Home Cibo Mangiare foche, renne e orsi polari: ecco la cucina artica

Mangiare foche, renne e orsi polari: ecco la cucina artica

di Paola Porciello

Questo articolo di Laura Hall è apparso su bbc.it con il titolo “The chefs reviving the Arctic’s forgotten food”. Lo abbiamo tradotto per voi. Il progetto ha messo insieme un gruppo di chef dell’Artico e del Subartico per sviluppare un nuovo tipo di cucina che possa celebrare la cultura indigena.

Non è un caso che mi trovi su una barca nella Groenlandia del Sud quando assaggio il mio primo boccone di grasso di foca fermentato, una fetta burrosa che sa piacevolmente di mare con note di olio di pesce, seguita da un lungo boccone di mattak, la specialità del posto, ovvero un quadruccio di pelle, cartilagine e grasso di balena.

Questo perché, qui nell’Artico, la distanza tra la tundra e la tavola è breve. Quanto quella tra il mare e il piatto da portata. Solo una finestra mi separa dall’acqua cristallina, costellata da iceberg, dove è stato pescato il cibo. Inunnguaq Hegelund, lo chef indigeno groenlandese pluripremiato che mi sta facendo conoscere questi piatti, è conosciuto qui in paese per il suo lavoro straordinario con le carni tradizionali, tra cui quella dell’orso polare, che vaga sulla costa rocciosa a un centinaio di metri.

Hegelund fa parte della rivoluzione in atto nella regione artica e subartica. Lui e un gruppo di chef e imprenditori del settore stanno recuperando e sviluppando le culture culinarie indigene del passato, per ottenere una tradizione culinaria locale sostenibile che guardi al futuro.

 © FB New Artic Kitchen

Credo fermamente nella riscoperta dei cibi locali” dice Hegelund. “Quando studiavo alla scuola di cucina, la nostra bibbia era la cucina francese. Usavamo le tecniche tradizionali francesi con le carni tradizionali francesi. Quando ho cominciato a lavorare, non servivamo mai cibo groenlandese. Avevamo addirittura il pesce spagnolo. Ma ora le cose sono cambiate”.

Il movimento New Arctic Kitchen riunisce tutte le comunità del profondo nord, come l’Arcipelago artico canadese, le Isole Faroe, la Groenlandia e le Isole Åland della Finlandia, per condividere e sviluppare le rispettive culture culinarie insieme. Molte cose le accomunano: il senso di isolamento, i centri abitati concentrati in piccoli insediamenti lungo le coste e le forti tradizioni di caccia, tutti elementi che al tempo stesso le separano dalle culture culinarie occidentali.

Siamo gente dell’Oceano”, ha detto Sheila Flaherty, una chef di Nunavut, nell’Arcipelago artico canadese. “La caccia e la raccolta la facciamo con lo stesso spirito. Per noi macellare e mangiare sono processi profondi e personali. Siamo gente artica e la nostra terra natia Inuit copre tutta la regione”.

 © FB New Artic Kitchen

Mangiare carne di foca, di balena, di bue muschiato o di pesce ha senso in posti dove hai molte più probabilità di incrociare un narvalo piuttosto che un maiale, una mucca o un pollo. Mangiare cibo locale in modo sostenibile significa mangiare questi animali dalla testa ai piedi, proprio come facevano gli antenati. La caccia dell’orso polare, della foca e della balena sono severamente limitata da un sistema di quote. Nelle Isole Åland, la popolazione di foche supera di gran lunga le limitazioni imposte ai cacciatori, i quali, peraltro, non hanno mai cacciato tutte le 450 foche l’anno concesse dalla legge. Nell’Arcipelago artico canadese non esistono quote per i cacciatori di foche perché ce ne sono in abbondanza. Il movimento in atto vuole cambiare la narrazione di queste risorse locali di cibo. Ne vuole parlare per ispirare sviluppi futuri.

L’idea principale è di scambiarsi idee, prendere le best practice che già esistono e applicarle a ciascuna comunità”, ha spiegato Viktor Eriksson, ex chef capo del Restaurant Silverskär, nelle Isole Åland in Finlandia. “Ci sono molti fondi pubblici a disposizione delle aree rurali, ma il loro utilizzo individuale è inefficace. Il modo migliore di usarli è di costruire qualcosa scambiandosi le idee”.

 © FB New Artic Kitchen Coscio di foca

Parlando della sua filosofia, Flaherty cita il desiderio di lavorare con gli altri come fattore chiave per lo sviluppo delle culture culinarie e per il miglioramento della salute delle comunità locali, per la creazione di posti di lavoro e per riappropriarsi del senso della propria cultura. Ha dedicato la sua vita professionale a riportare la cultura culinaria indigena Inuit sulle tavole del posto in cui vive. Fettine di fegato di caribù, grasso di foca fermentato e pelle di foca sono solo alcune delle proposte offerte nel suo ristorante Sijjakkut a Iqaluit, in Canada.

Voglio che il mondo conosca la cultura Inuit” ha detto “Il piatto che preferisco servire è la foca dagli anelli. Non perché voglia essere provocatoria, ma perché più promuoviamo la carne di foca, più abbatteremo lo stigma che la circonda. La foca sostiene lo stile di vita Inuit”.

Altre prelibatezze della regione artica e subartica includono lo skerpikjøt, un piatto faroese a base di agnello essiccato che prende un sapore fermentato simile al gorgonzola man mano che si secca. Oppure l’agnello della Groenlandia, che pascola liberamente sulle terre rocciose che profumano di timo.

Uno dei motivi per cui la dieta tradizionale è decaduta è di natura politica. I coloni danesi hanno portato i loro gusti culinari nelle Isole Faroe e in Groenlandia. Nunavut è passata dal controllo britannico a quello canadese prima di avere un governo indipendente. In tempi più recenti, il desiderio di mangiare qualcosa di diverso ogni sera ha reso più attraente il cibo internazionale.

Le persone del posto vogliono poter mangiare cose diverse” afferma Hegelund “e non sempre le stesse cose tutti i giorni. Si tratta di creare delle alternative usando le stesse carni“.

 © FB New Artic Kitchen Hot dog di foca

Il gruppo di chef sta affrontando questa sfida partendo dai tagli di carne, in particolare della foca. Invece di trattare tutte le parti della carne allo stesso modo, fatta a cubetti e venduta a peso, hanno scoperto che il lombo e lo stinco hanno un sapore migliore in forma di bistecca, così come altri tagli: salsiccia, jerky e paté.

La diversità a tavola proviene anche dalle serre. La cucina tradizionale artica si basa quasi esclusivamente su pesce e carne. D’altronde siamo in una parte del mondo dove frutta e verdura non sono di facile coltivazione, per cui vengono importati e venduti a prezzi da urlo. Ma alcune serre sperimentali nel sud della Groenlandia e ad Iqaluit stanno ottenendo risultati positivi con la crescita di verdura, il che fa sperare in una riduzione delle importazioni in futuro.

E anche il riscaldamento climatico sta aiutando questo processo. Un fattore che tocca molto da vicino il movimento. Essere una cultura di cacciatori mette queste comunità in prima linea nel vedere i cambiamenti climatici all’azione, notando nuove specie e cambiamenti dei pattern migratori. Erikkson considera il movimento sostenibile come una forma di custodia ambientale basata sui prodotti locali che vengono protetti.

 © FB New Artic Kitchen

Avere gente che ha a cuore questi temi può aiutare la causa” sostiene “Se non gli è concesso cacciare, pescare e sostenersi con la natura, la gente perderà interesse. Questa è la cosa più pericolosa che possa succedere”. “Oggi sappiamo cose che non sapevamo cento anni fa. In passato abbiamo assistito allo sfruttamento di foche e balene per il sostentamento del resto del mondo. Se l’Artico prende una quota sostenibile per il proprio sostentamento, non ci sarà esaurimento delle risorse. Mandarle al resto del mondo in prima battuta è qualcosa che non possiamo più permetterci”. Si percepisce il senso di urgenza nei confronti di queste risorse alimentari, prima che sia troppo tardi.

Dobbiamo tenere traccia dei nostri cibi tradizionali e delle tradizioni che ne sono alla base” afferma Hegelund “Non abbiamo una documentazione precisa a riguardo e dobbiamo crearla adesso, prima che muoiano le generazioni che li hanno conosciuti”.

Gli obiettivi per il futuro includono il rafforzamento del turismo culinario e l’introduzione del New Arctic Food nei contesti istituzionali, quali gli ospizi, gli ospedali, gli asili e le scuole. In Groenlandia, in particolare, non si smette di parlare dell’indipendenza dalla Danimarca. Più rotte commerciali e il denaro proveniente dalle miniere della regione potrebbero portare ad avere maggiore potere nella rivendicazione della propria cultura indigena. Per Hegelund è un segno per l’indipendenza del suo paese che emerge dal passato coloniale. “La cosa più importante è essere in grado di sostenerci con le nostre risorse. Se vuoi essere un paese indipendente, devi avere il tuo cibo nazionale”.