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Enrico Crippa riporta in vita le erbe dimenticate

di Alessandra Iannello 11 Dicembre 2019 09:39

Enrico Crippa, chef del ristorante con 3 stelle Michelin Piazza Duomo, insieme al suo culinary gardener Enrico Costanza, riporta in auge erbe dimenticate.

Durante la prima edizione del Festival del Cibo del Roero, Enrico Crippa, chef 3 stelle Michelin del Piazza Duomo ad Alba, con l’aiuto di Enrico Costanza, il suo culinary gardener (colui che si occupa del suo pazzesco orto) ha raccontato la storia del recupero di un ortaggio dimenticato del Roero: il sisaro, più conosciuta come carota bianca. Il lavoro di Crippa e Costanza ha portato sulla tavola molte altre erbe dimenticate: ve le raccontiamo, nella speranza di riportarle sulle nostre tavole.

  1. Sisaro (Sium sisarum). “Sulla scia del grande revival degli ortaggi antichi dimenticati – spiega Costanza – varrebbe la pena di riscoprire il sisaro (Sium sisarum), una pianta che produce una radice fascicolata di sapore gradevolmente zuccherino, già conosciuta in area germanica durante l’epoca preromana e, successivamente, coltivata anche nella nostra penisola. Sebbene non sia verificabile che il siser di cui parla Plinio il Vecchio, ovvero l’ortaggio preferito dell’imperatore Tiberio, sia effettivamente la pianta in questione, resta però certo che il sisaro sia stato ampiamente presente nei testi di erbe e nei ricettari di epoca medievale e rinascimentale. In cucina il sisaro fu impiegato sino alla fine del XVIII secolo e conobbe il declino con l’introduzione della carota orticola. Un interessante profilo del sisaro viene tracciato dal botanico piemontese Oreste Mattirolo nella sua Phytoalimurgia pedemontana, che individua la storica presenza di questa radice nell’area compresa tra Alba e Barbaresco”.
  2. Ficoide glaciale (Mesembryanthemum crystallinum). Le foglie carnose di questa pianta sono interamente rivestite da quello che, a prima vista, sembra essere un velo di brina (da qui i nomi comuni ficoide glaciale ed erba ghiacciata), a guardar bene, però, si tratta di minuscole vescicole trasparenti contenenti null’altro che acqua. Difficile da reperire nei mercati, ma assai facile da coltivare partendo da seme, questa pianta, originaria dei litorali del Mediterraneo, ha foglie ricche di acqua, croccanti, salate e gradevolmente aspre. “Il gusto di mare è strepitoso – continua Costanza – Madre Natura ci sorprende con un vegetale che si presenta ai nostri palati come una pietanza fatta e finita, una materia prima che non avrebbe bisogno di essere completata con altri ingredienti. Il suo gusto concentrato è perfetto nell’insalata e la croccantezza delle foglie tiene bene in tempura e in padella“. L’erba ghiacciata non ama le basse temperature, ma può essere coltivata come annuale durante l’arco della bella stagione, magari in vaso di coccio sul balcone, avendo cura di non eccedere nelle innaffiature.
  3. Romice scudato (Rumex scutatus). Il romice scudato si trova in tutta Italia con nomi diversi, per esempio in Lombadia è chiamata erba brusca, mentre in Sicilia acitazzu. È una pianta perenne appartenente alla famiglia del rabarbaro e, come tale, ha una pronunciata nota acida. “Le belle foglie grigio-azzurre con la tipica forma a punta di lancia – dice Costanza – danno al palato come una piccola scossa, un pizzico di acidità per condire l’insalata senza dover più, a questo punto, utilizzare l’aceto“. Da sempre raccolta nelle campagne e impiegata nei piatti poveri, cresce perfettamente anche in vaso, affrontando l’inverno con disinvoltura.
  4. Zucchero azteco (Lippia dulcis). Meno nota della più conosciuta Stevia, la dolcezza delle foglie dello zucchero azteco (originaria del Centro America) è tutt’altro che priva di interesse in cucina. “Una microscopica foglia – illustra Costanza – sprigiona un sapore lungo, lunghissimo, e assai intenso descrivibile tra menta, zucchero e liquirizia. Le foglie stanno bene nell’insalata, sono guarnizioni aromatiche perfette sul dessert, ma possono essere anche sminuzzate fresche nel tè e rimpiazzare la più comune menta nella preparazione di un buon Mojito. Insomma, una pianta molto versatile, considerando oltretutto che non altera la glicemia, non danneggia i denti ed è particolarmente gradita ai bambini, che raccolgono e masticano le foglie con grande divertimento“. Si coltiva facilmente in vaso.
  5. Nasturzio (Tropaeolum majus). Sono in molti a conoscere questa pianta come fioritura ornamentale, ma in pochi a sapere che è possibile utilizzarla anche in cucina (sebbene l’alta ristorazione ne faccia già ampio uso da tempo). La foglia, simile a quella della ninfea, ha un gusto piccante che generalmente è molto gradito da chi non ha troppa simpatia per i sapori infuocati. “Oltre alle foglie – spiega Costanza –  si consumano anche i fiori, che hanno gusto piccante ma con in più la dolcezza del nettare, e i frutti che si possono lavorare e conservare come i capperi“. Pochi semi interrati in un vaso capiente formeranno in breve tempo un cuscino verde dal quale ogni giorno sarà possibile raccogliere fiori e foglie per l’insalata. Teme le basse temperature.
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  • Enrico Peroli