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Ristorazione in crisi: calano le iscrizioni negli istituti alberghieri e manca il personale

di Chiara Impiglia • Pubblicato 19 Ottobre 2022 Aggiornato 4 Gennaio 2023 13:11

Le iscrizioni dei giovani all’alberghiero sono calate del 47% negli ultimi anni e il personale delle attività ristorative è sempre meno.

Crescono sfiducia e diffidenza, soprattutto da parte dei giovani, nei confronti del settore ristorativo. Il favoloso mondo della cucina, fatto di passione e creatività, che da anni viene raccontato dai media non sempre corrisponde alla realtà dei fatti e spesso finisce per disilludere e scoraggiare chi cerca lavoro. La diffusione di contratti capestro, le condizioni lavorative alienanti e i ritmi faticosi spingono verso professioni che permettano di ottenere risultati migliori con meno tempo e fatica. Pertanto, la mancanza di personale e la fuga dei giovani dalle scuole alberghiere sta mettendo in serie difficoltà le attività ristorative italiane.

A rivelarlo è il Rapporto 2022 dell’Osservatorio Ristorazione, diffuso in occasione del Forum della Ristorazione in corso a Padova. Secondo le elaborazioni sui dati Movimprese di Infocamere, il 2021 è stato un anno significativo ma in senso negativo: le iscrizioni di nuove attività in ristorazione sono state 8.942, il numero più basso della storia italiana più recente, così come il saldo tra iscrizioni e cessazioni, -14.188. Questi numeri non hanno solo invertito un trend di crescita che durava da oltre 10 anni ma hanno anche evidenziato un’inaspettata differenza tra Nord e Sud. A essere maggiormente colpita è stata la Capitale, con 8 attività su 100 che hanno chiuso battenti passando da 34.200 a 31.359, poi Milano e Torino, seppure marginalmente. Il numero di attività è cresciuto invece a Napoli (1sono 9.765 le nuove realtà) e a Palermo (5.840) mentre è rimasta pressoché stabile Firenze, dove la quantità di nuove registrazioni si attesta attorno alle 6.800 unità da 3 anni.

Lorenzo Ferrari, presidente dell’Osservatorio Ristorazione ha spiegato che “Se da un lato questi numeri sono normali assestamenti di un mercato fin troppo affollato, dall’altro sottolineano la differenza marcata di competenze e liquidità presente tra gli imprenditori del settore.” E, facendo riferimento agli ultimi avvenimenti storici, ha continuato “Nel biennio caratterizzato dalla pandemia sono sopravvissute o hanno addirittura prosperato quelle realtà che hanno saputo riorganizzarsi tempestivamente, rimboccandosi le maniche tra nuovi modelli di business, produzione di sala e cucina ottimizzata e processi di fidelizzazione dei clienti. Sono invece spariti molti dei locali che vivevano di solo passaggio, soprattutto turistico, senza badare particolarmente alla qualità del servizio e di modelli anacronistici privi di qualsivoglia forma di digitalizzazione”. L’unico modo per combattere questa tendenza è quello di ripensare il settore in modo da attirare e trattenere le nuove generazioni: figure professionali più consone alle competenze e alle aspirazioni dei nativi digitali, orari e modalità di lavoro nuovi potrebbero essere la soluzione?