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La Mugnaia, Ivrea

Nel cuore di Ivrea, c’è una cucina contemporanea attenta alla qualità delle materie prime e proposta in un ambiente elegante ma confortevole.

  • Tel. 0125.40530
  • Lunedì
  • entro i 50€
di Alessio D'Aguanno 19 Dicembre 2022

A Ivrea, la Mugnaia è molto conosciuto in città: è la donna protagonista del Carnevale delle Arance dal 1858 ma non solo. La Mugnaia è anche un ristorante situato nel centro storico della città, nascosto in un vicoletto pochi metri sotto Via Palestro, la strada principale alla quale è collegato. Il locale è nato undici anni fa dalla volontà di Marco Rossi e Elisa Campa, marito e moglie. Lui, di origine piemontese, è protagonista in cucina e lei, salentina, è in sala. Ad aiutarli un team di ragazzi giovani e ambiziosi, pronti a seguirne le rispettive orme. L’ambiente interno, con pochi tavoli tondi nella sala principale, è raccolto e rappresenta il giusto compromesso tra l’esclusività dell’andare a cena fuori – per la cucina, il servizio e le opere di gran gusto appese alle pareti – e l’intimità dello stare a casa – per il pavimento in cotto, le sedie in legno e le volte in mattoni a vista. 

Sono tre i percorsi degustazione a sorpresa tra i quali si può scegliere – Terra, Acqua e Natura – ognuno dei quali prevede entrée, antipasto, primo, secondo e dessert. La carta è un ristretto concentrato di creatività, con 2 – 3 scelte per portata che non lasciano spazio all’immaginazione ma al desiderio. Ogni piatto è fatto a mano è il motto di una cucina in cui, oltre ai piatti, si producono pane e pasta fresca. Il primo è ottimo nella morbida versione integrale a lunga lievitazione, ancora di più se abbinato all’intenso olio Laudemio Frescobaldi: la massima espressione degli uliveti toscani della famiglia, a base di cultivar Frantoio, Leccino e Moraiolo. La pasta fresca, invece, oltre che essere protagonista nei primi, ad esempio nei Ravioli di funghi porcini, brodo di mare al lemongrass e seppia croccante, si può assaggiare anche in un secondo piatto estremamente originale che si chiama L’anatra: appunti di viaggio. Una ricetta in cui l’animale gastronomicamente poliglotta viene affrontato in tre chiavi culturali differenti: giapponese, vedi il petto grigliato servito con un brodo di vitello orientale umami molto gustoso (con galanga, lemongrass, funghi, gamberi e foglie di kaffir lime), italiano, con il tortello ripieno di mortadella, trito di anatra e condito con una saporita crema di Parmigiano, e francese, con un cioccolatino di paté d’anatra. Il paté è presente anche negli amuse bouche, in una versione di trota che prende la forma di un cioccolatino e che viene confezionato nello stesso sacchetto di una caramella di Salsiccia di Bra cruda e del saporito Bacio di dama mandorla, Parmigiano e rosmarino.

Nei piatti si avverte tanta sperimentazione ma, allo stesso tempo, il desiderio di far sentire il cliente a casa o in quella che si può considerare tale una volta usciti dalla propria: la cosiddetta zona di comfort. Ecco spiegati, quindi, l’autunnale piatto ideato in omaggio alla più opulenta Zuppa VGE di Paul Bocuse – una crema di patate con funghi, zucca, castagne e tartufo servita in tazza, con coperchio di pasta sfoglia – il delicato Risotto alla zucca, cervo, salvia, caffè, con semi di zucca e caffè in polvere e infine il dessert Gelato al miele e cera d’api, semifreddo al fieno, mousse di nocciola, crumble di nocciola e polline.

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