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Revival: piccola guida agli amari

di Raffaella Galamini • Pubblicato 17 Marzo 2020 Aggiornato 30 Aprile 2020 15:36

Gli amari sono liquori storici, tornati alla ribalta grazie alla passione di mixologist e non solo: leggete la nostra guida per saperne di più.

Relegati per decenni al ruolo di comprimari, un semplice fine pasto in bar e trattorie di paese, gli amari italiani si sono presi la loro rivincita negli ultimi anni. Hanno rubato la scena agli altri spirits nel mondo della mixology e fatto il loro ingresso nei menu dei ristoranti stellati. hanno rubato la scena agli altri liquori e sono entrati nel menu degli stellati Oggi è tutta una corsa a riscoprire le formule antiche e a creare nuovi prodotti a base di essenze di erbe. Gli amari in origine erano elisir usati per curare le malattie e favorire la digestione. Apprezzati alla Corte di Caterina de Medici nel Rinascimento e popolari nei salotti nobiliari a fine Ottocento, tra alterne vicende erano piombati nel dimenticatoio negli anni Settanta del secolo scorso. Fino al riscatto di questi ultimi anni: una moda partita dagli States e che ha contagiato ben presto lo Stivale. Al punto che a Roma è stato aperto il primo bar tutto dedicato agli amari con oltre 500 etichette e Giunti Editore ha dato alle stampe addirittura il Grande libro dell’Amaro Italiano a firma di uno dei massimi esperti mondiali, Matteo Zed. Una storia affascinante, quella dell’amaro, che merita di essere ripercorsa nelle sue tappe principali.

UN PO’ DI STORIA

Le prime infusioni alcoliche a base di erbe erano utilizzate per curare e risalgono al 700: la loro origine è araba. Per avere una produzione ad uso fitoterapeutico in piena regola bisogna arriva al 1300: questi elisir erano inizialmente usati contro alcune malattie gli elisir erano utilizzati contro la malaria, il vaiolo e si ritenevano potessero allungare la vita. Solo dopo la scoperta dell’America e l’arrivo delle spezie in Europa gli amari diventano più piacevoli: questo spiega il successo prima alla corte di Caterina de Medici e poi, da metà ’800, nei salotti aristocratici. La parola Amaro, a indicare una specifica bevanda, compare sui manuali e nei libri attorno al 1897. Sono gli anni in cui gli elisir cedono il passo ai preparati di sintesi della farmaceutica. Il periodo in cui, con l’aggiunta di zucchero, diventano apprezzati digestivi, bitter nei cocktail o in generale bevande per concludere il pasto.

Con la prima guerra mondiale cominciano a scarseggiare e solo negli anni Trenta tornano a diffondersi come alternativa a basso costo delle più care medicine di sintesi. Particolarmente apprezzati i prodotti a base di china, usati dai soldati impegnati nella guerra in Nord Africa contro la malaria. Il Fernet è invece usato contro il colera e in generale le infezioni dell’apparato digerente. Alla fine della seconda guerra mondiale, con il boom economico, gli amari si diffondono nelle case degli italiani come alleato per la digestione. Il successo di questi prodotti entra in crisi negli anni Settanta con l’era dei long drink. Gli amari, al pari di vermouth e grappe, sono bollati come prodotti da vecchi. Si continuano a trovare in bar e ristoranti di provincia mentre nei locali alla moda cedono il passo a vodka, whisky, gin. Molte le aziende che chiudono, si salvano solo le più grandi. Con il ritorno alle origini della miscelazione gli amari tornano in auge.

UN PRIMATO TUTTO ITALIANO

Nonostante la popolarità di cui gli amari godono oggi nel mondo l’Italia mantiene ben saldo il primato di questa tipologia di spirits. È il Paese che conta il più alto numero di amari, spesso di diverse tipologie a seconda della regione. Non solo: è diffusa la tendenza di usare erbe officinali per aromatizzare ogni tipo di drink come assicura Michele Di Carlo, barman di grande esperienza e presidente del CCC (Classic Cocktail Club). Non deve quindi stupire il ritorno sulla cresta dell’onda di marchi storici della liquoreria italiana. A questo si affiancano le piccole produzioni locali che recuperano i segreti degli speziali per proporre prodotti per il mercato internazionale.

C’è ZED DIETRO IL SUCCESSO DELL’AMARO

Matteo Zed è uno dei più bartender italiani più noti e apprezzati a livello Internazionale, vincitore e finalista di alcuni dei più importanti concorsi a livello mondiale. Ha lavorato a Tokyo con Hidetsugu Ueno presso High Five; a New York, come bar supervisor da Joe Bastianich a Del Posto, e poi come head mixologist da Zuma e come beverage specialist nel Giorgio Armani Restaurant nella 5th Avenue. Per lui l’amaro è una grande passione come dimostrano il sito Amaro Obsession, l’Amaro Bar a Roma e il recente libro edito da Giunti editore. Per Matteo Zed è un modo per apprezzare i pregi dell’amaro in modo da “comprendere e conoscere meglio un amico sempre avuto in casa, ma mai conosciuto in fondo, che è molto meglio di un digestivo di fine pasto”.

L’ossessione di Zed per l’amaro è approdata presto anche sul web. Si chiama proprio Amaro Obsession il sito-blog che ha fondato. Qui gli appassionati possono trovare le ultime novità: dalle storiche etichette alle nuove bottiglie che si affacciano nella produzione di aziende note per altri spirits. Il sito si propone di far conoscere e approfondire l’amaro a tutti i livelli, lanciando inoltre le nuove tendenze.

AMARO BAR BY IL MARCHESE ROMA

Davide Solari e Lorenzo Renzi, amici di vecchia data, hanno aperto un anno e mezzo fa un bar tutto dedicato all’amaro in via di Ripetta 162 a Roma. Dietro il bancone bar in marmo ben 500 etichette diverse di amari. Questo progetto porta la firma di Matteo Zed che ha selezionato le etichette, provenienti da un po’ tutta Italia. Non mancano le bottiglie vintage e i prodotti di nicchia. Nella cocktail list figurano drink a tema.

IL GRANDE LIBRO DELL’AMARO ITALIANO

Il volume, edito da Giunti editore (224 pagine, 29 euro), porta la firma di (ebbene sì) Matteo Zed, che mette a frutto l’esperienza maturata all’estero. Sono raccontati storia e origini dell’amaro con un focus su 300 etichette tra le più interessanti della Penisola. C’è spazio inoltre per le tecniche di degustazione, le curiosità e un’attenta descrizione delle botaniche di riferimento. Due sezioni sono sui nuovi trend internazionali del food&beverage: mixology e cucina. Se l’utilizzo in miscelazione è cosa nota e il numero di etichette straniere è in crescita, è ancora poco noto l’utilizzo dell’amaro da parte di grandi chef come Gianfranco Vissani, Lele Usai e Arcangelo Dandini, creativi della pizza come Pier Daniele Seu, pasticcieri come Daniele Desanti e gelatieri come Simone Bonini di Carapina.

GLI AMARI ENTRATI NELLA STORIA

Gli amari – è proprio il caso di dirlo – sono di casa nei salotti e nelle cucine degli italiani. Tutti abbiamo sempre almeno una bottiglia a portata di mano. Alcune etichette sono ormai iconiche e basta la parola per capire subito di chi stiamo parlando. Vediamo i prodotti storici della tradizione italiana.

  1. Cynar. Lo spot in bianco e nero di Ernesto Calindri e lo slogan: “Contro il logorio della vita moderna” sono ormai leggenda. Fu creato nel 1948 dall’imprenditore veneziano Angelo Dalle Molle e all’inizio era prodotto dall’azienda G.B. Pezziol di Padova. Non deve stupire quindi il suo largo utilizzo anche nello spritz.
  2. Amaro del Capo. Alzi la mano chi, almeno una volta nella vita, non ha messo una bottiglia di Amaro del Capo nel freezer, pronto all’uso. Prodotto dalla Distilleria Caffo di Limbadi (Vibo Valentia) esprime i profumi del Sud e della Calabria in particolare con il suo infuso di 29 erbe officinali: liquirizia, ginepro, camomilla, arancio dolce e tante altre. Perfetto con il ghiaccio, strizza l’occhio alla mixology.
  3. Amaro Lucano. “Cosa vuoi di più dalla vita? Un Lucano”. Un altro amaro che è diventato una star per merito della pubblicità. Prodotto dal 1894 a Matera, su una ricetta segreta del Cavalier Pasquale Vena, tramandata di generazione in generazione l’Amaro Lucano gode di enorme popolarità. La miscela a base di oltre 30 erbe ancora oggi è custodita gelosamente. Un mix di sambuco, salvia, aloe, genziana da assaggiare puro o in cocktail dissetanti.
  4. Fernet Branca. Due amari sotto lo stesso tetto. Il Fernet-Branca nasce nel 1845 ed è prodotto dalla Fratelli Branca Distillerie di Milano. È il più cosmopolita dei prodotti: è realizzato con 27 erbe e spezie provenienti da quattro continenti. Iconica la bottiglia, rimasta immutata nel tempo. Nel 1965 è stata prodotta una versione aromatizzata con menta, il Branca Menta.
  5. Amaro Braulio. Un pezzo di storia della Valtellina. Creato nel 1875 dal farmacista di Bormio Francesco Peloni, Braulio prende il nome da uno dei monti della zona. Con quasi un secolo e mezzo di storia alle spalle questo amaro d’alta quota conserva il suo gusto forte e le sue note balsamiche grazie a bacche, radici, erbe e fiori con cui è preparato. Si beve liscio, con ghiaccio o miscelato.
  6. Amaro Averna. “Il gusto pieno della vita”, un altro fortunato claim pubblicitario per esaltare i pregi di uno storico amaro siciliano risalente al 1868. La ricetta segreta dei monaci benedettini dell’Abbazia di Santo Spirito è divenuto uno degli amari più famosi al mondo. Fu un monaco a donarla a don Salvatore Averna come gesto di gratitudine e ancora oggi si tramanda di generazione in generazione. Per apprezzarne le sfumature mediterranee dell’Averna, si consiglia di miscelarlo con due parti di succo di arancia rossa siciliana, ghiaccio e qualche fogliolina fresca di menta e timo.
  7. Amaro Montenegro. A dispetto del nome è un prodotto italianissimo. Ideato dal bolognese Stanislao Cobianchi nel 1885, ancora oggi è prodotto nello stabilimento di San Lazzaro di Savena. All’inizio si chiamava Elisir Lungavita ma cambiò nome in occasione delle nozze di Elena Petrovich Njegos con il re Vittorio Emanuele III in segno di omaggio alla principessa di Montenegro. 40 le erbe aromatiche selezionate, provenienti da tutto il mondo, per un elisir che Gabriele D’Annunzio definì nel 1921 “liquore delle Virtudi”.
  8. Amaro Ramazzotti. Oltre 200 anni di storia alle spalle per questo amaro dal gusto forte grazie al mix di 33 erbe, fiori, frutti e spezie. Nato in un laboratorio di Milano nel 1815 per la passione di un giovane imprenditore e aspirante erborista, Ausano Ramazzotti. Si riconoscono le note di anice, cardamomo, chiodi di garofano, mirra, arancia dolce, genziana e curcuma. A Milano è un’autentica istituzione, ancora oggi, con il caffè ma da tempo il mondo della mixology conosce apprezza ed esalta con le sue cocktail list le virtù di questo liquore.
  9. Amaro Luxardo. L’azienda, fondata nel 1821 da Girolamo Luxardo, affonda le sue origini nella bellissima Zara. Conosciuta e apprezzata all’inizio soprattutto per il celebre maraschino, con il tempo ha saputo imporsi sui mercati internazionali anche con altri prodotti come l’Amaro Luxardo Abano in cui troviamo spezie ed erbe come la cannella, l’arancio amaro, la china, il cardamomo. L’Amaro Luxardo è particolarmente apprezzato in miscelazione ad esempio con il rum invecchiato.
  10. Centerba Distilleria Casauria Enrico Toro. Origine antichissime per questo amaro dal caratteristico colore verde. Un omaggio alla terra d’origine, l’Abruzzo e alla tradizione erboristica dei frati benedettini che nel 1100 fondarono l’Abbazia di San Clemente a Casauria. Estremamente profumato e versatile sta bene nel caffè, sul sorbetto e nella miscelazione ha trovato una nuova giovinezza. Da provare anche l’Amaro Toro a base di rabarbaro, genziana ed erbe d’alta quota.

I NUOVI AMARI

Amaro K1 e Amarola. Arrivano dalla Sicilia l’Amaro K1 e Amarola e puntano su prodotti di altissima qualità come le erbe e le arance. L’Amaro K1 nasce ai piedi del monte Kronio, da qui il nome: un liquore digestivo a base di aloe vera, menta, rabarbaro, genziana e altre spezie, a cui si aggiungono le bucce di arancia dolce e amara. L’Amarola  è un elisir digestivo prodotto da un infuso di foglie di ulivo di Cerasuola bio che spande i suoi aromi mediterranei.

Rabarbaro, Fernet e Fernet Menta Paesani. L’azienda della famiglia Paesani produce liquori da oltre mezzo secolo. Oggi punta su una nuova linea: spiccano il liquore Amaro a base di radici naturali di rabarbaro e ben due tipologie di Fernet.

Amaro Làbaro Viola. Un amaro che nasce a Barberino Val d’Elsa in provincia di Siena e rende omaggio all’inno ufficiale della Fiorentina scritto da Narciso Parigi e ai versi: “Garrisca al vento il labaro viola…”. Un progetto nato per caso al bar tra un bartender e un cliente, rispettivamente Giulio Cossentino e Roberto D’Alessio che porta al recupero di una ricetta del nonno di quest’ultimo. Da questo incontro e dall’abilità di Giacomo Guazzini, master blender nella distilleria Deta, nasce l’Amaro Làbaro.

Amara. L’Amaro Amara è prodotto con le scorze di arancia rossa di Sicilia Igp, l’acqua delle sorgenti e le erbe spontanee dell’Etna. Insomma è proprio il caso di dire la Sicilia nel bicchiere. Il prodotto, ideato da due giovanissimi imprenditori siciliani, è molto versatile e apprezzato nel mondo della mixology.

Benefort. Deve il suo nome all’assenzio romano, chiamato in valdostano Benefort. Oltre 20  tipi di fiori, radici ed erbe alpine dalla Valle d’Aosta. Questo il segreto del gusto forte e deciso del Benefort. Nasce negli anni Settanta del secolo scorso dall’estro di Armando Calvetti, fondatore della distilleria Alpe.

Formidabile. L’amaro della Capitale, dallo stile personalissimo. Prodotto con un mix di erbe, fiori, cortecce, radici e scorze di frutti: china rossa, rabarbaro cinese, assenzio, genziana, arancia amara, anice stellato e rosa moscata che vengono macerate a freddo in alcool di grano senza l’uso di additivi, coloranti, caramello e aromi. A sottolineare la naturalità delle materie prime, in bottiglia Formidabile riporta l’annata.

Kaiserforst. Il Kaiserforst è una ricetta artigianale alpina che appartiene alla tradizione trentina. Attraverso l’infusione e la distillazione di 47 botanicals si ottiene un liquore dal gusto forte reso più attuale dall’aggiunta di radici di zenzero e cardamomo e dall’affinamento di sei mesi in barrique di quercia francese utilizzate per il brandy Valentini.

Mandragola. Un amaro prodotto dalla Torino Distillati secondo un’antica ricetta risalente al 1873 e attribuita a un farmacista della Valchiusella, poco lontano da Torino. Il progetto vede la collaborazione con il distributore Compagnia dei Caraibi. Il risultato è la produzione di questo liquore dalle spiccate capacità digestive a base di otto erbe. Da segnalare sempre nel catalogo della Compagnia anche l’amaro Jefferson a base di bergamotto di Roccella Ionica, arancia di Bisignano, rosmarino di Montalto Uffugo e origano della Palombara.

Quintessentia. Un liquore in casa Nonino non deve stupire. Il Quintessentia è frutto dell’unione tra l’amaro di famiglia a base di erbe aromatiche delle Alpi Carniche, e la ÙE, acquavite d’uva monovitigno che viene invecchiata in barrique. Prodotto destinato per lo più alla miscelazione.

Toccasana. Il nome stesso sta a testimoniare le virtudi di questo amaro delle Langhe, prodotto dal 1970 grazie alla macerazione a freddo di 37 erbe, fiori, radici e bacche. L’ideatore è Teodoro Negro di Cossano Belbo (CN), affascinato fin da bambino dall’abilità dei Padri Scolopi nel monastero di Carcare al punto di scegliere di laurearsi in erboristeria all’Università di Pavia.

Vaca Mora Poli Distillerie. Si chiamava Vaca Mora il trenino a vapore che fermava a Schiavon. Qui a fine Ottocento sorgeva l’Osteria al Cappello di Giobatta Poli. In ricordo di quei tempi Poli Distillerie ha usato questo nome per l’amaro realizzato con l’infusione in grappa di 16 erbe e piante aromatiche dalle alte proprietà digestive.

Virgilio Pallini. Amaro Virgilio è dedicato al presidente dell’azienda Pallini. Uomo d’ingegno e non è un caso che sull’etichetta compare l’immagine dell’uomo albero dalla cui testa fioriscono idee e non frutti. L’azienda ha saputo recuperare l’antica ricetta segreta di famiglia a base di botanicals amaricanti aggiungendo spezie per dare un’impronta più moderna. Pallini propone pure il Fernet dall’antica ricetta elaborata nel 1880.

Amari insoliti per composizione e produzione

Amaro dello speziale. Lo dice il nome stesso: è realizzato su ricetta del farmacista Ernesto Riva e prodotto da Foletto a Ledro, in provincia di Trento. L’Amaro dello speciale è un liquore a base di 22 erbe e radici: tra l’altro, troviamo genziana, coriandolo, ginepro, assenzio, garofano, menta e dulcamara. Un liquore particolarmente indicato a fine pasto e distribuito ancora oggi nelle farmacie.

Amaro Roach. Prodotto dal birrificio artigianale Roach Brewery di Monopoli. Il Roach Amaro, aromatizzato al luppolo, è perfetto per il dopo pasto. È realizzato con il metodo infusione fredda all-in a cold single step. Oltre al luppolo, sono utilizzate altre 13 botaniche tra erbe, fiori, radici. Non sono usati conservanti ed eccipienti. Ecco perché merita di essere gustato a temperatura ambiente con ghiaccio per apprezzarne gli aromi.

Pratum. Non esiste ricetta per l’amaro di casa Bonaventura Maschio. È la natura a decidere: le particolari erbe provengono da uno dei prati stabili del Friuli, dove non si interviene in alcun modo. I prati sono tutelati da severe leggi regionali. Tra le erbe troviamo achillea, timo serpillo, centaurea minore, mentuccia selvatica, piantaggine, caglio zolfino e cardo.

Amaro Imperatore. Dietro questa etichetta si nasconde il giovane imprenditore lucerino Salvatore Marchetti. È l’Amaro tipico della Daunia, prodotto con l’utilizzo dei frutti della terra come il lampascione e la rucola. L’ispiratore dell’Imperatore è stato il nonno Giuseppe La Cava. Lo chef romano Arcangelo Dandini del ristorante L’Arcangelo prepara le animelle con l’Amaro Imperatore per dare un gusto speciale al suo piatto.

Amaro Brethium. Prodotto da una giovane azienda calabrese è realizzato con 15 essenze amaricanti che crescono spontaneamente in Calabria: tra l’altro troviamo genziana del Pollino, cicoria, bergamotto, arancia amara e rucola selvatica. La prima ricetta dell´amaro fu elaborata da Donna Rachele nei primi del ‘900 e rielaborata in tempi recenti dal pronipote Roberto Maiorano.

AMARI DAL MONDO

St. Agrestis (USA). È l’invecchiamento dell’amaro in botti usate per la produzione di bourbon una delle particolari di questo amaro a stelle è strisce. St. Agrestis è stato realizzato nel 2014 da due ex sommeliers della Batali & Bastianich Hospitality Group. Il prodotto, a base di 20 botaniche, rispecchia l’identità di Brooklyn dove viene prodotto sia per l’uso delle materie prime che delle botti per l’invecchiamento di una distilleria artigianale di whiskey sempre a Brooklyn.

Salmiakki Dala (Islanda). Questo amaro nordico prende le mosse dall’ingrediente base delle caramelle alla liquirizia chiamate Salmiak: il sale di ammoniaca. La Dala Spirits ha pensato bene di creare un amaro che ricordasse questo prodotto dolciario. Dieci le botaniche utilizzate.

Jägermeister (Germania). Un liquore di origine tedesca dalla ricetta ancora oggi segreta. Per lo Jägermeister sono utilizzati 56 elementi tra erbe, radici, frutta e spezie. Tutti rigorosamente macerati nell’alcol.

Amaro Cinpatrazzo (USA). Arriva da Chicago, Illinois, questo amaro a stelle e strisce. Dietro questo progetto ci sono il ricordo di un soggiorno di studio a Firenze e di un viaggio in Puglia tra i trulli di Alberobello. Due esperienze che hanno guidato Pat Magner e sua moglie Cindy sulla giusta strada fino a ottenere il loro Amaro Cinpatrazzo. L’ingrediente base è la rucola, proveniente con salvia e menta da una fattoria vicino Chicago.

Økar Amaro (Australia). È l’Australia con le sue infinite varietà di botaniche ad aver ispirato l’Økar Amaro. Un liquore, secondo le intenzioni dei suoi ideatori, che non vuole fare il verso alla produzione italiana ma si propone di esprimere lo spirito aussie al 100%. Da qui l’espressione di Island Amaro a sottolineare l’unicità e le peculiarità del prodotto: contiene 16 differenti botaniche e la gran parte sono tutte di origine australiana.

Unicum (Ungheria). Tra i più noti in Italia, si consuma come aperitivo o digestivo e fu inventato nel 1790. In altri Paesi del mondo è conosciuto con il nome di Zwack. La ricetta rimane ancora segreta e comprende più di 40 piante medicinali.