17 cose che fanno arrabbiare un siciliano a tavola
• Pubblicato 12 Novembre 2014 Aggiornato 17 Marzo 2015 16:51
In Sicilia stare a tavola è un rito oltre che un piacere. Abbiamo raccolto tutte le cose che fanno arrabbiare un siciliano nei confronti del cibo.
Dopo aver esplorato i meandri dei fastidi romaneschi e napoletani a tavola, mi sono reso conto, in quanto siciliano, di condividere alcune fissazioni partenopee, come ad esempio l’obbligo di presenza per il pane sulla tavola. I siculi come se la passano nel gestire la rabbia a tavola? Ecco 17 cose da non fare mai per non irritare un isolano quando lo invitate a cena.
- La parmigiana senza melanzane fritte. Tutta colpa delle mode salutiste che hanno convinto molti ad abbandonare la padella. Anche sull'Isola qualcuno prova a rifilare piatti della tradizione in chiave light. La parmigiana di melanzane grigliate è lo scempio più eclatante. Ti siedi a tavola convinto di imboccare fettine trasudanti unto e invece ti aspettano melanzane rinsecchite e, diciamolo, un po' insapori. Per smaltire la rabbia farai due passi in spiaggia.
- Le posate incrociate. Strana la Sicilia: buona parte della gente accetta malvolentieri di rimanere imbottigliato nel traffico per colpa di un minchione (che non è una parolaccia) ma se vede le forchette incrociate, invoca la bontà dei Santi e degli Angeli e ti invita subito a scomporre la croce. Tu, sconvolto, chiedi il perché non si fa. Ti viene risposto che non si fa e basta! (il tono è severo).
- Mangiare velocemente. Se c'è un popolo che più di altri ha capito cosa significhi stare a tavola, scusate, ma è la Sicilia. Le pause pranzo dei dipendenti durano più del previsto perché mangiare in 20 minuti può suonare di cattivo gusto, oltre che uno sgarbo per chi mangia con noi. Il pasto non va consumato ma discusso, goduto e, alla fine, ricordato. Piuttosto non andare dal parrucchiere o rinuncia all'aperitivo con gli amici ma, per il tuo bene, trova il tempo di mangiare con il giusto ritmo.
- Non finire di mangiare. Primo: al siciliano non piace lo spreco di cibo. Secondo: lasciare nel piatto 100 g di pasta dei 350 g che ti ha servito, potrebbe causarti un calo di zuccheri poco dopo. E nessuno vuole che tu stia male.
- Non accettare il bis. Questo fa tanto immaginario collettivo ma se sei ospite e non accetti il bis di almeno una portata, tutti penseranno che qualcosa nel pasto è andato storto e ci rimarranno male. Se ci pensi bene è un atteggiamento paragonabile a quello degli allevatori di oche per il foie gras: la differenza è che qui non si usa l'imbuto per farti mangiare ma la violenza psicologica.
- Non poter fronteggiare le emergenze. Lungimiranza è la parola chiave che ogni famiglia sicula ricorda ogni qualvolta fa la spesa. Non si acquista pensando alla sopravvivenza della famiglia ma a quello che potrebbe accadere lì intorno. Un giorno all'ora di pranzo un pullman pieno di gente si guasta davanti casa tua: ti sentirai in dovere di nutrire tutti quanti e, semmai non dovessi avere abbastanza cibo, la rabbia ti costerà una settimana di gastrite.
- Dire (anche solo per scherzo) che al nord, invece… Durante un pasto in Sicilia affermi di aver mangiato della buonissima polenta con funghi porcini, una fantastica focaccia di Recco o bevuto un vino veneto eccellente. La reazione sarà una sola da parte di tutti: grasse risate. Pensano che tu stia scherzando e, quando capiscono che dici sul serio, inizieranno a sfotterti senza sosta. Perché il siciliano si arrabbia molto se gli dici che esistono cose buone superato lo Stretto di Messina. Il discorso si chiuderà con un: ma che vuoi mettere la pasta alla norma con il risotto alla milanese? Finiscila và! Rassegnati: è una battaglia persa.
- Se cade l'olio. Tornando alle superstizioni, l'olio in terra è la sciagura peggiore per le cucine della Sicilia. Una volta versato, tutti si sbracciano e lamentano intorno alla chiazza. In realtà tutti pensano a quanto era buono quell'olio acquistato a caro prezzo da un vicino di casa che produce pochi litri l'anno.
- Se il dolce non è buono. In questa terra il dolce non è una portata ma una filosofia di vita: non sbagliare mai la scelta. Una volta acquistai un dolce in nuova pasticceria mai provata, lo portai a casa per un pranzo con i parenti e non era affatto buono. Me lo rinfacciano tutte le volte che ci vediamo.
- Non mangio la ricotta dolce. Potete immaginare quanto la ricotta sia un pilastro della pasticceria siciliana: cassate, cannoli, impasti fritti e ripieni di questa crema. Se sei venuto al mondo in Sicilia e non ti piace la ricotta, poi non lamentarti se i tuoi genitori ti abbanonano dietro la porta di un convento.
- Se scoprono che sei vegano. I siciliani sono persone aperte ma proprio non riescono a mandare giù 2 cose: le spiagge private e la presenza di un vegano a tavola. Poi sei libero di fare come vuoi, eh.
- Se metti a tavola frutta del supermercato. Capita di vederli arrabbiarsi perché hai acquistato i limoni al supermercato quando basta fare due passi fuori porta per raccoglierli buoni e gratis. La frutta la si compra solo dopo aver appurato che nessuno dei vicini, amici o parenti, abbia una cesta da regalarci.
- Gli arancini fatti male. Può succedere di aver passato una giornata pesante e niente può tirare su il morale del siciliano come un arancino. Lo compri, è caldo. Lo addenti ed è insapore. Finisce che lo tiri contro la vetrina del negozio e te ne vai, piangendo.
- Gli arancini chiamati male. Un'isola divisa dal riso. Sì, perché tutti si arrabbiano se gli arancini vengono chiamati male: a occidente, tipo Palermo, li chiamano arancine e si arrabbiano molto quando sentono arancini. Il contrario succede a Oriente, Messina e Catania: qui esistono solo arancini. Fate attenzione quindi, comprate una cartina geografica, segnate una linea divisoria e regolatevi prima di comprarli.
- Non chiamatelo pangrattato. Uno degli ingredienti fondamentali della cucina siciliana, povero ma capace di dare corpo a migliaia di ricette. Solo che si sa, qui la lingua italiana ha delle inflessioni sue, spesso non corrette ma sue. Non chiamatelo pangrattato: è mollìca o, se volete fare i tosti, muddìca. Se viene tostato è detto muddìca calìata.
- Legumi la domenica. Retaggi culturali persistenti vogliono che di domenica si serva un piatto ricco. I legumi ricodano la povertà dei tempi andati e a nessuno frega niente se al Nord i legumi ora sono di moda perché genuini. Si mangeranno durante la settimana ma non la domenica che esige pasta al forno e il secondo di carne.
- L'ospite ineducato. Contraddittori fino al midollo: invitiamo gente a cena racomandandogli di non portare assolutamente nulla, tanto ci pensiamo noi anche al dessert. Ma se malauguratamente l'ospite arriva a mani vuote, noi non la prendiamo benissimo. Del resto si sa che per noi è bello incontrare le persone, ci piace. Ancora di più se queste hanno del cibo da offrirci come segno di stima e voglia di condividere.
Siciliani, cosa ci siamo dimenticati?
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- Disgustato via Shutterstock