Home Guide di cucina Come aprire una pizzeria: la guida completa

Come aprire una pizzeria: la guida completa

di Marco Grigis 2 Febbraio 2023 16:00

Se avete in mente il progetto di aprire una pizzeria, ecco tutti i nostri consigli per non perdersi in un oceano di carte bollate e concorrenti agguerritissimi. Dai requisiti di legge alle normative ASL, passando per la pianificazione strategica, il percorso potrebbe essere tortuoso ma con questa piccola guida avrete gli strumenti necessari per avere successo.

A chi non è mai balzata in testa l’idea di mollare tutto e aprire una pizzeria? D’altronde, non si può dire che quello della pizza non sia un settore remunerativo: non solo è uno degli alimenti più amati dagli italiani ma è anche uno dei simboli dello Stivale nel mondo.

Eppure, decidere di aprire una pizzeria potrebbe essere un percorso tutto fuorché semplice poiché, oltre agli ovvi ostacoli burocratici, vi sono non pochi rischi a livello imprenditoriale: la concorrenza, almeno sul territorio italiano, è a dir poco spietata.

Agrodolce ha quindi deciso di offrire ai suoi lettori una guida completa su come aprire una pizzeria: dai requisiti di legge alle normative ASL passando per la pianificazione strategica affinché il proprio locale abbia successo, ecco tutti i consigli per non perdersi in un oceano di carte bollate e concorrenti agguerritissimi. Di seguito, tutte le informazioni utili.

Come aprire una pizzeria: tutti i requisiti

Come è facile intuire, non è sufficiente avere un sogno oppure una passione per poter aprire una pizzeria. È infatti necessario soddisfare una lunga serie di requisiti previsti dalla legge, degli adempimenti necessari sia per coloro che desiderano aprire una pizzeria classica – con posti a sedere per la consumazione sul posto – che per chi preferisce invece l’idea di un servizio d’asporto.
Poiché a livello burocratico il percorso è molto complesso – nonché identico a quello di un classico ristorante – è sempre utile farsi aiutare da un personale qualificato e da dei professionisti di settore, come commercialisti e avvocati. Ma quali sono i requisiti che è necessario rispettare?

I requisiti personali e professionali

Il primo ostacolo da superare è quello di verificare di essere in possesso dei requisiti personali e professionali per avviare un’attività di ristorazione aperta al pubblico, così come definito dalla Legge 287 del 25/08/1991. Chi ha già esperienza nell’universo proprio della ristorazione, avrà già familiarità con queste richieste: sono le medesime che servono per l’apertura di un bar oppure di un ristorante. La normativa prevede innanzitutto di:

  • essere maggiorenni;
  • aver frequentato le scuole dell’obbligo, secondo la normative vigente al momento dell’avvio dell’attività: a oggi, dai 6 ai 16 anni d’età;
  • essere in possesso di una formazione consona.

E proprio sul fronte della formazione, la legge diventa più specifica: lo Stato vuole infatti accertarsi che chi aprirà una pizzeria sia in possesso delle competenze di base per distribuire alimenti e bevande al pubblico. Sarà pertanto necessario soddisfare una delle seguenti condizioni:

  • essere in possesso di un diploma di scuola superiore, sulla base di un corso di studio che abbia previsto percorsi specifici per la commercializzazione, la somministrazione e la preparazione di alimenti. È il caso, ad esempio, delle scuole alberghiere;
  • essere iscritti al vecchio registro esercenti (REC);
  • aver seguito il corso SAB per la somministrazione di bevande e cibi;
  • aver lavorato per almeno due anni per società che si occupano della preparazione, della somministrazione e della commercializzazione di alimenti e prodotti derivati;
  • ottenere l’attestato HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Point) per poter apprendere le competenze di base sulla sicurezza sia degli alimenti che degli ambienti di lavoro, nonché della clientela. A grandi linee, corrisponde al vecchio libretto sanitario.

Come facile intuire, chi decide di aprire un locale per la ristorazione – quindi comprese anche le pizzerie – dovrà essere in possesso di una Partita Iva, sia che si tratti di un’impresa individuale che di una società. Il relativo codice ATECO è il 56.10.11 (“Ristorazione con somministrazione”) per le pizzerie con consumazione sul posto, 56.10.20 (“Ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi d’asporto”) per chi decide di concentrarsi unicamente sulla pizza d’asporto.

I requisiti morali

Sempre come accade per bar e ristoranti, anche per aprire una pizzeria è necessario il rispetto di alcuni requisiti morali, previsti dalla legge. Non può infatti aprire una pizzeria chi:

  • è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza;
  • è sottoposto a misure cautelari;
  • ha ricevuto una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitti colposi con pena detentiva non inferiore ai tre anni;
  • chi ha compiuto reati quali riciclaggio, ricettazione, frode in commercio, usura, bancarotta fraudolenta, rapina, estorsione, violenza, reati contro l’igiene o contro la sanità pubblica.

I requisiti di base del locale

Soddisfatti i requisiti personali, professionali e morali, è giunto il momento di verificare le caratteristiche che dovrà avere il locale affinché possa operare secondo la legge. Anche in questo caso, si applica la medesima normativa prevista per i ristoranti: la legge non distingue infatti a seconda della tipologia di alimenti preparati. In questo senso, un ristorante cinque stelle e una piccola pizzeria di quartiere devono sottostare agli stessi adempimenti. Vi è però una piccola distinzione, quella relativa alla tipologia di servizio che si desidera offrire:

  • pizzeria con consumazione in loco: si applicano le medesime regole del ristorante;
  • pizzeria unicamente d’asporto: non vi è ovviamente la necessità di implementare le richieste per la sala e per i servizi igienici aperti al pubblico. Si dovranno invece rispettare le normative sullo stoccaggio degli alimenti, sui servizi igienici per il personale e sulla cucina. Inoltre, vi dovrà essere comunque una metratura congrua – almeno di 30 metri quadrati – e un’area per la consegna degli alimenti ai clienti separata dalle zone di preparazione della pizza. Questa potrà essere anche semplicemente una via di comunicazione con l’esterno, come ad esempio una vetrata a scorrimento, come nel caso delle pizzerie drive-trough.

Qualora si optasse per una pizzeria con consumazione sul posto, bisognerà fare riferimento alle richieste della propria ASL di zona. Innanzitutto, il locale dovrà avere una destinazione di tipo commerciale: non è infatti possibile offrire servizi di ristorazione in edifici e locali a uso residenziale. Dopodiché, bisognerà rispettare tutti i vincoli paesaggistici e di sicurezza previsti dalla legge e assicurarsi che:

  • pavimenti e superfici dure siano realizzati in materiali di facile pulizia e igienizzazione;
  • tutte le finestre e le aperture che si affacciano sulla cucina e sull’area di stoccaggio dovranno essere dotate di zanzariere o filtri anti-insetto;
  • l’illuminazione naturale della sala dovrà essere di ⅛ della superficie del pavimento e, per il ricircolo dell’aria, serve sempre almeno ⅛ di superficie apribile o adeguati impianti per la ventilazione forzata.

Come deve essere la cucina

Entrando nel dettaglio delle necessità di predisposizione e arredamento della cucina, anche in questo caso valgono le stesse regole previste per i ristoranti: uno spazio adibito a cucina di almeno 20 metri quadri, compresa l’area di lavaggio, per ristoranti fino a 50 coperti. Quando i coperti diventano 100, l’area di lavaggio e di preparazione delle pizze dovranno essere in due ambienti separati. Verificata la sufficiente ampiezza degli spazi, è indispensabile che gli ambienti risultino igienici e sicuri:

  • tutte le pareti della cucina dovranno essere piastrellate, o dotate di rivestimento idoneo e facile da igienizzare, fino a 2 metri d’altezza;
  • il pavimento deve essere liscio, facilmente lavabile, in materiale non assorbente e dotato di sifone con griglia di pulizia;
  • tutte le finestre devono essere amovibili e igienizzabili, con le opportune barriere contro gli insetti;
  • i piani di lavoro devono essere separati a seconda delle attività e delle tipologie di cibo, inoltre devono essere realizzati in materiali duri, non porosi e non assorbenti;
  • tutti i rivestimenti a contatto con il cibo devono prevedere vernici atossiche e lavabili;
  • i forni per la cottura delle pizze, sia a legna che di altre tipologie, devono essere collegati a una canna fumaria dedicata, sottoposta regolarmente a manutenzione e certificata;
  • nell’area di lavaggio devono essere presenti lavastoviglie professionali dimensionate per il numero di coperti;
  • devono essere rispettate tutte le normative antincendio, con un numero sufficiente di estintori o, in alternativa, sistemi a pioggia automatici per lo spegnimento di eventuali fiamme;
  • lo scambio degli alimenti tra la cucina e il personale di sala deve avvenire in aree apposite, affinché i camerieri non entrino in contatto con il cibo eventualmente in preparazione, per evitare contaminazioni.

Magazzini, dispense e servizi igienici: come devono essere

Ovviamente, il lavoro nella cucina di una pizzeria non può prescindere dall’area di stoccaggio delle materie prime, così come dai servizi igienici di cui tutto il personale si avvale. Innanzitutto, è necessario prevedere una ferrea distinzione tra percorsi puliti e percorsi sporchi: in altre parole, non vi dovrà essere mai contaminazione per i cibi. Il consiglio è quello di realizzare una vera e propria progressione dalla dispensa fino alla cucina, affinché non possano essere compiuti passi a ritroso: in questo modo, i cibi lavorati non entreranno mai in contatto con quelli ancora vergini.
Partendo dalle dispense, è necessario accertarsi di alcuni adempimenti di legge:

  • devono essere presenti tutte le apparecchiature per la corretta conservazione dei cibi – frigoriferi, freezer e celle frigorifere – e verificare che l’ambiente a clima modificato sia idoneo con le caratteristiche stesse degli ingredienti;
  • All’interno di questi apparecchi, vi devono essere appositi vani per la separazione di ingredienti fra di loro diversi;
  • per lo stoccaggio delle materie prime che non richiedono conservazione in clima modificato, sono necessarie idonee scaffalature in materiale non assorbente e facilmente lavabile;
  • in caso si vendessero cibi precotti o preparati in anticipo rispetto agli ordini, saranno necessari opportune vetrinette – refrigerate o riscaldate, a seconda della tipologia di alimento – completamente isolate dagli altri ambienti;
  • stoviglie, utensili da cucina e cibi dovranno essere sempre separati fra di loro in dispensa e in magazzino, per evitare contaminazioni.

In merito ai servizi igienici, invece, bisognerà predisporre degli spazi idonei sia per il personale che per gli avventori della pizzeria, in caso si decidesse di inaugurare un’attività con la possibilità di consumazione sul posto:

  • i dipendenti dovranno approfittare di spogliatoi e servizi igienici a loro dedicati, in ambienti fra di loro separati;
  • i servizi – anche quelli per il pubblico – dovranno avere rivestimenti facilmente igienizzabili sulle pareti, fino a 2 metri d’alezza;
  • i lavabi devono essere attrezzati con pedali o fotocellule, per evitare contaminazioni con le rubinetterie;
  • devono essere previsti cestini a pedale, dispenser di sapone, dispenser di salviettine monouso o, in alternativa, asciugatori elettrici;
  • i servizi aperti al pubblico devono risultare pienamente accessibili, negli spazi e nei sanitari installati, ai portatori di handicap.

Sala di consumazione: cosa prevede la legge

Anche la sala dove la pizza verrà servita e consumata deve rispondere a precisi requisiti di legge. In linea generale, deve essere garantito il massimo della sicurezza e dell’igiene sia agli avventori del locale che al personale dipendente. Per far questo, è necessario:

  • un’altezza dei locali pari a 3 metri, salvo eventuali deroghe comunali (in genere non si scende al di sotto dei 2.70 metri);
  • una cubatura minima di 25 metri quadrati;
  • uno spazio pari a 1.20 metri quadrati per ogni posto a sedere;
  • adeguata areazione – anche con sistemi di ventilazione forzata – e illuminazione naturale pari a ⅛ della superficie calpestabile del locale;
  • tavoli da almeno 80×80 centimetri e sedie di almeno 40×40, con anche 40 centimetri di passaggio fra un tavolo e l’altro;
  • installazione di sistemi per la rilevazione di fumi tossici e adeguata apparecchiatura anti-incendio.

Aprire una pizzeria: tutti gli aspetti burocratici

Assecondati tutti i vincoli di legge per la predisposizione dei locali cucina, delle dispense, dei servizi igienici e della sala di consumazione, il percorso per aprire una pizzeria è tutto fuorché terminato. Vi sono infatti degli ulteriori passaggi da compiere, non sempre alla portata di tutti: quelli burocratici. Su questo fronte, è sempre utile farsi seguire da professionisti – come avvocati e commercialisti – poiché vi potrebbero essere delle piccole differenze da zona a zona: oltre alle leggi dello Stato, infatti, entrano in gioco anche delibere e regolamenti a livello comunale.

Tutta la documentazione da acquisire e produrre

Persona che compila fogli

Come già accennato, sono parecchi gli adempimenti burocratici necessari all’inaugurazione di una pizzeria. A partire dalla più che ovvia apertura di una Partita Iva, con i corretti Codici Ateco. Come visto in precedenza, per questa attività si possono scegliere i codici:

  • 56.10.11, Ristorazione con somministrazione: è necessario per tutte quelle pizzerie che intendono offrire la possibilità di consumazione sul posto, ad esempio con sale interne ed esterne al locale;
  • 56.10.20, Ristorazione senza somministrazione con preparazione di cibi d’asporto: ideale per chi decide di aprire una pizzeria che offre unicamente il servizio d’asporto.

Oltre a questo, è necessario dotarsi di specifiche documentazioni, licenze e certificazioni:

  • Iscrizione all’INPS e all’INAIL, sia per i proprietari che per i dipendenti, per la corretta gestione dei contributi previdenziali, le malattie professionali e gli infortuni sul lavoro;
  • Consegna della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) presso lo sportello SUAP (Sportello Unico delle Attività Produttive) del proprio Comune, dove si certifica il possesso di tutti i requisiti di legge per l’apertura della pizzeria, comprenso il piano HAACP;
  • La licenza UTF da presentare all’Agenzia delle Dogane per la somministrazione e la vendita di superalcolici;
  • La tassa SIAE in caso in pizzeria si volesse diffondere musica o spettacoli radiofonici, mostrare spettacoli televisivi oppure organizzare eventi dal vivo;
  • La tassa comunale per l’esposizione dell’insegna del locale e, se si desidera approfittare di tavolini all’aperto, anche il permesso di occupazione del suolo pubblico.

Aprire una pizzeria: le strategie di business

Purtroppo, non basta adempiere ai requisiti di legge e alle necessità burocratiche affinché una nuova pizzeria abbia successo. Questo settore in Italia è a dir poco affollato e, di conseguenza, emergere sul mercato non è semplice: la concorrenza è molto agguerrita, sia sul fronte dei prezzi che delle tipologie di pizza offerte. Per questo è necessario sviluppare un piano di business vincente, affinché l’investimento fatto per inaugurare la nuova attività sia sostenibile nel tempo e, soprattutto, rientrare in tempi brevi.

I costi per aprire una pizzeria in Italia

Un’analisi di business che si rispetti non può che partire con la valutazione dei costi per aprire la nuova attività. Tra le necessità burocratiche e la ricerca del locale, quest’ultimo di norma in affitto, si deve essere pronti a sborsare non poco denaro. A questo, si aggiungono i costi per il personale, nonché quelli per le materie prime, le forniture di gas ed energia, le tasse comunali e statali, le assicurazioni, le attrezzature e le attività di manutenzione. In media, le rilevazioni condotte in Italia tra la fine del 2019 e l’inizio del 2020 hanno evidenziato in seguenti costi per aprire una pizzeria:

  • pizzeria d’asporto: investimento iniziale tra i 30.000 e i 50.000 euro, con locale in affitto;
  • pizzeria con consumo sul posto: dai 90.000 ai 180.000 euro, a seconda della zona e con all’incirca una cinquantina di coperti, sempre per un locale in affitto.

E sul fronte dei guadagni? Tutto dipende dalla qualità della pizza offerta – data la concorrenza spietata – e dalla posizione in cui si trova la pizzeria. Un’ attività d’asporto, magari in una località di passaggio come nei pressi di una stazione o di un centro turistico, può mirare a incassi di circa 5.000 euro alla settimana. Le pizzerie con consumazione, in città di medie dimensioni e con una clientela media, possono anche arrivare ai 35.000 euro mensili di incasso, a cui ovviamente vanno sottratti tutti i costi per il mantenimento dell’attività.

Pizzeria da asporto o classica? La valutazione del contesto di business

Affinché ci sia un ritorno dell’investimento effettuato, è necessaria una profonda valutazione del contesto in cui si andrà a operare. E si inizia con una domanda che può sembrare scontata, tuttavia non così immediata come si potrebbe pensare: è meglio aprire una pizzeria con consumazione o d’asporto?

Per rispondere a questa domanda, la prima analisi è di tipo territoriale: in che luogo verrà aperta la pizzeria? Le attività che si concentrano unicamente sulla pizza d’asporto hanno maggiori successo nelle aree di passaggio della città. Fra queste, vanno considerate:

  • aree nei pressi di stazioni e aeroporti;
  • zone turistiche a elevata percorrenza pedonale;
  • aree limitrofe a centri commerciali o quartieri dedicati allo shopping;
  • quartieri della movida, con gran numero di locali dedicati alla musica dal vivo, discoteche e altri servizi d’intrattenimento.

Ovviamente, oggi non si può più pensare a una pizzeria d’asporto senza un collegato servizio di delivery: quella della consegna a casa è diventata un’abitudine molto diffusa durante la pandemia da coronavirus e, come facile intuire, pizza e fast-food sono stati gli alimenti più richiesti a domicilio. Il consiglio è quindi di dotarsi di un proprio servizio di rider, se economicamente sostenibile, oppure affidarsi ad aziende terze.

Se invece si desidera aprire una pizzeria classica, con la possibilità di consumazione sul posto, la scelta è decisamente più complicata. Questo perché, sia che ci si trovi in grandi città che in piccoli paesi, è probabile che ci si dovrà confrontare con diverse altre pizzerie già da tempo attive: basti pensare che in Italia ce ne sono più di 127.000, di cui più di 80.000 con servizio di ristorazione sul posto. In linea generale, queste pizzerie si rivelano un’investimento migliore:

  • in zona dal turismo lento e di permanenza, cioè in località di vacanza;
  • in punti panoramici delle città;
  • nei pressi di uffici e altre attività lavorative, per attirare i lavoratori durante la pausa pranzo o stringere accordi con le aziende locali;
  • in aree ricche di ristoranti di alto livello, in assenza di esercizi più abbordabili come le pizzerie;
  • nei centri storici, in caso si volesse offrire un’esperienza di pizzeria di lusso.

L’analisi della concorrenza

Lo si è detto più volte in questa guida: quello delle pizzerie è uno dei settori più affollati in Italia e, di conseguenza, ci si dovrà confrontare sul mercato con una concorrenza a dir poco agguerrita. È quindi utile valutare come stiano lavorando i propri competitor e quali servizi offrano, per puntare sulla più ampia differenziazione possibile: il cliente dovrà infatti essere attirato con un’esperienza nuova, quanto più possibile unica rispetto a quel che già offre il mercato locale. Per questa ragione, è utile valutare:

  • Prezzi medi: è indispensabile analizzare i prezzi medi della concorrenza, per capire quanto siano un fattore d’attrattiva per la clientela. Ovviamente, non si potrà eccedere troppo nella diminuzione dei listini, poiché l’attività rischierebbe di diventare insostenibile, tuttavia qualche sconto o prezzo promozionale nelle prime settimane di attività permetterà di farsi conoscere dalla popolazione locale;
  • Tipi di pizza: parlare genericamente di pizza non è mai utile, perché ne esistono le più svariate tipologie. Quale funziona di più nella propria zona? Ad esempio, nelle aree di passaggio – come nei pressi delle stazioni – sono molto gettonate le pizze al taglio, molto versatili per l’asporto e la consumazione immediata, magari mentre si corre a prendere un treno. Nelle aree più vacanziere, invece, è maggiormente richiesta la classica pizza, tonda e sottile, poiché si ha tutto il tempo di consumarla al tavolo. In questo caso, sono gli ingredienti a fare la differenza: sia sul fronte della qualità – ad esempio proponendo un’offerta con verdura biologica e latticini selezionati, magari grazie a partnership con produttori di zona – che della fantasia. Proporre abbinamenti originali, o ingredienti lontani dagli schemi dalla classica capricciosa o dalla margherita, può essere un’idea vincente. Senza ovviamente esagerare con lo stravagante, difficilmente si riuscirà a emergere proponendo pizze all’ananas o all’avocado come propria preparazione di punta;
  • Fidelizzazione della clientela: infine, è utile anche valutare anche le abitudini e il livello di fidelizzazione della clientela dei propri competitor. I consumatori spesso si affezionano alle pizzerie che frequentano da sempre e sarà molto difficile convincerli a lasciare la sicurezza di sempre per provare qualcosa di nuovo. Si possono però proporre delle piccole degustazioni gratuite o, ancora, organizzare partnership con altre attività sul territorio per spingere l’utenza a raggiungere il proprio locale.

Aprire una pizzeria: le strategie di marketing per avere successo

Non si può dire che quello per aprire una pizzeria non sia un percorso a ostacoli, tra la burocrazia e la difficoltà di imporsi sul mercato. Eppure, con una strategia di marketing mirata, è possibile ottenere in poco tempo un buon giro di clientela. È necessario però investire su questo fronte sin da subito, sia con modalità di pubblicizzazione classiche che approfittando dei numerosi strumenti che la rete mette a disposizione.

Il primo passo è quello di farsi conoscere a livello locale: occorre comunicare, nel modo più chiaro possibile, che una nuova pizzeria è disponibile in zona. Incuriosire i papabili clienti, affinché possano approcciarsi a questa nuova realtà e imparare ad apprezzarla. Per farlo, si può puntare su:

  • Volantinaggio locale: preparare dei flyer che raccontino la pizzeria, propongano il menu o illustrino i prezzi può aiutare nei primi giorni di apertura. La distribuzione deve avvenire nei luoghi di grande passaggio, come vicino alle stazioni e alle scuole, ma anche nei pressi dei centri più gettonati della movida;
  • Serate inaugurali con degustazione: se si decide di proporre delle pizze diverse oppure originali rispetto agli altri attori sul mercato, è utile stimolare la curiosità degli avventori con delle serate di degustazione, permettendo ai clienti di saggiare la bontà delle proprie pizze. Un piccolo evento musicale dal vivo, oppure una serata di stand-up comedy, faranno il resto;
  • Sconti promozionali: nelle prime settimane di apertura, è quanto mai urgente proporre degli sconti promozionali, o delle offerte a prezzo ridotto, per invogliare le persone a provare la propria pizza. Il rischio, infatti, è che a parità di prezzo i consumatori si rechino nella pizzeria di sempre, senza approfittare delle novità presenti in zona;
  • Carte di fidelizzazione: organizzare un sistema di fidelizzazione, come delle carte che garantiscono un prodotto gratuito dopo alcune consumazioni oppure un sistema di vantaggi a punti, stimola il nuovo cliente a diventare un consumatore abituale;
  • Pubblicità locale: è utile anche puntare sulla pubblicità locale, sia con cartellonistica nei luoghi di maggior passaggio che con piccoli interventi sulla stampa cittadina;
  • Partnership: trovare alleanze strategiche è fondamentale per garantire il buon successo della pizzeria. Si può puntare su alleanze con i bar di zona, le palestre oppure fornire servizi di catering per le ricorrenze e gli eventi cittadini.

Non bisogna però dimenticare la strategia digitale: mai come oggi è urgente farsi trovare in rete, primo luogo dove i consumatori si informano per le loro necessità. Di conseguenza, si consiglia di:

  • essere presenti sui principali canali social – in particolare Facebook, TikTok, Instagram e Twitter – avvicinandosi così all’utenza. Non è sufficiente una semplice vetrina, ma bisognerà interagire con i papabili clienti, fornire assistenza e rispondere alle loro domande;
  • monitorare i siti di recensioni, per gestire le risposte a eventuali clienti insoddisfatti;
  • creare un sito web, meglio se con la possibilità di prenotazione online per la consumazione nel locale o, ancora, la gestione online dei servizi d’asporto e delivery;
  • approfittare delle app di terze parti per la gestione della delivery, poiché garantiscono una grande visibilità in cambio di una commissione in genere abbordabile;
  • adottare sistemi di pagamento all-digital – da PayPal a Satispay – con la possibilità di versare quanto dovuto già al momento della prenotazione, un upfront che i clienti trovano sempre molto comodo sia per la consumazione nel locale che per la consegna a domicilio.

Infine, non bisogna dimenticarsi di produrre materiale fotografico e video: per convincere l’utenza online, non c’è niente che descriva meglio il proprio lavoro di un’immagine capace di provocare l’acquolina.