media e, in base a questo, la spesa media per cliente;
  • capire le eventuali possibilità di differenziazione.

Il secondo punto è particolarmente importante. Difficilmente si otterrà successo proponendo al pubblico un’esperienza simile, o sovrapponibile, a realtà ristorative già esistenti. Questo perché i clienti tendono a frequentare ristoranti che già conoscono, e a cui sono affezionati, poiché offrono loro una grande certezza sulla qualità della cucina che si andrà ad assaporare. La differenziazione diventa quindi un’arma fondamentale:

  • in base alla cucina: offrendo, cioè, un menu non disponibile presso gli altri ristornati di zona;
  • in base all’esperienza offerta: ad esempio con locali tematici, cucine regionali o etniche, ristorazione gourmet e molto altro ancora;
  • in base alla qualità del servizio e dell’intrattimento offerto;
  • in base ai prezzi del servizio.

Aprire un ristorante: l’importanza del marketing e della digitalizzazione

Persona che fa foto al piatto

Valutata la zona, il target e le possibilità di guadagno, è necessario passare alle strategie di marketing affinché si possano agganciare nuovi clienti. In una prima fase è infatti indispensabile che sempre più persone conoscano il ristorante e si appassionino alla sua cucina. Successivamente, è necessario trasformare questi clienti incuriositi in avventori affezionati, affinché si possa contare su un elevato tasso di ritorno.

Strategie di marketing per lanciare il ristorante

Come già accennato, aperto un ristorante è innanzitutto necessario farsi conoscere. Su questo fronte, la strategia più mirata è quella delle attività di promozione, separate in due grandi gruppi: quelle sul territorio di riferimento e quelle online, per catturare utenza che proviene da aree più lontane.

  • Organizzare un evento inaugurale: è il modo migliore per farsi conoscere dai residenti e dagli habitué di zona, magari predisponendo un piccolo percorso di degustazione gratuita, con mini-ricette della propria cucina sia da consumare sul posto che da asporto;
  • Offrire menu a prezzo speciale: nelle prime settimane d’apertura, potrebbe essere molto utile approfittare di un menu a prezzo ridotto per attirare l’utenza, affinché possa conoscere la qualità della propria cucina;
  • Partecipare a eventi cittadini: chi ha deciso di aprire ristoranti in località turistiche, o in cittadine di piccole e medie dimensioni, potrà approfittare di numerosi eventi enogastronomici organizzati a livello locale. Sagre, fiere, manifestazioni sportive. Mostrarsi disponibili a fornire supporto – o, perché no, un piccolo servizio di catering – aiuterà a farsi conoscere dalla popolazione locale;
  • Produrre materiale pubblicitario: volantini da distribuire nelle aree commerciali limitrofe al proprio quartiere, cartellonistica in snodi strategici della città, advertising su quotidiani o tv locali possono aiutare a incrementare il flusso di avventori ai locali;
  • Investire online: oggi la scelta del ristorante da visitare avviena anche e soprattutto grazie al passaparola online e, purtroppo, anche tramite i temuti servizi di recensioni. Per questo è utile sin da subito predisporre la propria presenza in rete, sia con un sito istituzionale che con un’attività sui più frequentati social network.

Strategie di lungo periodo: come mantenere i clienti

Una volta conquista un’utenza di base, è necessario fidelizzare i clienti. E, anche su questo fronte, diverse strategie di marketing si rivelano molto efficaci:

  • Stimolare il cliente casuale a diventare abituale, ad esempio con sconti, tariffe promozionali oppure sistemi voucher/tessera per ottenere vantaggi raggiunta una soglia predefinita di prenotazioni;
  • Mantenere sempre elevata la qualità della cucina, individuando e spingendo i piatti che hanno ottenuto i maggiori favori da parte degli avventori;
  • Rinnovare l’esperienza, mantenendo però i punti cardine che hanno conquistato l’utenza. Per quanto alcuni piatti diventino un simbolo del ristorante, i clienti si potrebbero anche stancare di un’offerta ben poco varia o immutabile. È quindi bene inserire in menu ricette nuove, proporre esperienze ed eventi ad esempio in concomitanza con feste e celebrazioni – il classico San Valentino, per citarne uno. Ancora, si possono organizzare veri e propri eventi degustativi, come ad esempio invitare uno chef particolarmente amato dal pubblico, per una serata dal menu dedicato;
  • Stringere partnership con altre attività presenti sul territorio, ad esempio con i bar, per offrire all’utenza un’esperienza più completa a un prezzo vantaggioso.

La strategia digitale: dalla delivery ai social

Infine, mai come in questo periodo, la strategia digitale si rivela indispensabile per il successo di un ristorante. Sia perché l’abitudine di controllare le recensioni online è diventata pratica consolidata fra i clienti sia perché gli anni di pandemia hanno profondamente cambiato il modo con cui ci si approccia alla ristorazione.

Innanzitutto, ogni ristorante si dovrebbe dotare di un piccolo team di esperti digitali, che si occupi di come comunicare online le proprie attività nel modo più efficace possibile. Questa squadra dovrà occuparsi di:

  • monitorare i siti di recensioni e gestire eventuali recensioni negative, offrendo giustificazioni adeguate agli utenti e mediando con gli stessi gestori di questi siti, soprattutto in presenza di giudizi non veritieri;
  • elaborare la strategia social a seconda della piattaforma. Questo sia sul fronte del B2C – Facebook, Instagram, TikTok, YouTube, Twitter e via dicendo – sia sul B2B (LinkedIn), se il ristorante avesse interesse anche a occuparsi della fornitura di menu a realtà imprenditoriali. È il caso, ad esempio, di quegli esercizi che si occupano dei pranzi per i dipendenti delle aziende vicine o, ancora, di catering per le mense aziendali;
  • gestire le pubbliche relazioni con i media locali, come i piccoli quotidiani, che nazionali, quali emittenti televisive;
  • occuparsi dell’aggiornamento costante del sito istituzionale del ristorante.

Si è citata poc’anzi la pandemia, come spartiacque tra un prima e un dopo nella ristorazione. Proprio durante il periodo del covid, e dei relativi lockdown, i servizi di delivery si sono diffusi a macchia d’olio e anche oggi, dove non vi sono più limitazioni per frequentare un ristorante, molti utenti approfittano di questa modalità. Considerando come le richieste di delivery siano cresciute anche del 70% negli ultimi tre anni, non approfittarne potrebbe essere una valutazione fin troppo ingenua. Di conseguenza è utile:

  • organizzare un servizio di delivery in proprio, quindi dotandosi di propri rider e servizi di consegna;
  • avvalersi dei servizi di società terze già lanciate su questo fronte, e dotate già di una piattaforma online e via app rodata, per garantire le consegne agli utenti.

In ultimo, utile è anche investire su sistemi di prenotazioni online tramite il proprio sito ufficiale: gli utenti sono sempre meno attratti dalla necessità di telefonare al ristorante per valutare la disponibilità di eventuali coperti ma preferiscono invece collegarsi sul sito o via app, sia per controllare questa disponibilità in tempo reale sia per prenotare, in piena autonomia, orari e numero di coperti.